Datong, Shanxi, 2001. Una comunità locale di lavoratori frequenta un locale per divertirsi, cantare e ballare techno. Intanto il progetto della diga delle Tre Gole incombe e Guo Bin, speculatore edile, vuole approfittarne per fare affari. Si separa quindi dalla sua ragazza, la modella Qiaoqiao, promettendole di fare ritorno presto. Ma non sarà così e Qiaoqiao riuscirà a incontrarlo solo dopo una lunga ricerca, per poi lasciarlo definitivamente. Venti anni dopo, nel 2022, la Cina vive ancora i postumi della pandemia da Covid-19: i due si incontrano nuovamente a Datong.
Autoreferenziale fino all’ermetismo, Caught by the Tides è un film per iniziati: senza conoscere la filmografia di Jia Zhang-ke, grande regista della sesta generazione cinese e vincitore di un Leone d’oro con Still Life, è difficile seguire i risvolti della trama di un film con pochissimi dialoghi.
È come se Jia rivisitasse in continuazione la propria filmografia e la ripercorresse per estrarre nuovi significati e leggere in tralice la storia della Cina. Era stato così per I figli del fiume giallo, in cui riannodava i fili lasciati in sospeso da Unknown Pleasures e Still Life per raccontare una nuova storia d’amore tradito. Ma se allora il regista si serviva del reenactement – rimettendo sostanzialmente in scena la stessa storia, osservata da nuove angolazioni – in Caught by the Tides Jia eleva il dispositivo a sistema, riutilizzando elementi dei suoi film precedenti come found footage per raccontare venti anni di trasformazione della Cina.
L’occasione per guardare nuovamente indietro – e poi in avanti – è offerta dalla pandemia. Jia ha ripreso così materiale girato nell’arco di venti anni, e in particolare nel 2001 a Datong, e lo ha collocato come incipit di un nuovo film in cui mescola vorticosamente stili e contenuti, documentario e finzione, 16mm e artificio digitale con utilizzo di IA. Nell’intreccio di immagini alterate e rivisitate per l’occasione rivivono così stralci di vita popolare e quotidiana, sullo sfondo di un mélo volutamente stereotipato, quasi a ribadire come il focus del regista sia collocato altrove. Al centro di questo nuovo racconto c’è ancora Zhao Tao, sua attrice e musa, in un ruolo che al contempo è e non è quello interpretato in lavori precedenti di Jia: un’amante tradita e abbandonata da un piccolo gangster che insegue sogni di ricchezza e specula sulla trasformazione di un paese.