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      • Le piramidi di Giza sono state costruite dagli antichi egizi?

      Le piramidi di Giza sono state costruite dagli antichi egizi?

      Le piramidi di Giza – costruite dagli antichi egizi oppure no? 

      Questa domanda è uno dei quesiti oggetto dei più accesi dibattiti in àmbito archeologico e storico.

      Innumerevoli studi, trattati, polemiche (da parte di giornalisti, scienziati, sostenitori da poltrona delle cosiddette “teorie della cospirazione”, gente che pubblica video su youtube, e chi più ne ha più ne metta) hanno come oggetto il tentativo di svelare uno dei misteri più antichi riguardo al nostro mondo. 

      Un team di scienziati italiani e scozzesi ritiene di essere finalmente arrivato a decifrare questo enigma tramite una ricerca in cui si sostiene che le piramidi sorgono sul culmine di una “città sotterranea” (o delle mitiche “sale di Amenti”) sotto le piramidi di Giza. Subito esperti quali Zahi Hawass hanno definito questi annunci come “fake news”.

      Soprannominato “The Khafre Project”, dal nome della seconda più grande delle tre piramidi, quella centrale fra le tre [cioè la piramide di Chefren N.d.T], Corrado Malanga (dell’Università di Pisa, in Italia) e Filippo Biondi (dell’Università di Strathclyde, in Scozia) affermano di avere scoperto enormi strutture protese sino a due chilometri sotto la superficie dell’altopiano di Giza, area definita come una “meraviglia del mondo” vecchia di almeno 4500 anni.

      Da sinistra a destra: Filippo Biondi, Armando Mei, Corrado Malanga

      Da sinistra a destra: Filippo Biondi, Armando Mei, Corrado Malanga.

       

      Utilizzando una tecnica brevettata da Biondi riferita all’elaborazione di dati provenienti da alcuni radar ad apertura sintetica (SAR), il team di ricerca afferma di aver scoperto un’enorme piattaforma calcarea contenente otto pozzi verticali (che si sviluppano a spirale verso il basso) congiunti a due strutture cubiche ciascuna delle quali misura 90 metri per lato.

      Segnali elettromagnetici sono convertiti in informazioni fononiche per svelare infrastrutture di dimensione ciclopica a migliaia di metri sottoterra.

      Il team afferma inoltre di aver individuato un sistema idrico situato sotto la piattaforma calcarea, a più di 640 metri sotto la piramide di Chefren, con percorsi sotterranei che si insinuano ancora di più nelle profondità del sottosuolo. 

      Malanga ritiene di aver scoperto “quella che può essere descritta solo come una vera e propria città sotterranea”. Durante una conferenza stampa tenutasi a marzo 2025 a Bologna, Malanga ha affermato che è stato possibile identificare questa città solo attraverso la processazione e l’elaborazione delle immagini ottenute tramite la tecnica brevettata da Biondi. 

      Rivisitazione artistica delle presunte strutture nascoste che si ritiene si trovi sotto la piramide di Chefren

      Rivisitazione artistica delle presunte strutture nascoste che si ritiene siano presenti sotto la piramide di Chefren.

       

      Mito o realtà?

      Questo team di ricerca si unisce a quella crescente schiera di appassionati di archeologia e storia che pongono in discussione i resoconti e le narrazioni ufficiali su come e quando furono costruite le piramidi.   

      Tale composita galassia è legata da un punto fondamentale ossia dalla considerazione che le misteriose strutture presenti a Giza non possano essere state costruite dagli antichi Egizi, poiché questi ultimi non possedevano la tecnologia necessaria per costruire con una simile precisione tre piramidi ottagonali, allineate con esattezza al nord geografico. Tutti loro sostengono che non ci siano prove conclusive a dimostrazione che le piramidi fossero state volute e costruite dai faraoni della IV dinastia dell’antico Egitto.

      Questa “deviazione dalla narrativa tradizionale” si accompagna a varie tradizioni e leggende. Alcuni sostengono che le piramidi fossero antiche centrali elettriche. Altri attribuiscono la loro origine agli alieni. Nel XX secolo il sensitivo americano Edgar Cayce aveva promosso l’idea che una nascosta “sala dei registri”, facente parte delle misteriose “sale di Amenti”, si trovasse sotto l’altopiano di Giza.

