Una sorella e un fratello quarantenni si ritrovano a mantenere un padre squattrinato che li invita a visitarlo solo quando ha bisogno di un aiuto economico; due sorelle, anche loro over 40, vanno a prendere il the dalla madre, famosa scrittrice, e fanno a gara per sembrarle più riuscite di quello che sono; due gemelli, maschio e femmina, intorno alla ventina devono confrontarsi con la morte dei genitori, scomparsi in un incidente con l’aeroplanino che guidavano. Tre episodi ambientati tre Paesi – Stati Uniti, Irlanda, Francia – e collegati da pochi dettagli: un Rolex forse vero, forse falso; un modo di dire; un gruppo di skaters che sfreccia accanto ai protagonisti; l’insolita propensione a brindare con un the o un caffè; e soprattutto il disagio nell’abitare in quel non-luogo dell’anima definito Desolandia.
Jim Jarmusch crea un trittico circolare che fa leva su tutte le sue cifre autoriali, dal tono laconico alla lentezza ipnotica del racconto, dalle lunghe conversazioni in macchina allo straniamento dei suoi protagonisti, per raccontare in modo non scontato i legami famigliari che ci tengono ancorati ad antiche abitudini e rancori, ma che sono anche fonte di conforto e radici esistenziali.
Se le coppie di fratelli dei primi due episodi sono divise anche, o forse soprattutto, dalla necessità di gestire un genitore ingombrante ed egoriferito, la terza coppia di gemelli si ricongiunge in nome dell’assenza di una madre e di un padre tanto autodeterminati da determinare la propria morte, a dispetto dei figli.
Father Mother Sister Brother mette in scena queste dinamiche leggermente disfunzionali rimandando comunque all’importanza di appartenere ad un nucleo famigliare, e in particolare ad un vincolo fraterno, in qualche modo imprescindibili. Lo fa con la consueta tenerezza ed ironia del regista-sceneggiatore, aiutato da un cast di prim’ordine che va da Tom Waits e Charlotte Rampling (il padre e la madre dei primi due episodi), a Mayim Bialik e Adam Driver di cui per la prima volta notiamo la somiglianza, a Cate Blanchett e Vicky Krieps, sorelle rivali ma in qualche modo affezionate, a Luka Sabbat e Indya Moore, gemelli diversi nell’episodio finale.
Nessuno dei personaggi di questo universo dice la verità fino in fondo – i silenzi fanno parte del copione tanto quanto i dialoghi – e tutti sono impegnati a ricoprire il ruolo loro assegnato in famiglia, probabilmente da sempre, come capita ad ognuno di noi. E la Desolandia è il mondo in cui si ritrovano, che come sempre in Jarmusch è “più strano del paradiso” senza però essere davvero un inferno: un mondo di “broken flowers” che nonostante tutto continuano a fiorire, sopravvivendo come ultimi reciproci vampiri, più ostinatamente vivi che “morti che non muoiono”.




