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      • Dei risiko bancari si capisce poco, ma la filosofia di base è chiarissima ed è eterna: aumentare le tasse ai poveri, diminuire le loro

      Dei risiko bancari si capisce poco, ma la filosofia di base è chiarissima ed è eterna: aumentare le tasse ai poveri, diminuire le loro

      Sarò fissato io, ma tra la urbanopoli milanese e il blocco bancario su BPM io vedo fin troppe analogie. Che cosa è il blocco bancario? È impedire con la forza della politica un operazione finanziaria. Roba che c’è sempre stata, si è sempre fatta ma nell’epoca del post liberismo che unifica la figura dei miliardari e dei governanti, del potere del soldo con quello delle leggi, comporta come minimo una sorta di rivalsa della politica sulla finanza: ancillare la prima dell’altra, che la usa per comprarsi le leggi che agevolano il potere incatenando gli schiavi, ma ancora capace all’occorrenza di mettersi di traverso, di far pagare cari i suoi servizi.

      Che è successo nell’ultimo blocco bancario? Semplicemente una lotta di potere interna al centrodestra per cui il ministro Giorgetti ha bloccato, dietro minaccia estrema di dimettersi, di far cascare il governo, la acquisizione della banca cara ai leghisti, ultima rimasta, Banco BPM, che fa gola a Unicredit.

      Vicenda esemplare per capire nelle sue tortuosità finanziarie – “i risiko bancari” come piace chiamarli al giornalismo senza fantasia – una faccenda molto semplice: la finanza è il potere dei soldi e la politica è il potere di dirigerli o dirottarli o ostacolarsi, sta di fatto che sempre di quelli si parla.

      Come diceva quell’impresario di pugilato: non è mai per soldi, è sempre per soldi. La politica moralistica dei valori è per strati: davanti quelli punitivi e proibitivi del paternalismo autoritario, sotto quelli concreti del denaro e del potere che ne consegue. La politica come affare di banche e di bande, all’epoca del capitalismo nascente del tardo Medioevo come in quello del post tutto di oggi. Sempre ammantata di parole edificanti e quindi false.

      Scrive Giorgio Bocca: “L’arte del demagogo sta nella riscoperta di queste parole che trasformano i servi in cittadini esemplari. La libera concorrenza è la salvezza dell’economia, ma i padroni del vapore ogni giorno esortano a “fare squadra”. Che cosa significa? Credo ottenere aiuti e sussidi dal vituperato stato.

      Se la libera concorrenza ci fosse stata veramente nell’Italia del regno e del fascismo, nessuna delle grandi industrie che ci ritroviamo sarebbe nata e cresciuta: solo il vituperato protezionismo ha permesso alla Fiat, alla Edison, alle acciaierie, eccetera di nascere e di crescere. Le grandi industrie tessili, del cuoio, dell’auto, dell’energia si sono fatte le ossa con le forniture militari, i giganti della finanza e del petrolio di stato, l’Iri, l’Eni, l’Enel, sono stati i pilastri portanti della nostra rivoluzione industriale.

      Sta formandosi nel mondo un nuovo tipo di società: la società dei ricchi senza meriti e senza controlli, senza tradizioni e senza responsabilità. Non di aristocratici, perché per farne parte basta avere molti soldi, non manifatturiera, perché non importa se si producono o meno buone merci, non razzista, perché non si lega al colore della pelle, ma alla quantità del denaro che si possiede, da cui dipendono strettamente i quartieri dove si abita, i consumi, gli svaghi, le relazioni sociali, le scelte politiche.

      È la società newyorkese del residence The Plaza, la società immobiliare che ha messo in vendita il famoso hotel a uno o cinque milioni di dollari l’alloggio. La selezione di questa nuova società è semplice: o hai i milioni di dollari, i miliardi di lire, con cui comprare l’alloggio al Plaza o negli altri quartieri ricchi e ricchissimi nel mondo, o non ce li hai e non hai la minima speranza di entrarne a far parte. È avvenuta sotto i nostri occhi una rivoluzione plutocratica, un trionfo di Mammona, un avvento di cresocrazia senza limiti e senza correzioni legali, sociali, etiche. I ricchi sono padroni del mondo e lo proclamano urbi et orbi. Aumentano le tasse dei poveri e diminuiscono le loro”.

      Venti anni fa, ma le pratiche fra chi ha i soldi e li fa girare non cambiano, cambiano le tecniche, gli strumenti per farli girare più svelti, più inafferrabili, non la filosofia definitiva: spremere gli schiavi, rimpolparsi tra padroni.

      Oggi con la variante per cui i padroni sono totali, a tutto tondo. Sarò fissato io, ma ci vedo il Plaza come i grattacieli milanese simbolici, allegorici della scalata al cielo, come la torre Unipol, emblema di immane potenza proiettata negli spazi un tempo abitati dal paradiso fideistico. Poi possiamo chiederci che fine farà la ribattezzata e risanata, a spese dei truffati, BMP, se in mano ai francesi “senza vincoli russi” in un Paese come l’Italia che raddoppia ogni anno le importazioni del gas russi se no muore, se andrà al Caltagirone gradito ai meloniani, se tornerà nell’orbita di Unicredit, se resterà nel pieno controllo leghista come dice o spera o mente il ceo Castagna spiazzato dalla barricata di Giorgetti che per il momento ha avuto l’ultima parola, perché vanno bene i valori moralistici e paternalistici, ma senza i valori finanziari non si fa niente.

      Parafrasando la celebre pubblicità, il potere è nullo senza controllo bancario. La sintesi, brutale, strumentale fin che si vuole, ma con la virtù della chiarezza, l’ha fatta Dagospia: “Il vertice di Monte dei Paschi, il presidente Maione e il Ceo Lovaglio, lasciata alle spalle la Lega del Papeete erano saliti sul carro del vincitore: Fratelli d’Italia con il loro caterpillar Francesco Gaetano Caltagirone.

      A quel punto Giorgetti e Salvini hanno capito che restava in quota Lega solo Banco Bpm. Ecco perché quando oggi si dice “governo” sarebbe più opportuno scrivere: ”i tre partiti” al potere. Il centrodestra non c’è più perché ogni partito della coalizione ha i propri interessi da salvaguardare per riuscire a mantenere il consenso sul territorio, con i Fratellini d’Italia che, dopo 30 anni di digiuno, hanno una fame indiavolata di posti di potere”.

      Dall’abbiamo una banca di Fassino al teniamoci una banca di Giorgetti; e le banche sono necessarie a candeggiare i soldi che tengono su la democrazia dei partiti e che si fanno coi vaccini, con le armi, con la tratta degli schiavi benedetta dalla Chiesa, con il traffico di uteri e di ormoni che ammalano i bambini pur di fargli cambiare sesso. Piaccia o non piaccia, il mondo è questo e non ha mai fatto più schifo di così.

      Ma animo, l’Europa liberista e libertaria, fin che le conviene, ha deciso tasse sul tabacco per 200 miliardi siccome deve ripianare i suoi bilanci non si sa come fallimentari. Dai faraoni ai tycoon marziani, la ricetta è sempre quella e sempre bella: “aumentano le tasse dei poveri e diminuiscono le loro”.

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