Così diceva Johann Wolfgang Goethe, intendendo che un’ignoranza “passiva” mantiene la persona, che è consapevole di non sapere, in un prudente stato di ascolto attento e ricettivo di ciò che lo circonda, pronto ad imparare o comunque a non intervenire nella realtà circostante prima di averci capito qualcosa in più. Al contrario, l’ignoranza “attiva” è di colui che, pur essendo ignorante (siamo tutti ignoranti, di fatto, di fronte alla complessità del reale), pensa di non esserlo e, in virtù di questa convinzione, agisce ed opera senza sosta secondo le sue convinzioni, per lo più sbagliate.
Pochi giorni prima mi ero imbattuto in un post di Nassim Taleb che esordiva così: “ecco il mio lavoro più importante di sempre”. Trattandosi di Nassim Taleb, uno dei più influenti e originali pensatori contemporanei, statistico raffinato e gran conoscitore dei classici, inventore del concetto di “cigno nero” e della triade “fragile-robusto-antifragile” con cui classificare pressochè ogni cosa, il post mi aveva incuriosito assai. E, scorrendolo, di cosa trattava? Di un lavoro – come molti altri suoi a metà tra lo statistico e il sociologico – su quello che Taleb definiva “l’errore sull’errore”, ovvero di quanto le persone si sbagliano in merito alle proprie probabilità di sbagliare. Sbagliare cosa? Una previsione, fondamentalmente, ma anche un’azione qualunque che non hanno mai fatto, o una decisione in merito a fenomeni sconosciuti o conosciuti solo parzialmente. Lo studio dimostrava come spesso le persone, chiamate a valutare quanto potrebbero sbagliarsi su qualcosa, sottostimino le proprie probabilità di errore, agendo così in modo avventato o comunque molto rischioso.
Collegandosi a Goethe, si potrebbe dire che Taleb indaghi quanto spesso può diventare “attiva” un’ignoranza quando il suo portatore pensa di non averla. Ed è qui che nasce un collegamento con il seminale saggio di Jacques Ellul intitolato “Propaganda”. L’avevo dovuto leggere in inglese poiché, pur essendo riconosciuto dagli studiosi come uno dei pensatori più acuti degli ultimi decenni, Ellul non era stato ancora tradotto in italiano (il libro era degli anni ’60, ma è uscito per la prima volta in italiano solo nel 2023). Il quale saggio, analizzando con sguardo acuto i meccanismi, allora nascenti, della società moderna, individuava alcune caratteristiche fondamentali che la Propaganda doveva avere per funzionare e ribadiva, tra gli altri, due concetti:
- Perché il messaggio propagandistico possa essere recepito, il ricevente non deve essere del tutto ignorante, anzi, deve essere mediamente istruito; istruito abbastanza, innanzitutto, per capire di cosa parla il messaggio e poi, soprattutto, per pensare di avere capito abbastanza sull’argomento oggetto del messaggio stesso da non ritenere necessario dover cercare altre informazioni altrove;
- La Propaganda è sempre finalizzata a causare un comportamento, un’azione; il ricevente, una volta ascoltato il messaggio, non deve solo pensarla come richiesto, ma deve essere pronto ad agire secondo quanto il messaggio richiede.
Non è difficile cogliere nei due punti evidenziati da Ellul grandi assonanze con Goethe e intuire, grazie a Taleb, la portata di una sottostima della propria ignoranza. Il che ci fornisce un’utile spiegazione del perché oggi la propaganda sembri essere così pervasiva ed efficace: da un lato abbiamo fasce rilevanti di popolazione che, avendo ricevuto una qualche forma di istruzione ed essendosi abbeverate a una qualche forma di “cultura” (per lo più di sinistra, qualunque cosa oggi ciò possa ancora significare), sembrano impermeabili alla realtà di alcuni fatti, quando questi confliggono con quanto la propaganda ha loro insegnato negli anni passati. Infatti, come diceva Taleb, costoro valutano erroneamente le proprie possibilità di essersi sbagliati, non si ritengono “ignoranti” e pensano quindi di avere capito abbastanza da non dover cercare oltre. Dall’altro, quelle stesse persone negli ultimi anni sono state protagoniste di continue mobilitazioni su aspetti secondari (Diego Fusaro li definirebbe “cosmetici”) del vivere civile, riguardanti quasi sempre piccole minoranze di individui, mentre avvenivano diffuse violazioni di diritti e prerogative per larghe fasce di popolazione su aspetti fondamentali, come l’istruzione, la sanità, il welfare etc. sui quali non hanno minimamente messo becco. Tali mobilitazioni permettevano di soddisfare la richiesta della “loro” propaganda di mobilitarsi, ma facendolo su temi poco importanti o importanti per poche persone (le c.d. “minoranze”), permettendo così l’azione indisturbata sui temi “core” e confermando alla fine l’enunciato di Goethe.
