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      • Il grido della Francia che si ribella: “Fermiamo Macron!”

      Il grido della Francia che si ribella: “Fermiamo Macron!”

      Dopo la caduta del governo di François Bayrou, appena sfiduciato dal parlamento, è di queste ultime ore la notizia della nomina del fedelissimo di Macron, Sébastien Lecornu, ministro della Difesa, a nuovo capo del governo.

       

      Lo scenario alla Monti per la Francia che non è passato dalla porta con Bayrou, rischia di materializzarsi adesso, semmai riuscirà ad insediarsi. La cura da cavallo che è toccata alla Grecia, all’Italia e all’Europa del sud, sta per arrivare anche in Francia?

       

      Bayrou aveva cercato di far approvare al parlamento quasi 44 miliardi di euro di tagli per “alleviare il peso del debito francese”, vi ricorda qualcosa?

       

      Ma oggi c’è pure la guerra alle porte ed incombe il riarmo. Ecco Lecornu, ministro della Difesa, promosso premier. Una nomina che non arriva certo a caso.

       

      Anche il cancelliere tedesco Merz, giorni fa, ha dichiarato che lo stato sociale attuale “non è sostenibile”. Mentre, a quanto pare, dare palate di soldi all’industria delle armi – 600 miliardi di euro per Difesa entro la fine della legislatura –  per andare in guerra contro la Russia o per sostenere Israele è fattibilissimo.

       

      E ora cosa accadrà in Francia?

       

      Pubblichiamo questo grido all’azione redatto dalla testata indipendente France-Soir, che ci parla della Francia di oggi coi suoi incubi ed i suoi problemi. E propone soluzioni.

       

       

      Ovviamente,  “debito insostenibile” e “guerra” sono diretta conseguenza di Euro, Unione Europea e NATO, Covid compreso. Sempre bene tenerlo a mente.

       

       

       

      Buona lettura.

       

       

      Il grido della Francia che si ribella: “Fermiamo Macron!”

       

      Di Xavier Azalbert, France-Soir

       

       

      La caduta di François Bayrou, travolto da un voto di fiducia trasformato in mozione di sfiducia, è stata solo l’ennesimo atto del teatro politico orchestrato da Emmanuel Macron.

      Lungi dall’essere un semplice episodio, questo evento illustra la strategia di un presidente che si autoproclama “ jupiteriano”: sfruttare le crisi per rafforzare la propria immagine di autorità, distogliendo l’attenzione dai veri mali che affliggono la Francia.

      Come sottolineato da Chris Bickerton già nel 2020, il macronismo, con il suo mix di tecnocrazia arrogante e liberismo sfrenato, non è la risposta alle sfide del Paese, ma è il problema. Il tutto accompagnato da un palese disprezzo per le aspirazioni popolari e da un esercizio del potere alla «Luigi XIV» che deriva da una violazione scandalosa dei principi costituzionali («Lo Stato sono io! “) e di spese personali faraoniche, mentre (”e allo stesso tempo“) il monarca putativo (1) impone sempre più restrizioni economiche ai francesi che faticano enormemente a pagare le bollette. Compresa ormai anche la classe media.

       

      Questo sistema sacrifica la sovranità nazionale, la giustizia sociale e il futuro dei francesi sull’altare di una globalizzazione sfrenata, scavando un divario incolmabile tra un’élite isolata e una Francia che agonizza in basso.

       

      Dai gilet gialli agli agricoltori, dagli scioperanti alle classi medie soffocate, la rabbia monta.

       

       

       

      Fermare Macron non significa solo destituire un uomo: significa smantellare un sistema che tradisce i principi repubblicani.
      Come riuscirci in un contesto democratico, senza cedere alla rassegnazione o alla violenza?
      Ecco quattro leve per riprendere in mano il nostro destino.

       

      Comment l'arrêter ?

       

      In primo luogo, unire le rabbie dal basso in un fronte comune per la Francia: la Francia soffre, ma le sue rabbie rimangono disperse. Gilet gialli, scioperanti contro la riforma delle pensioni del 2023, agricoltori schiacciati dalla burocrazia, artigiani e studenti precari: tutti condividono lo stesso grido di protesta contro un potere che predica senza ascoltare.

