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      • Il porto di Trieste non è più franco

      Il porto di Trieste non è più franco

      La nostra storia inizia il 10 febbraio del 1947 con la firma dei trattati di Parigi da parte dell’Italia e degli Alleati e l’instaurazione del TLT ( o Territorio Libero di Trieste ). Esso aveva la funzione di stato cuscinetto ed era separato in due zone d’influenza. La zona A: sotto influenza Alleata. La zona B: sotto influenza Jugoslava.

      Piccolo particolare, alquanto rilevante: si stabiliva che il TLT dovesse rimanere zona neutrale e smilitarizzata (cosa che non fu mai in quanto le due zone erano occupate militarmente). Infine, l’istituzione del porto franco nella città di Trieste.

      Ora facciamo un balzo in avanti, al 10 novembre del 1975: con il trattato di Osimo, si sanciva definitivamente l’assegnazione della zona A al territorio italiano e della zona B al territorio jugoslavo (attualmente spartito tra Slovenia e Croazia).

      Dopo questo brevissimo excursus storico, vorrei soffermarmi su un’interrogazione europarlamentare datata 17 gennaio 2025 ed etichettata E-00019/25.

      Il trattato di pace con l’Italia del 1947, adottato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione S/RES/16, ha istituito il Territorio libero di Trieste quale stato disarmato e neutrale.

      Tuttavia, il golfo di Trieste ospita oggi due porti nucleari militari di transito, Trieste in Italia e Capodistria in Slovenia, in violazione del sopracitato trattato.

      Il Parlamento europeo ha preso atto dell’entrata in vigore del trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) e ne ha riconosciuto la visione a favore di un mondo privo di armi nucleari.

      La denuclearizzazione del golfo di Trieste, come proposta dall’ONG Mundo sin Guerras y sin Violencia, nell’ambito della seconda conferenza di revisione del TPNW, costituirebbe il primo nucleo di una “zona libera da armi nucleari” europea.

      Ciò premesso, può la Commissione chiarire quali azioni intende promuovere, nell’ambito della strategia dell’Unione europea contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, a favore della denuclearizzazione del golfo di Trieste e in attuazione della risoluzione n.16 del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite?

      La risposta non si è fatta attendere: il 22 aprile 2025, Kaja Kallas ha risposto a nome della Commisione europea:

      “La risoluzione delle Nazioni Unite cui fa riferimento l’onorevole deputata non è più applicabile. Lo status attuale di Trieste è determinato dal trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, adottato a Osimo il 10 novembre 1975.

      È opportuno sottolineare che la regolamentazione del transito militare e delle operazioni portuali rimane una prerogativa esclusiva degli Stati membri. ”

      Risposa più che accettabile, se non fosse per un particolare grande quanto una casa: il trattato di Osimo fu siglato bilateralmente tra Repubblica Italiana e la Federazione socialista di Jugoslavia.

      Secondo la convenzione di Vienna, in materia di diritto dei trattati il mutamento fondamentale delle circostanze può sancire la sospensione o addirittura il recesso del trattato. In più, bisognerebbe considerare anche che il TLT non sarebbe più spartito semplicemente da due stati ma in tre (non più una situazione bilaterale ma multilaterale) vista la dissoluzione della Jugoslavia. Aggiungiamo il fatto che l’Italia non ha mai rettificato il trattato di Osimo con Slovenia e Croazia.

      Dulcis in fundo, Croazia e Slovenia hanno proprio il confine conteso nel TLT.

      Adesso dedichiamoci ad osservare la questione triestina da un punto di vista squisitamente strategico e geopolitico.

      Ormai è sotto gli occhi di tutti il riarmo europeo, fra paroloni come:  “esercito europeo”, “economia di guerra”, la “locomotiva d’europa” che riprogetta le linee produttive per sfornare carri armati, ecc… ecc…

      Ciò lo conferma il piano d’investimento ReArm Europe avviato il 6 marzo 2025.