Oggi, tuttavia, la hybris delle élites sembra voler testare ulteriormente il limite, e la cronaca sta proponendo fatti che nemmeno la propaganda più spinta sembra poter nascondere o ridimensionare. Ciò sta avvenendo ad ogni livello, e per questo vorrei sganciarmi per un attimo dai – pur evidenti – grandi temi internazionali e portare un esempio “locale” a me vicino: la vendita dello Stadio di San Siro, a Milano. La vicenda relativa allo stadio di Milan e Inter è stata gestita dal sindaco Sala e dalle sue cerchie (uso questo termine di proposito, trattandosi di un Clan) in un modo così spudoratamente scorretto, opaco e strafottente di ogni e qualsiasi forma di confronto pubblico (alcuni riferimenti sintetici QUI e QUI) da avere causato in molti ambienti radical-chic milanesi, in passato fedeli alla sinistra o quantomeno sensibili all’argomento “ma preferisci che vincano LORO?”, una sorta di “risveglio”. Ho letto e sentito molti commenti di persone di area piddì, sinceramente convinte (nella loro ignoranza?) di essere “dalla parte giusta” e che, in virtù di ciò, si erano più volte in passato mobilitate quando ciò veniva loro richiesto, chiedersi accoratamente a chi avessero finora garantito il loro consenso.
Per quelle persone, vedere colui per il quale si erano sbattute far passare in seduta notturna la delibera per evitare che scattasse il vincolo architettonico, senza avere ascoltato nessuna voce dissenziente, dopo avere annullato ogni audizione di esperti che avrebbero potuto dimostrare l’antieconomicità e stupidità del progetto, nonché portare alla luce il totale disprezzo degli interessi dell’Ente per il quale essi teoricamente lavorano, ha squarciato l’”alone di ignoranza” (cit.) che finora li aveva protetti ed isolati dalla realtà, rendendo così inefficace la propaganda. Forse, gli interessi del Clan hanno preso la mano al sindaco, che così ha dovuto dimenticare le vecchie precauzioni, i vecchi infingimenti e ha dovuto procedere a tappe forzate (e palesi) nella direzione degli interessi privati che in realtà sta servendo (e non da ieri), grazie alle quali anche le anime belle hanno dovuto ammettere che le persone a cui hanno accordato il voto e la fiducia non erano affatto “i buoni” che tenevano lontano “il male”, ma soltanto un nuovo Clan di affaristi, seduto ai posti di comando per fare gli interessi di coloro i quali, probabilmente, rappresenteranno il loro prossimo posto di lavoro, una volta usciti da Palazzo Marino.
Johann Wolfgang Goethe
Gli “idiots savants” milanesi hanno così per un giorno abbassato la cresta ed hanno dovuto ammettere che, come diceva Fantozzi dopo avere studiato Marx, li hanno sempre “presi per il c…”. Dall’alto della loro cultura, seduti a dormicchiare nei loro cinema d’essai, caracollando pensosi per qualche imperdibile mostra con l’inserto di Repubblica sottobraccio, pensavano di non sbagliarsi, loro, e invece… Chissà che un po’ più di ignoranza non serva a farli avvicinare un po’ agli ignoranti “veri”, quelli che non sognano un’altra Europa, ma di arrivare a fine mese, quelli che non ce l’hanno con i gay, ma a loro piacciono le donne (o gli uomini, se sono donne), quelli che non hanno un’assicurazione privata e devono aspettare sei mesi per una TAC col SSN, sperando di non morire nel frattempo. Che poi, una volta, quando la sinistra diceva cose di sinistra, erano quelli che votavano come loro, a sinistra e che oggi – a differenza loro – non lo fanno né lo faranno più.
Perché gli “ignoranti” hanno capito da mo’ ciò che loro, fino ad oggi, pensavano di non aver bisogno di capire.




