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      • Il piano di riarmo europeo: un dramma annunciato per il welfare e le finanze pubbliche

      Il piano di riarmo europeo: un dramma annunciato per il welfare e le finanze pubbliche

      Nel cuore dell’Europa si sta consumando un passaggio epocale che rischia di travolgere anche la stessa narrativa mainstream sul progetto europeo. Narrativa che, dal dopoguerra ad oggi, ha sempre “venduto” il “prodotto unità europea” come l’unico capace di garantire la pace e la prosperità per chi ne faceva parte. Per dirla con le parole dell’ex Commissario Europeo Borrell nel 2022: “[…] L’Europa è un giardino, […] tutto funziona, […] mentre la maggior parte del resto del mondo è un jungla […].”[1]

      Passaggio epocale rappresentato dal massiccio piano di riarmo già annunciato e ardentemente promosso da alcuni Paesi europei, nonché appunto dalla stessa Commissione. Piano che segue comunque un riarmo “fuori scala” già abbondantemente iniziato almeno dal 2022. Alcuni dati per rendere chiara la situazione:

      • Nel 2024 i Paesi membri dell’UE hanno speso circa 343 miliardi di euro in difesa. Nel 2021 avevano speso circa 214 miliardi.
      • A livello NATO, la grande maggioranza dei Paesi membri spende già il 2% del PIL in difesa (con alcuni che già superano tale soglia) ed entro il 2035 tale percentuale dovrà essere del 5%.
      • Il Piano della Commissione Europea prevede di far spendere fino a 800 miliardi in più nel comparto difesa in UE, con la possibilità per ogni Stato membro di aumentare la sua spesa militare dell’1,5% fuori dal Patto di Stabilità.[2]

      Un piano megalodontico, dunque, presentato ufficialmente come l’unica risposta possibile all’ “orso russo”, ma che già si configura chiaramente come una svolta ideologica e sistemica destinata a sacrificare le ultime vestigia dello stato sociale europeo. Il tutto a discapito dei cittadini comuni ma a ovvio e grande beneficio di quello che potrebbe essere chiamato come una sorta di “partito della guerra”, con le lobby dell’industria bellica e dei grandi gruppi finanziari già pronti a banchettare sul mare di denaro promesso da questo piano europeo. Piano che, per non spaventare troppo il cittadino comune, nel tempo ha cambiato nome: da “ReArm EU” a “Readiness 2030”. Cittadino comune che evidentemente viene considerato come una sorta di quello che talvolta viene chiamato il “pollo” al tavolo da poker, ossia il giocatore poco esperto che viene agilmente “fregato” con qualche facile “artificio”.

      La Commissione Europea, in un crescendo bellicista che sembra ignorare le condizioni reali dei suoi Stati membri e delle popolazioni che ivi abitano, ha varato un piano che prevede dunque l’aumento sistematico delle spese militari.

      Ma con quali benefici concreti per le popolazioni europee, già duramente provate da inflazione, precarietà, aumento del costo della vita e smantellamento del welfare?

      La risposta è chiara: nessuno.

      Nei confronti dei popoli europei, infatti, il piano non sembra assolutamente concepito anche solo per rafforzare la loro sicurezza (se non appunto il loro benessere), in primis e se non altro perché la grande maggioranza degli investimenti avverrebbe per singolo Stato (ognuno con le proprie “necessità securitarie” e interessi strategici) e con poca omogeneità di veduta e accordo strategico fra i membri, ma più per garantire una sorta di “asservimento psicologico” ad una narrazione di guerra continua. Una sorta di guerra continua in cui il “nemico” (oggi principalmente la Russia, mentre domani qualche altro o magari l’intero “Sud globale”) è la scusa perfetta per giustificare misure straordinarie, tagli ai diritti, restrizioni economiche e, soprattutto, una subordinazione pressoché completa dell’economia europea agli interessi dell’apparato militare – industriale euroatlantico.

      Un piano più per la guerra che per la pace

      Nella retorica ufficiale, il piano di riarmo è una risposta “difensiva” al conflitto in Ucraina,  ma la realtà appare ben diversa. Infatti, sin dal 2014 l’Unione Europea sembra aver abbandonato ogni tentativo di mediazione diplomatica reale e sostanziale, seguendo acriticamente la strategia di contenimento della Russia. L’obiettivo non dichiarato ma evidente, a mio avviso, è in ultima istanza quello di impedire la nascita di un ordine mondiale multipolare in cui anche l’Europa potrebbe giocare un ruolo autonomo. Al contrario, sembra proprio che sia stata scelta la subordinazione completa alla NATO (con Washington che fa il “bello e cattivo” tempo), sacrificando non solo una certa sovranità politica ma anche economica.

