Joan è in auto con suo marito Larry, stanno andando a un gender reveal party di famiglia, discutono del più e del meno. Insieme da 65 anni, rivedono in casa una foto del primo marito di Joan, il perfetto Luke, morto in guerra. Una visione “fatale” per Larry, che si risveglia nell’Aldilà. Quando anche Joan lo raggiungerà i due si ritroveranno, ma scopriranno che c’è anche Luke in attesa. Starà a Joan, divisa tra i due grandi amori della sua vita, decidere in una manciata di giorni con chi passare tutta l’eternità.
È una commedia romantica brillante, visionaria e commovente, Eternity. Non è una rom-com qualsiasi, incentrata sul solito triangolo amoroso, si rivela sorprendente e originale nella scrittura e nello sviluppo, dando continuamente senso e sostanza alla sua definizione.
Commedia, perché fa ridere veramente, propone battute esilaranti, acute, intelligenti e ben scritte. Ma in senso più ampio non rinuncia alla parte più malinconica, con colpi di scena e toccanti punte di drammaticità capaci di commuovere. Romantica, perché tutto ruota attorno all’amore, e a una serie di domande.
La prima, di situazione: con chi passare tutta l’eternità, considerato che non si può poi fuggire dalla scelta, pena il confino in un vuoto senza fine? La seconda, di scelta: vale di più un grande amore giovanile, esplosivo, passionale, ma mai vissuto fino in fondo nell’adultità, o un amore ordinario lungo 65 anni, logorato dal tempo, dai litigi, cementificato dal crescere insieme e dalla cura reciproca? La terza, esistenziale: di cosa siamo fatti, se non di ricordi condivisi? A una sceneggiatura brillante e capace di virare dall’esilarante al commovente – e sempre di emozionare – firmata Pat Cunnan, si aggiunge una regia capace, quella di David Freyne, che realizza una commedia pop decisamente ironica e autoironica, che non rinuncia alla visionarietà di certe scene.
Su tutte, una fuga finale che non sveleremo, e che porta con sé suggestioni di Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry (e del decisamente meno riuscito A Big Bold Beautiful Journey). C’è una chiara e lieve denuncia alle folli rigidità del sistema dietro il racconto finale della ricerca e punizione dei trasgressori dell’Al di là: a tutti è democraticamente garantita l’eternità, buoni e cattivi, ma a nessuno è concesso il ripensamento. Una volta che si sceglie un’eternità (ce ne sono diverse tra cui scegliere, altra stoccata al consumismo e alla sovrabbondanza di opportunità in cui siamo sempre immersi) e la persona con cui passarla non si può più tornare indietro. Un after life che non ha nulla a che vedere con i vari Ghost e Al di là dei sogni, se non il tocco di chiaro romanticismo che pervade tutta l’opera, la sua ironia sfrenata e graffiante ne rimarca a ogni scena l’unicità.




