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      • L’ Eurovisione: uno strumento di guerra psicologica della NATO

      L’ Eurovisione: uno strumento di guerra psicologica della NATO

      L’Eurovision Song Contest 2025 si è concluso il 17 maggio tra le polemiche. La concorrente dell’entità sionista, Yuval Raphael, si è classificato seconda. La sua esibizione, “New Day Will Rise“, ha ricevuto 297 punti attraverso il televoto pubblico – il più alto ottenuto da qualsiasi artista nella Grande Finale del concorso, con 13 Paesi che hanno assegnato alla Raphael il punteggio massimo di 12 punti. Questo ha aiutato “Israel” a sfiorare la vittoria, nonostante sia arrivato ultimo tra i partecipanti nelle votazioni della giuria nazionale. Immediatamente, le emittenti statali di tutta Europa hanno chiesto un’indagine sui palesi e enormi brogli a favore di “Israel”.

      La partecipazione dell’entità sionista al concorso era già stata oggetto di molte polemiche. Il 5 maggio, 72 ex concorrenti dell’Eurovision – tra cui i precedenti vincitori – avevano firmato una lettera all’Unione Europea di Radiodiffusione (UER) in cui si chiedeva che “Israele” e la sua emittente nazionale fossero banditi dal concorso, a causa del “genocidio contro i palestinesi di Gaza e del regime pluridecennale di apartheid e occupazione militare contro l’intero popolo palestinese”. All’appello si era associato il premier spagnolo Pedro Sanchez.

      Poi, il 19 maggio, un’indagine dell’UER aveva rivelato che l’agenzia pubblicitaria governativa israeliana aveva condotto una vasta campagna online multipiattaforma per incoraggiare il sostegno alla candidatura della Raphael. Erano state diffuse istruzioni dettagliate su come votare per lei via SMS e telefono in paesi lontani come l’Australia, insieme al promemoria che ogni individuo potevano votare fino a 20 volte. Per sostenere l’iniziativa era stato lanciato un canale YouTube dedicato, @Vote4NewDayWillRise, che aveva ottenuto oltre 8,3 milioni di visualizzazioni. I suoi video erano stati ampiamente diffusi sui social media.

      Indagini separate suggeriscono che i Sionisti potrebbero aver ulteriormente complottato per falsare i risultati del concorso attraverso “VPN, script automatizzati (bot farm) e acquisti massicci di carte SIM”. Non è la prima volta che Tel Aviv si impegna in frodi sfacciate per alterare a suo favore i risultati dell’Eurovision. Quando “Israele” aveva trionfato nel concorso del 2018, si era ipotizzato che la vittoria fosse dovuta a un’ingerenza da parte dell’ormai defunta organizzazione sionista online Act.IL. Oltre alle inequivocabili irregolarità di voto, la vittoria aveva fatto sì che il Concorso del 2019 si sarebbe tenuto in “Israele”.

      Un’udienza della Knesset del giugno 2018 aveva sottolineato l’importanza strategica di questa vittoria. Diversi legislatori e ministri dell’entità sionista avevano parlato di come “tenere il concorso canoro Eurovision in “Israele” fosse un regalo” che avrebbe potuto essere sfruttato per aumentare e migliorare l’immagine internazionale di “Israele” e contrastare i successi del nascente movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni). Il BDS ha recentemente costretto l’Argentina a cancellare una partita “amichevole” di Coppa del Mondo con l’entità, dopo che Tel Aviv aveva tentato di ospitare l’incontro nella città di al-Quds, occupata illegalmente.

      “Opinion leader”

      Un’analoga manipolazione dei social media e dei voti televisivi, orchestrata dall’entità sionista, aveva portato “Israele” al quinto posto nel Concorso 2024, anch’esso preceduto da diffusi appelli a impedire la partecipazione di Tel Aviv e per il boicottaggio dell’evento da parte di altri Paesi partecipanti. Pur non avendo raggiunto la vittoria, l’utilità della performance di “Israele” in termini di pubbliche relazioni era stata evidente. I funzionari dell’entità, gli organi d’informazione occidentali e gli opinionisti avevano utilizzato i risultati come la prova che, nonostante l’Olocausto del XXI secolo in corso a Gaza, una “maggioranza silenziosa” di europei continuava a sostenere “Israele”.

      All’epoca, il funzionario del governo israeliano che si occupava di “diplomazia pubblica”, David Saranga, aveva dichiarato a Ynet: “Sapevamo che la situazione era meno grave di quella che si riflette nelle manifestazioni nelle strade europee, ma non ci aspettavamo un sostegno così schiacciante”. Aveva aggiunto che “il fatto che anche Paesi in cui l’opinione pubblica è critica nei confronti di “Israele”, come la Svezia o l’Irlanda, avessero dato a “Israele” un punteggio elevato” indicava l’esistenza di “correnti sotterranee” di sentimenti filo-sionisti in tutto l’Occidente.

      Tuttavia, Saranga aveva anche ammesso che il Ministero degli Esteri dell’entità “si era mosso con il pubblico amico per aumentare i voti”. Ynet aveva successivamente spiegato in dettaglio questo sforzo, che aveva coinvolto la concorrente di Tel Aviv di quell’anno, Eden Golan, che aveva registrato video personali rivolti al pubblico straniero nelle loro lingue, facendo riferimento a una presunta “ondata di odio” scatenata contro “Israele” dai “Musulmani”. Era stata condotta un’analisi approfondita per garantire che il suo messaggio raggiungesse “il pubblico che ama l’Eurovisione, come la comunità LGBT in Europa, i membri dei fan club, i giornalisti che seguono il concorso e gli opinionisti del settore”.