      Il Presidente USA Trump mette solo a nudo, con il suo stile, quello in realtà esiste da tempo in concreto ma che è quasi sempre rimasto nascosto agli occhi del grande pubblico grazie alla “diplomazia pubblica ovattata”: la subordinazione dell’UE e della NATO agli USA e ai suoi interessi (o a quelli che difende).

      In tale situazione così tesa il risultato è, fra le altre cose, una certa criminalizzazione delle voci dissidenti (politiche, intellettuali o popolari) e l’adozione di misure sempre più repressive.

      Con lo spauracchio della paura (abilmente alimentato da molti media e da una certa élite politica) che serve a generare consenso verso misure impopolari: in primis l’aumento delle spese militari e l’invio di armi, nonché la chiusura dei canali diplomatici e la distruzione progressiva di ogni legame economico con i Paesi considerati ostili (come la Russia).

      E a tutto questo si accompagna purtroppo una cosa forse ancora più sinistra: la cannibalizzazione delle finanze pubbliche.

      In sostanza, per finanziare il riarmo si saccheggia lo stato sociale.

      Sanità, istruzione, pensioni, trasporti, edilizia popolare: tutto viene definanziato in nome di una “sicurezza” che necessita di sempre maggiori risorse. In una spirale perversa e senza fine (se non con lo scoppio di una vera guerra estesa fra grandi potenze).

      Il possibile furto delle riserve russe: un potenziale precedente gravido di conseguenze (non solo per l’Europa)

      In questo contesto, un’altra “trovata” dell’establishment europeo è la proposta, già in fase avanzata, di utilizzare le riserve valutarie e auree della Banca Centrale Russa (congelate all’interno della giurisdizione UE) per finanziare il prosieguo del conflitto in Ucraina. Un’operazione che viola pericolosamente vari principi del diritto internazionale e contrattuale, nonché segna un pericoloso precedente per il futuro del sistema finanziario globale.

      Una sorta di espropriazione forzata di beni sovrani che apre la strada a un effetto domino potenzialmente devastante. Infatti, se oggi le riserve di un Paese qualsiasi (in questo caso una grande potenza come la Russia) possono essere espropriate con un colpo di penna, chi può garantire che domani non toccherà anche ad altri Stati?

      Al di là delle conseguenze economiche, poi, si tratta di una scelta che rischia di compromettere qualsiasi possibilità di risoluzione pacifica del conflitto ucraino. Anziché favorire il dialogo, l’Europa tende a gettare benzina sul fuoco, con la Russia che ha già annunciato possibili contromisure dure e immediate all’esproprio dei suoi beni in UE, le quali potrebbero includere il sequestro di asset occidentali sul suo territorio e il rafforzamento dei meccanismi di dedollarizzazione dell’economia globale.

      Una guerra al Sud del mondo e ai poveri (e alla classe media) d’Europa

      Sembra sempre più evidente come il piano di riarmo europeo si configuri dunque non solo come un tentativo di proseguire il conflitto “sine die” ma anche come una guerra al “Sud”, quest’ultimo inteso sia come “Sud del mondo” che come “Sud sociale” interno all’Europa. In nome di una necessaria presunta lotta all’ultimo sangue per la democrazia liberale in pericolo, minacciata e assediata dalla giungla rappresentata dal resto del mondo, si giustificano missioni militari ai quattro angoli del globo ed embarghi economici contro i Paesi non allineati, nonché politiche neocoloniali travestite da “aiuti allo sviluppo”.

      Il risultato è sotto gli occhi di tutti…

      E anche i cittadini europei vengono trasformati in “bersagli” di una guerra economica sempre più aspra. Le classi popolari pagano con l’inflazione, i tagli al welfare e la precarizzazione del lavoro, nonché con un certo sentimento interiore (in ampie fette di popolazione) di paura, rassegnazione e ritiro sociale.

      La costruzione di un nemico permanente è certamente funzionale a questo disegno.

      Conclusione

      Il piano di riarmo europeo, insieme all’esproprio delle riserve russe, a mio avviso rappresenta dunque l’ulteriore tentativo dell’élite occidentale di mantenere un ordine unipolare ormai morente. Un’ordine globale insidiato dalla “proposta multipolare” portata avanti in primis dal “Sud globale” (ma sostenuta anche da larghi strati della popolazione occidentale).

      Per dirla con le parole del grande pensatore italiano Antonio Gramsci: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.”

      Sta anche all’impegno di ognuno di noi e di tutti i popoli interessati alla pace e al benessere, cercare di opporci all’escalation e promuovere una relazione win – win a tutti i livelli.

       

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