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      • ESSERE AGRICOLTORI, FOLLIE E CONTRADDIZIONI

      ESSERE AGRICOLTORI, FOLLIE E CONTRADDIZIONI

      Essere agricoltori nel quadro delle Politiche Agricole Comuni (PAC) e del Mercato Globale la ritengo una vera e propria follia. Eppure qualcuno, il contadino inserito in un mercato, deve pur farlo.

      Una follia a partire dalle “quote” che censiscono i bisogni del mercato senza contatto con la sua realtà, e spesso sbagliano [1]; regole che cambiano e mandando al macero le etichette di vino già fatte [2] e anche la frutta e la verdura che non rispecchia i canoni estetici della UE [3].

      Una follia decidere cosa coltivare e cosa no, solo per stare dietro i mutevoli parametri della UE e dei suoi sussidi, indebitandosi, fino al suicidio.

      Scriveva già molti anni fa Vandana Shiva: “Quando una singola azienda o un singolo settore industriale (…) si confronta direttamente con la società (…) la gente può valutare da sé i costi sociali e i benefici privati (…) Ma con la mediazione dello Stato i soggetti e i cittadini diventano occasione degli scambi, invece di determinarli [4]”.

      È urgente una rete di distribuzione che sia il più possibile locale e che parta dal basso dei veri bisogni sia dei contadini che degli acquirenti; come ad esempio i GAS (Gruppo di Acquisto Solidale) che esistono, ma ancora troppo poco, per riuscire a coprire tutta la realtà nazionale ed in modo fitto. Un mercato locale dove i prodotti di un territorio non vengano risucchiati dalla Grande Distribuzione. Non accadrebbe mai, così, che una cima di rapa venga pagata al contadino 0,50 centesimi per finire al supermercato, magari anche tedesco, a 3 o 4 euro.

      Niente contro l’import-export di prodotti davvero locali, a prezzo giusto e nati dove dovevano e non altrove. Invece nella geopolitica del Mercato Globale avviene il contrario: un prodotto come il grano, che ha bisogno di sole per l’essiccazione, cesce in Paesi freddi che ovviano la carenza di sole con il glifosato, erbicida seccatutto [5], per finire importato nei Paesi caldi, come l’Italia.

      Tanto vecchia anche questa storia: “I legami presenti nella natura che creano le condizioni di un’autorigenerazione sono distrutti, sostituiti dai legami con il mercato e con le multinazionali” [6].

      Ed ecco la Monsanto e i suoi OGM, che vorrebbero farci credere ‘più performanti’ [7], mentre sono padri di un cibo sterile, senza vita, schiavizzato. La vera resistenza delle piante nasce dal loro essere autoctone; sono forti e resistenti quei semi che si passano, in un dato luogo, di generazione in generazione. Nessun laboratorio di modifica genetica.

      Ormai si fa tutto in laboratorio: virus, vaccini, e pure il cibo. Ed eccoci alla carne artificiale (che in Italia per ora non fa presa [8] ma all’estero sì [9] e considerato il fatto che viviamo in una cosiddetta Politica Agricola Comune, la cosa non fa ben sperare) e alla farina di insetti (quella sì, ce l’abbiamo di già anche noi [10]). La natura è straricca di calcio e vitamina B12 e non solo. Non serve scomodare gli insetti, tanto meno cellule staminali di muscoli.

      Sono evidenti le palesi contraddizioni di questo falso Green Deal, di questa ecologia senza una vera considerazione dell’òikos, ovvero della Casa, del contesto e degli abitanti, di questo Piano Agricolo Comune (PAC) che di comune non ha niente essendo etero-diretto da chi non ha nessuna delle due mani nella terra. Sostenibilità e biodiversità sono parole rubate a chi davvero ci ha creduto e ci crede.

      Il nuovo colonialismo europeo, con Italia a fare da capofila, vuole promuovere la sostenibilità in Africa (colonialismo conteso con l’entrata di Russia e Cina) e questa buffonata che non ha niente di sovrano la chiama pure Piano Mattei [11].

      Una Coldiretti che, in questa nuova agricoltura sostenibile, tra tutto ciò che ci sarebbe da difendere sceglie di difendere i fitofarmaci [12], e va bene, ognuno fa come vuole, ma nessuno difende i coltivatori, anche bio, dal Mercato Globale e dalla sua follia.

      Prendere i soldi dal comparto agricolo e spostarli nel finanziamento della guerra in Ucraina.

      Levare gli OGM dalle mani degli agricoltori italiani ma farlo arrivare dall’estero tramite navi cariche di soia transgenica, da vendere agli allevamenti italiani [13].

      Finanziare gli agricoltori italiani per non produrre niente dalla loro terra [14].

      Contraddizioni a non finire smascherano la bugia di una finta sostenibilità tutta la nostra Europa.

      Espropriare le terre in modo forzato è una storia vecchia. In nome dell’urbanizzazione o dell’ecologia fa lo stesso. Ed eccoci al caso della Statale 16 (urbanizzazione) come alla storia di Andrea Maggi, risicoltore di Carisio [15] e di tanti altri come lui (ecologia). In Olanda in nome della lotta all’inquinamento da azoto si rischiava l’espropriazione di 3000 imprese agricole [16] (che per ora con le elezioni sono riusciti a mandare a casa chi voleva farli morire [17]). Si può dire che le tensioni sono nate lì [18], prima di diffondersi in Germania e in Europa, e non sono passate.

      Sarebbe altroché possibile una transizione ecologica che non abbandoni la terra ma per davvero la abbracci. Eppure sembra che dobbiamo toglierci dalla testa l’idea di poter coltivare semplicemente un pezzo di terra e senza bisogno di grandi risorse né di laboratori di bioingegneria per poter mangiare. L’agricoltura di sussistenza, come la si chiamava una volta, non può essere ben tollerata da un’economia globale che ci vuole dipendenti da un sistema corrotto che fa rotta verso il transumano.

      In tempi molto addietro la società si riuniva intorno alla figura del mugnaio, dal suo lavoro e dal suo mulino proveniva la farina per il pane. Certi mugnai han fatto la storia, raccontata anche nei film (Menocchio, un mugnaio finito nella rete dell’Inquisizione, oppure, I colori della passione, film ispirato a un quadro di Bosch) Oggi al posto del mugnaio abbiamo la UE, le sue lobby e le sue multinazionali.

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