      La prima area d’investimento riguarda l’armamento comune: un esempio è il progetto Lynx KF41 (anche legato a una collaborazione tra la tedesca Rheinmetall e la nostrana Leonardo), un mezzo corazzato modulare pronto a sostituire vecchi armamenti e diventare il nuovo MBT (Main Battle Tank o carro armato universale). E proprio nel periodo dei test del mezzo, Carmine Masiello, capo di stato maggiore dell’esercito italiano, dichiarò che gli Stati Uniti avrebbero guardato in crescendo alla Cina lasciando il vecchio continente a sbrigarsela da solo su questo fronte.

      Ma da cosa deriva la dichiarazione del generale? Non credo che sia esclusivamente legata all’agenda anti-cinese di Trump o al suo cartellone, dove metteva al primo posto la Cina come nemico degli statunitensi.

      Secondo la concezione geopolitica classica anglo-americana, l’Europa non è solo uno scudo aggiunto oltre all’oceano atlantico, ma una vera e propria lancia che punta al ventre del blocco orientale.

      Queste sono le parole del geopolitico Nicholas John Spykman: “noi (americani) abbiamo completato un altro ciclo nella visione anglosassone del gioco della politica di potenza: guerra, isolamento, alleanza e guerra. Come i britannici, sogniamo l’isolamento pacifico per la poca acqua che ci divide dai nostri vicini. Ma ancora una volta il potere economico, la potenza umana e la ricchezza industriale degli Stati Uniti dipendono dalla misura delle guerre di potere europee. Ancora una volta, la politica (americana) è mirata alla conservazione dell’equilibrio di potere europeo.” (fig1)

       

      Qui rientra Trieste, nella seconda area d’investimento di ReArm Europe, quello logistico. Infatti Trieste, insieme a Danzica e Costanza, fa proprio parte di un gigantesco progetto logistico di collegamenti ferroviari. infatti, non è un caso che il corridoio che collega le due città sia qualche chilometro più a ovest della linea rossa in figura (fig2).

      La suggestionante immagine che avete supervisionato si chiama Trimarium, spacciata come iniziativa commerciale.

      Facciamo il punto anche su un altro piccolo particolare: Spykman s’ispirava alla teoria geopolitica di Mackinder che si basa, semplificando, su un’area che chiama pivot (secondo il geopolitico l’attuale Siberia e per Spykman prende il nome di heartland) e i cerchi o anelli interni ed esterni ( per Spykman, le rimlands) (fig3).

      Detto ciò, sappiamo che Trieste è coinvolta in una seconda “iniziativa commerciale”, l’IMEC, conosciuto anche come via del cotone (fig4).

      Se confrontiamo la tratta dell’IMEC con le teorie di Mackinder e Spykman (fig1 e fig3), potremo osservare che la via del cotone ha ben poco di commerciale, é più una sfaccettatura strategica militare legata al controllo delle rimlands.

      Arrivati a questo punto, per chiudere il discorso, vorrei esprimere un parere prettamente personale:  ritengo fondamentale che il mestiere dell’articolista sia dedito all’informazione e non al bieco allarmismo. Data la mia analisi, sospetto che i venti di guerra siano sempre più vicini. Non ritengo la Russia interessata ad attaccare l’Europa, in quanto priva di materie prime o non sufficientemente presenti come nel blocco orientale. Credo fortemente che l’Occidente abbia bisogno di una guerra in quanto gli statunitensi necessitano una valvola di sfogo per il crescente debito pubblico, ciò influenza l’economia dei vassalli, in quanto il dollaro è la loro attuale valuta di riserva.

      Quindi, in conclusione, ritengo che l’Occidente abbia due opzioni: perire per crisi economica o fare guerra.

      Una condizione che sicuramente ci porta ad una riflessione più ampia:  conviene porsi nell’ottica di emergere dal collasso dell’ “impero del sol-calante”, o rendersi artefici di una nuova rinascita nazionale al fianco di quelle potenze che cercano, in equilibrio fra loro e seppur non senza contraddizioni, una propria strada?

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