      La frattura è evidente tra l’élite parigina, che prospera a spese dei contribuenti, e la Francia periferica, quella degli svincoli stradali, delle rotatorie e delle difficoltà ad arrivare a fine mese.

      Queste lotte, troppo spesso isolate, devono convergere in un fronte comune, trascendendo le etichette politiche.

      Un’alleanza pragmatica, costruita su rivendicazioni chiare – giustizia fiscale, protezione dei servizi pubblici, sovranità alimentare – potrebbe galvanizzare i delusi. Immaginiamo un’assemblea popolare in cui operai, contadini e giovani definiscano insieme un progetto per una Francia più giusta. Questa unione, massiccia e disciplinata, diventerebbe una forza inarrestabile.

      In secondo luogo, riconquistare le urne rifondando la democrazia per il popolo. Il voto, così com’è oggi, è solo una simulazione di democrazia, un rituale che dà l’illusione del potere mentre serve gli interessi di una casta. Il macronismo prospera su questa disconnessione, sfruttando il crollo dei partiti tradizionali e la compiacenza di un’opposizione divisa. Riconquistare le urne non è sufficiente: è necessario rifondare le basi stesse della democrazia per restituire il potere al popolo.

      Gli eletti devono rispettare la volontà popolare, non gestire rendite personali o servire interessi esterni. Ciò richiede nuove candidature, provenienti dalle classi medie e popolari – operai, commercianti, agricoltori, insegnanti – in grado di parlare ai dimenticati. Queste figure devono portare avanti un progetto radicato nella realtà: rilocalizzazione industriale, reinvestimento in ospedali e scuole, lotta all’evasione fiscale (80 miliardi di euro all’anno, secondo alcune stime), resistenza ai diktat di Bruxelles. Le elezioni del 2026 e del 2027 saranno campi di battaglia decisivi. L’opposizione popolare deve presentarsi unita, con volti nuovi che incarnino la speranza e non il rancore. Ma oltre a questo, è necessario esigere riforme istituzionali chiare: referendum di iniziativa popolare, proporzionale integrale, trasparenza degli eletti. Voi, cittadini, meritate una democrazia che vi assomigli: lottate per ottenerla!

      In terzo luogo, investire con audacia lo spazio mediatico e digitale con una guerra narrativa per la verità. Macron padroneggia l’arte della comunicazione, rivestendo le sue politiche di una patina progressista per mascherarne la violenza sociale. I suoi avversari devono rispondere con una guerra narrativa implacabile: messaggi incisivi, campagne virali, testimonianze crude provenienti da coloro che le sue riforme schiacciano. I social network, dove la rabbia popolare si esprime senza filtri, sono un terreno da conquistare. Influencer cittadini, collettivi militanti, media indipendenti devono amplificare le voci che l’Eliseo ignora deliberatamente.

      Infine, è necessario coltivare la disobbedienza civile pacifica. Manifestare, occupare, bloccare, rifiutare l’assurdo. Quando sono massicce e disciplinate, queste azioni ricordano al potere che non è nulla senza il consenso del popolo. Nel 2005, i francesi hanno respinto il Trattato costituzionale europeo con un referendum; nel 2025, possono dire «basta» a un sistema che li disprezza. Prendiamo esempio da questi momenti in cui il popolo ha saputo far sentire la propria voce.

      Infine, unire le forze dell’ordine alla causa repubblicana: otto anni di governo macronista hanno fatto precipitare la Francia in una crisi senza precedenti, caratterizzata da scelte contrarie agli interessi del Paese e del popolo: gestione caotica della crisi Covid, sostegno militare all’Ucraina, progetti di mutualizzazione dell’arma nucleare, rifiuto di nominare un governo conforme alla composizione dell’Assemblea nazionale post-scioglimento. Queste decisioni, in contrasto con il principio repubblicano di un «governo del popolo, dal popolo e per il popolo», riflettono una deliberata ignoranza dell’articolo 5 della Costituzione (2), che impone al presidente di vigilare sul rispetto della stessa e di garantire il regolare funzionamento dei poteri pubblici. Questa deriva, definita da alcuni «alto tradimento» – sebbene tale accusa sia stata ritirata dalla Costituzione da Nicolas Sarkozy nel 2008, in circostanze anch’esse controverse (adozione del Trattato europeo contro il «no» popolare del 2005) – giustifica un’azione urgente per ripristinare la Repubblica.