      Quest’anno, subito dopo il secondo posto di Yuval Raphael è esploso un coro ormai familiare, con numerose figure di spicco che hanno affermato che la sua preminenza al televoto era indicativa di un sentimento sionista nascosto in tutto il mondo e che le azioni di solidarietà con la Palestina, sempre più numerose, non erano rappresentative di un’opinione pubblica più ampia. Questo nonostante le sue esibizioni fossero state accolte da fischi così intensi che alcune emittenti europee avevano dovuto fare ricorso a incitamenti e applausi preregistrati per soffocare i numerosi fischi. Nel frattempo, i sondaggi indicano senza ombra di dubbio che la stragrande maggioranza degli europei ha un’opinione “sfavorevole” di Tel Aviv.

      Il fatto che, per così tanti anni, l’entità sionista abbia costantemente investito tempo, energia e denaro nel tentativo di “giocare” con l’Eurovisione è una prova della sua indiscutibile potenza propagandistica internazionale. Ogni anno, quasi 200 milioni di persone in tutto il mondo si sintonizzano abitualmente sull’evento e Tel Aviv non è l’unica a tentare di strumentalizzare il torneo per ragioni politiche. Infatti, l’Eurovisione era stata segretamente creata dalla NATO a questo scopo esplicito, come strumento di guerra psicologica per manipolare e controllare l’opinione pubblica.

      ‘Azione psicologica’

      Nel gennaio 2015 era stato pubblicato per la prima volta uno straordinario documento, fino ad allora segreto, redatto nel marzo 1955 dal Comitato per l’informazione e le relazioni culturali della NATO. In esso si delineavano le basi pratiche e ideologiche dell’Eurovisione, che sarebbe stata convocata per la prima volta l’anno successivo, con soli sette partecipanti. Nella sezione “scopi” del concorso si leggeva che l’obiettivo della NATO era quello di “sfruttare al meglio” la televisione, che “dà finalmente all’umanità la possibilità, attraverso l’immagine visiva, di vincere il tempo e la distanza”, raggiungendo contemporaneamente un vasto pubblico globale:

      “La televisione ha permesso alla vista di trionfare sul tempo e sullo spazio, e questo è l’aspetto che ci ha colpito di più e ci ha fatto credere che fosse nostro dovere superare gli angusti confini che limitano i nostri programmi agli spettatori raggruppati intorno alle nostre rispettive capitali, e viaggiare per il mondo. Non ha senso avere tra le mani uno strumento meraviglioso se poi l’unica cosa che facciamo… è mostrare i sobborghi di Parigi, Londra o Milano in Francia, Inghilterra o Italia”.

      Il documento continuava affermando che “il brivido” della televisione “sta nello spingersi il più lontano possibile…[utilizzando] la capacità di questo meraviglioso strumento di trasmettere istantaneamente un evento che si svolge altrove”. La NATO sosteneva che “la televisione trascende le frontiere dei nostri Paesi europei” e che quindi l’alleanza militare “aveva a portata di mano uno strumento unico di azione sociale e psicologica”. In sintesi, si poteva costruire un “sistema nervoso” dell’Europa, “molto più potente del telefono” o della radio, per “animare il… pubblico in generale”.

      Il documento si concludeva con le parole dell’autore, Jean d’Arcy, allora direttore senior dell’emittente di Stato francese Radiodiffusion Française, che si augurava sinceramente che “il significato sociale dell’Eurovisione diventi sempre più evidente man mano che progredisce lungo le linee che… è destinata a seguire”. Il documento era un riassunto delle osservazioni fatte a Parigi due mesi prima, in occasione di una conferenza della NATO dedicata “agli alti funzionari dell’informazione”. Il suo intervento era stato descritto in un successivo bollettino dell’Alleanza come “molto interessante”.

      In quella conferenza, Hastings Ismay, il primo segretario generale della NATO – famoso per aver dichiarato che lo scopo dell’alleanza era “tenere i russi fuori, gli americani dentro e i tedeschi giù” in tutta Europa – “aveva ribadito la sua ferma convinzione dell’importanza di una comprensione più profonda e diffusa degli obiettivi e dei risultati della NATO”. L’Eurovisione aveva rappresentato l’occasione ideale per raggiungere subdolamente quegli obiettivi in un contesto non militare, propugnando l’unità europea e la superiorità culturale rispetto all’Unione Sovietica mentre la Guerra Fredda era agli inizi.

      Il crollo del comunismo nell’Europa centrale e orientale e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica avevano notevolmente accresciuto il numero di concorrenti dell’Eurovision. Nel 1994 la Russia aveva partecipato per la prima volta al concorso. Il 25 febbraio 2022, un giorno dopo lo scoppio della guerra per procura in Ucraina, a Mosca era stato imposto il divieto di partecipazione che è rimasto in vigore da allora. Nella competizione di quell’anno, Kiev aveva prevalso con la canzone “Stefania” della Kalush Orchestra (considerata in alcuni ambienti come un’ode all’ultranazionalista ucraino e sterminatore Stepan Bandera) arrivata al primo posto.

      Il vice segretario generale della NATO Mircea Geoana aveva elogiato la vittoria dell’Ucraina e la sua “bellissima canzone”, collegando il trionfo di Kiev “al suo coraggio nel combattere la Russia” e all’”immenso sostegno pubblico in tutta Europa e in Australia” per la guerra per procura. Un servizio della Reuters sui commenti di Geoana aveva esordito con le parole: “Eurovision e NATO non sono solitamente associati” – gli autori del notiziario internazionale apparentemente ignoravano che l’alleanza militare è stata fin dall’inizio, e rimane, assolutamente fondamentale per il funzionamento del torneo internazionale.

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