      Gli scienziati italiani e scozzesi appoggiano questa ultima ipotesi, suggerendo che «la Piramide di Chefren potrebbe nascondere segreti inesplorati, in particolare la “sala dei registri” di cui tanto si è favoleggiato in tempi passati». Si tratterebbe della mitica e antica biblioteca che, secondo Cayce, custodirebbe documenti riguardanti la leggendaria Atlantide.

      Un simile modo di pensare va contro i canoni costituiti ed è prontamente stroncato da egittologi veterani quali Zahi Hawass, ex ministro del turismo e delle antichità del governo egiziano.

      «Vi dico che questa teoria, come anche altre teorie, sono smentite in quanto non hanno alcuna base scientifica», ha dichiarato Hawass. 

      «Tutti gli scienziati da me contattati sono stati concordi nel darmi conferma che questa tecnica non può in alcun modo avere una capacità penetrativa di 168 metri sottoterra. Questo è il punto numero uno», continua Hawass, «e il punto due è che la base della piramide di Cheope e quella della piramide di Chefren sono interamente fatte di roccia solida, senza pietre, e nulla può trovarsi sotto una roccia solida di questo tipo». 

      Zahi Hawass

      Tra gli esponenti dell’egittologia, Zahi Hawass è uno dei più severi critici riguardo all’ipotesi che sotto le piramidi di Giza sia presente una città perduta.

       

      Scienza, domande e risposte

      Il nocciolo della questione risiede nell’uso del radar ad apertura sintetica (SAR), una tecnologia di telerilevamento usata da agenzie spaziali come la NASA e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Il sito web della NASA lo definisce così: “uno strumento che prima emette un impulso di energia e poi registra la quantità di quell’energia riflessa dopo l’interazione con la superficie della Terra”.

      L’ESA, contattata per chiedere informazioni sulla capacità del SAR di individuare potenziali strutture sotterranee sotto l’altopiano di Giza, ha risposto che «i radar hanno una capacità limitata di penetrare il suolo. Questa capacità varia a seconda della frequenza utilizzata e può arrivare sino a 10 metri». 

      Biondi concorda: «penso che i 10 metri indicati dall’Agenzia Spaziale Europea siano davvero ottimistici. A mio parere personale siamo decisamente sotto ai 10 metri, poiché la densità spettrale di potenza dallo spazio alla Terra è molto bassa. E quindi è impossibile».

      Fin qui, dal punto di vista tecnico, Hawass, l’ESA e Biondi concordano sulla limitata capacità di penetrazione sotterranea del SAR. 

      L’ESA aggiunge che «le tecniche, che consentono la misurazione di strutture situate a centinaia o migliaia di metri, possono essere solo indirette e richiedono processi di modellazione e interpretazione».                                                                                                

      I ricercatori affermano di essere stati in grado di procedere con il loro lavoro grazie allo sviluppo di un nuovo metodo, utile a interpretare i segnali SAR, combinando l’effetto Doppler con la tomografia. 

      «Abbiamo usato una nuova tecnica. Perché?», chiede Biondi. «Perché abbiamo osservato con molta attenzione come vengono sintetizzate le immagini del radar ad apertura sintetica.»

      Qui si entra nel dettaglio tecnico. Biondi spiega la procedura. Il primo passaggio è chiamato “compressione in range” (o “range compression”), in cui si utilizza un segnale di riferimento (chiamato “chirp”) e lo si adatta al modo in cui il segnale radar si diffonde sulle distanze, fornendo così un’immagine parzialmente a fuoco nella dimensione della distanza.

      Il secondo passaggio riguarda la cosiddetta “Doppler history”, la quale deriva dallo spostamento del satellite (il cui movimento orbitale avviene a una velocità di circa 7 chilometri al secondo). Essa permette al team di simulare un canale di comunicazione basato sull’effetto Doppler.

      Grazie a queste tecniche, il team di ricerca è riuscito a creare una sorta di nuova “ricetta” in termini di elaborazione specializzata dei dati SAR. Concentrandosi sulla compressione azimutale (ossia l’effetto di distorsione geometrica che si verifica quando si osserva un terreno inclinato da un punto di vista non perpendicolare alla superficie), l’obiettivo di guardare a chilometri di profondità (considerato impossibile di norma) è stato reso potenzialmente attuabile.

