Alla vigilia dell’attesissimo meeting che si terrà oggi 9 novembre all’Ecofin, per decidere sulla più che necessaria riforma del Patto di stabilità, Mario Draghi ha deciso di consegnare ai partecipanti un pizzino per niente simpatico, mettendo in guardia chi si oppone ai suoi voleri. E’ dalle colonne del Financial Times, ormai assunto al ruolo di postino ufficiale, che Supermario non usa mezzi termini per minacciare addirittura la fine della cosa a lui più cara: l’Euro; se non si procederà immediatamente a completare il progetto di integrazione europea con unione fiscale e bancaria.
Draghi – dall’alto del suo nuovo ruolo assegnatoli poche settimane fa dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, per delineare una strategia sul futuro della competitività dell’industria Ue per tenere testa a Cina e Usa – ha fornito una visione pessimistica della crescita economica dell’UE, prevedendo una recessione entro la fine di quest’anno, avvertendo che la sopravvivenza a lungo termine del progetto europeo dipende da un’urgente integrazione politica. “È quasi sicuro che avremo una recessione entro la fine dell’anno”, ha dichiarato alla conferenza Global Boardroom del FT. “È abbastanza chiaro che i primi due trimestri del prossimo anno lo dimostreranno”.
Ma le parole più pesanti e significative sono giunte su quello che Draghi ritiene necessario essere il futuro più che prossimo della UE:
“O l’Europa agisce insieme e diventa un’unione più profonda, un’unione capace di esprimere una politica estera e una politica di difesa, oltre a tutte le politiche economiche . . . oppure temo che l’Unione Europea non sopravviverà se non come mercato unico” [1]
Le parole che fanno seguito a quella che è l’dea d’Europa che Draghi ormai esprime da diverso tempo, suonano come una vera e propria minaccia verso quei poteri europei (falchi tedeschi in primis), che ancora sono restii a mettere la cassa in comune. Ed il fatto che l’abbia fatta poche ore prima che i ministri delle finanze dei paesi membri si riuniscano per decidere le nuove regole del Patto di Stabilità, avvalora la tesi che Mr Britannia non è più disposto ad attendere sul futuro dell’Euro.
La possibilità concreta che in conseguenza della recessione ormai alle porte, si arrivi a veder saltare una banca sistemica in Europa (con relativo contagio), senza che prima si sia completata l’unione bancaria, non fa dormire sonni tranquilli all’ex governatore della BCE.
Nelle mani di Draghi non c’è soltanto il destino della moneta euro, ma anche quello di Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni, che dall’Ecofin si attendono una decisione favorevole sullo scorporo dal deficit delle spese militari e quelle per il PNRR [2], in modo da poter disporre di quello spazio finanziario utile almeno a salvare la faccia davanti agli italiani, che a breve si recheranno nuovamente alle urne per le elezioni europee.
Continuando nella sua analisi sull’erosione della competitività globale, in particolare rispetto a Stati Uniti e Cina, che hanno investito molto nel sostenere la transizione verde delle loro economie, Draghi ha detto: “Dovremmo preoccuparci molto di questo” – e poi ha aggiunto: “L’economia europea ha perso competitività negli ultimi 20 e più anni, rispetto non solo agli Stati Uniti ma anche al Giappone, alla Corea del Sud e, ovviamente, alla Cina”. “In molte, molte aree tecnologiche, campi tecnologici, abbiamo perso presenza, abbiamo perso impronta”, ha continuato.
Se l’economia europea in questi anni ha perso competitività, certamente una delle principali cause è stata proprio l’euro e tutte le politiche di austerità che sono servite per tenere in piedi una moneta senza Stato usata ad esclusivo vantaggio delle élite che la controllano in spregio ad ogni principio di democrazia e socialità.
Draghi, come già fatto nel recente passato torna a criticare il modello dell’UE (al quale lui stesso però ha contribuito), che faceva ampio affidamento sugli Stati Uniti per la difesa, sulla Cina per il commercio e sulla Russia per l’energia, oggi di fatto terminato per i cambiamenti geopolitici in corso. “Il modello geopolitico ed economico su cui poggiava l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale è scomparso”, ha affermato. L’ex primo ministro italiano ha individuato come punti deboli la bassa produttività dell’Europa, gli alti costi energetici e la mancanza di manodopera qualificata. “Per avere un’economia in grado di sostenere una società che invecchia al ritmo che abbiamo in Europa, dobbiamo avere una produttività molto più elevata”, ha affermato. “Il punto in cui dobbiamo agire insieme è l’energia. Non andremo da nessuna parte pagando l’energia due o tre volte quello che costa in altre parti del mondo”.
Sembra quasi che Mario Draghi fosse su un altro pianeta della galassia, quando i poteri che lui da sempre difende, hanno deciso di costruire questa Europa esclusivamente sulla finanza e la deflazione salariale infinita, portando ogni tipo di produzione fuori dal continente ed esportando i nostri migliori cervelli. E non dimentichiamoci quanto il suo governo sia stato immobile a livello fiscale di fronte alla recente speculazione sull’energia che ha acceso il fenomeno inflattivo in corso.
Mi chiedo ma dove era Mario Draghi, quando nel suo paese si conseguivano avanzi primari uno dietro l’altro, per dare seguito a quello che è stato il più grande trasferimento di ricchezza finanziaria, dalla massa ad un ristretta élite, della storia dell’umanità?! Stiamo parlando di oltre 2 mila miliardi in 30 anni che hanno prodotto il risultato di questo grafico qua sotto:
L’Italia è l’unico paese al mondo, insieme alla Grecia, che dall’introduzione dell’Euro ha un livello di GDP reale molto inferiore rispetto a prima. Non per niente sono gli unici due popoli costretti a vivere all’interno di avanzi primari, che succhiano sangue al lavoro per consegnarlo alla rendita.
In conclusione, nell’attesa di capire cosa accadrà all’Ecofin, dobbiamo ben pesare le parole di Draghi sul destino della UE e della sua moneta. Se da una parte ci auguriamo che i falchi tedeschi tengano duro sul patto di stabilità in modo da porre le basi per una rottura della moneta unica, dall’altra, la frase di Draghi potrebbe anche suonare diabolicamente così:
O ci lasciate continuare a spennare gli italiani con l’Euro oppure noi li spenneremo ugualmente con la Lira…
Del resto, eliminando l’euro, non si eliminano automaticamente anche tutti quei poteri di casa nostra che ancora lottano per tenerci dentro!