      I poliziotti e i militari, custodi del giuramento di «proteggere e servire» il popolo, hanno un ruolo cruciale da svolgere. Non si tratta di invitare all’azione violenta, ma di esortare la base – ufficiali, sottufficiali, soldati semplici – a prendere coscienza dell’estrema gravità della situazione: una Francia sull’orlo del collasso economico, sociale (precarietà galoppante) e istituzionale (derive autoritarie). Se i predecessori del generale Fabien Mandon, capo di Stato Maggiore delle forze armate, hanno dimostrato che la gerarchia militare rimane fedele all’esecutivo, spetta alla base delle forze dell’ordine rifiutarsi di servire un potere che tradisce la nazione. Una destituzione non violenta, nel rispetto delle istituzioni ma con la fermezza che l’urgenza impone, potrebbe essere presa in considerazione se il presidente persiste nel violare i principi repubblicani (3).

      Allo stesso tempo, il potere legislativo deve assumersi le proprie responsabilità. La procedura di destituzione, annunciata da Jean-Luc Mélenchon per il 23 settembre 2025, è un’opportunità storica. Deputati e senatori di tutti gli schieramenti – compresi quelli del Rassemblement National e i loro alleati, che si dichiarano contrari a Macron – devono sostenere questa iniziativa, non per ragioni di parte, ma per difendere l’interesse superiore della Francia e dei francesi. Il popolo vi guarda: agite, o la storia giudicherà il vostro silenzio.

      Una Francia unita, una Repubblica ritrovata: lo spettacolo della caduta di Bayrou non è che un’altra distrazione nella strategia macronista. Ma il popolo francese non si lascia ingannare.

      Fermare Macron significa ravvivare lo spirito di una Francia solidale, che rifiuta di piegarsi di fronte a un potere distaccato dalla realtà. Voi, agricoltori, operai, studenti, commercianti, cittadini di ogni provenienza, avete il potere di cambiare le cose.

      Unite la vostra rabbia, rifondate la democrazia, invadete lo spazio pubblico, unite le coscienze. Insieme, scriviamo una nuova pagina per la Francia, fedele al suo motto e alla sua Costituzione: un governo veramente «del popolo, dal popolo e per il popolo».

       

      Il futuro è nelle vostre mani.

       

      1) Un monarca putativo, per di più arrogante, perché sa di essere protetto dalla guardia “pretoriana” di cui si è dotato a nostre spese. Al posto degli 8 Canadair che si era impegnato ad acquistare per combattere gli incendi, Manuel I ha acquistato 80 “centurioni”: questi carri armati della gendarmeria che i membri di questa guardia pretoriana potrebbero utilizzare per impedire che una rivolta improvvisamente trasformata in rivoluzione raggiunga il loro signore e padrone.

      2) Ricordiamo a questo proposito che il Belgio non è mai stato meglio che durante i 1.034 giorni (in totale) in cui non ha avuto un governo, ovvero i due periodi cumulativi che vanno rispettivamente dal 13 giugno 2010 al 6 dicembre 2011 e dal 26 maggio 2019 al 1° ottobre 2020, in cui nessun professionista della politica ha potuto danneggiare gli interessi del popolo belga.

      3) L’ex capo della polizia giudiziaria si è espresso in questo senso la settimana scorsa. Complimenti a lui! E questo maresciallo capo in pensione che spiega la gravità della situazione in questo video con parole semplici, piene di buon senso e sincerità, lo ha fatto all’attenzione dei suoi ex compagni d’armi con la solennità del caso in questo altro video.

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