      «Ci siamo resi conto che la compressione azimutale è molto simile all’elaborazione del suono in termini di “informazione vibrazionale” la quale viaggia solo attraverso la materia, non attraverso lo spazio vuoto. Per essere più precisi, più denso è il materiale e più velocemente il suono lo attraversa. Ciò significa che, in ambienti sotterranei densi, dovremmo essere in grado d’interpretare i segnali radar in modo simile a come elaboriamo il suono, il che ci permette di porci in grado di migliorare profondità e nitidezza delle nostre immagini sotterranee», spiega il team di ricerca.

      Per amplificare le vibrazioni, il team ha «sviluppato un software utile a estrapolare informazioni di carattere sonoro dalla Terra». Per mezzo di tali informazioni di carattere sonoro, i ricercatori sono stati in grado di «tarare una tecnica atta a effettuare una tomografia acustica per mezzo dell’utilizzo del radar».

      «Un radar ad apertura sintetica orbitante attorno alla Terra a quella velocità è come una sorta di “microfono gigante” che ascolta i minuscoli movimenti della Terra dovuti alle vibrazioni. Noi registriamo questi movimenti ed eseguiamo la cosiddetta inversione tomografica», spiega il dottor Biondi.

      «È come se prima provassimo a ottenere una specie di “scatola impacchettata”. Poi prendiamo questa “scatola” e la “spacchettiamo” così da acquisire l’immagine delle scansioni dell’interno della Terra.»

      Blocchi di pietra, Giza, piramidi

      I critici affermano che è impossibile effettuare scansioni, per mezzo di radar ad apertura sintetica, attraverso le rocce che costituiscono le piramidi di Giza.

       

      Scetticismo sull’interpretazione dei dati

      Ulteriori critiche alla ricerca si soffermano sul grado di “libertà artistiche”, nell’interpretazione dei dati, che gli scienziati coinvolti si sarebbero concessi. A tal proposito Armando Mei, ricercatore in egittologia e collega di Corrado Malanga e Filippo Biondi, ha dichiarato:

      «in primo luogo, nell’ultimo anno abbiamo analizzato più di 200 tomografie e dati satellitari forniti da due aziende aerospaziali statunitensi, cioè Umbraspace e Capella Space, le quali hanno reso disponibili dati “open source” in favore dell’intera comunità scientifica. E abbiamo rilevato il sottosuolo di Giza per mezzo di diversi satelliti. Abbiamo utilizzato non uno solo bensì diversi satelliti, posizionati in differenti punti d’osservazione e i risultati sono usciti sempre coerenti. Ecco perché siamo fiduciosi. L’analisi tomografica ha rivelato una distribuzione chiara e omogenea dei pozzi verticali.»

      Il più recente studio sulle strutture sottostanti le piramidi utilizza la medesima metodologia documentata in un precedente studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato nel 2022. Nella ricerca del 2022 si è impiegata la medesima tecnica di tomografia Doppler SAR al fine di esaminare la struttura interna della piramide di Cheope.

      Biondi aveva in precedenza impiegato il proprio metodo per analizzare la struttura sia della diga di Mosul in Iraq sia del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso in Italia, in quello che ha definito come un modo per valutare «le vibrazioni di cui sono oggetto grandi infrastrutture, quali ponti di grandi dimensioni o anche altre enormi costruzioni create dall’Uomo».

      Tuttavia, secondo Hawass, il lavoro dei ricercatori contraddice i principi consolidati riguardo a quanto sinora si conosce sulle piramidi. 

      «Come possono costoro ignorare tutte le prove archeologiche, i papiri di Wadi al-Jarf , la scoperta delle tombe dei costruttori delle piramidi di Giza, per poi cercare di lanciare annunci sensazionalistici allo scopo di diventare famosi con le piramidi?» si chiede Hawass, il quale si è rifiutato di investigare i risultati della ricerca.

      Gli scienziati hanno declinato la richiesta di rispondere specificamente alle accuse di Hawass, affermando di voler assumere un approccio distante da polemiche e di voler «restare pienamente disponibili a un dialogo costruttivo e rispettoso con il dottor Hawass in qualsiasi momento, luogo o contesto da lui scelto». 

      Sino a oggi, gli scienziati hanno affermato di essere intenzionati a «procedere nella scansione satellitare dell’altopiano di Giza fino al suo completamento, come previsto sin dall’inizio dal team di ricerca.»

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