Da quando è stata lanciata venerdì scorso è già arrivata a 2800 firme. L’obiettivo delle 5000 firme è dunque assolutamente raggiungibile. Parliamo di una petizione lanciata sul canale change.org per chiedere che lo Stato finanzi la ricerca per lo studio delle reazioni avverse post vaccino covid (QUI per firmare). A farsi portavoce di questa iniziativa dal basso è Maurizio Federico, un ricercatore dell’Iss che però ci tiene a specificare di agire a stretto titolo personale.
La Bussola l’ha intervistato.
- Federico, come è nata questa sottoscrizione popolare?
Già a novembre 2022 avevo mandato una proposta ai referenti del Ministero della Salute per cercare di capire se fosse possibile mettere in piedi un’iniziativa di ricerca dei meccanismi che possono essere alla base di questi fenomeni avversi. Ma non ho avuto risposta. Così una persona che abita in Sicilia mi ha contattato proponendomi di avviare una raccolta firme.
- Si tratta di un’iniziativa simbolica?
Ovviamente, ma se si riuscirà raggiungere un numero congruo di firmatari si potrà sperare di sottoporre la cosa a livello politico in modo da avviare un processo e soprattutto trovare un interlocutore.
- Quindi l’obiettivo qual è?
È far sì che l’interlocutore, cioè lo Stato si sensibilizzi di fronte a questo fenomeno che c’è e continua ad esserci, non è finito con la fine della pandemia.
- Non abbiamo neanche a disposizione un censimento vero e proprio, ma si tende a minimizzare a pochi casi…
Il fatto che ci siano percentuali minime non significa che non esista. Non dimentichiamo che su 40 milioni di vaccinati, anche una percentuale dello 0.3 è un numero ingente di malati. Dunque credo che il problema dei danneggiati debba avere la dignità di essere trattato alla stregua delle malattie rare.
- A proposito, spesso si parla di iniziative benefiche per finanziare la ricerca sulle malattie rare. In questo caso, invece, tutto tace.
Prendiamo ad esempio Telethon, le malattie rare sono una su 500mila o 1 su un milione. Qui, per i danneggiati, almeno stando ai dati di cui dispone la Germania, siamo a 1 su 10mila. Quindi la ricerca clinica sarebbe ampiamente giustificata. Ma la quantità dei colpiti non deve essere un discrimine.
- L’Iss studia le malattie rare?
Certo, qui abbiamo un centro specifico.
- E perché non si vuole studiare gli effetti da vaccino?
Al di là di tutte le motivazioni politiche che non mi competono, direi che prima di tutto si deve prendere atto di un fatto.
- Che cosa?
Che il vaccino ha creato qualche cosa di nuovo, un male che va indagato per essere identificato e curato.
- Molti danneggiati che abbiamo intervistato riportano un’infinità di esami che però sono negativi, ma affermano di stare male tanto che la loro vita è peggiorata nella qualità. È possibile che ci sia qualche cosa di nuovo che non sappiamo?
Si, l’orizzonte e la prospettiva che noi proponiamo ci sfugge completamente. Anzitutto dobbiamo uscire dal malinteso di tanti che dicono di andare a ricercare se c’è la presenza della spike.
- Perché? È ormai chiaro che la spike è la responsabile delle reazioni…
La presenza della proteina spike è una condizione necessaria, ma non sufficiente.
- Si spieghi meglio…
Essendo prodotta dal vaccino, ha un’azione immunomodulatrice; quindi, è molto probabile che l’effetto avverso sia una concatenazione di eventi che si innescano partendo dalla spike, ma non sappiamo di preciso come si innesca questo meccanismo. Una cosa è certa.
- Che cosa?
Che nella reazione avversa il protagonista è il sistema immunitario.
- Perché ha citato la Germania?
Io ho ascoltato un’intervista al ministro della salute che ho molto apprezzato per il tono e il contenuto. È molto umile e comprensiva, difficilmente sentiamo queste cose alle nostre latitudini.
- Che cosa ha detto?
Oltre a confermare una stima di effetti gravi in rapporto di 1 su 10mila, ha elencato una serie di iniziative a carico dello Stato come, ad esempio, l’avvio nei centri di ricerca tedeschi di studi mirati a cercare di capire quali cure offrire a questi danneggiati.
- Il Comitato Ascoltami, che raggruppa circa 4000 danneggiati, chiede da tempo la creazione di un ambulatorio specifico in ogni Asl per la cura delle conseguenze da reazione avversa e un ticket esentivo che copra le spese sostenute per gli esami che in molti casi hanno portato alla povertà tanti danneggiati. È una richiesta che condivide?
Sì, certamente. Ma anche questa non è sufficiente, come dicevo prima ci possono essere dei meccanismi dietro questi effetti avversi che ci sfuggono e non sappiamo quali tipi di analisi andare a fare. A studi zero si rischia di ingenerare una falsa rassicurazione.
- Che cosa bisognerebbe fare?
L’unica strada è lo studio: bisognerebbe intraprendere studi di base, che possano confermarci o smentirci certe ipotesi, che adesso possiamo fare. Ad esempio gli attacchi immunologici alle cellule cardiache, il disequilibrio delle popolazioni linfocitarie, ci sono tanti argomenti che possono essere affrontati, ma stabilire con un oggetto sconosciuto una mappa di possibili traguardi quando ancora dobbiamo cominciare è sbagliato e ingenera false speranze.
- L’importante è cominciare da quel che sappiamo, però. L’Iss ha delle strutture di ricerca che potrebbero servire alla causa?
Noi siamo più che attrezzati, ma anche tanti in istituti universitari e zooprofilattici ci sono molti centri di ricerca. Sul terreno dell’immunologia in Italia non siamo affatto l’ultima ruota del carro.
- Secondo lei chi potrebbe indagare?
Chiunque, l’importante è essere certi della mancanza di conflitti di interesse, perché le interferenze da fuori potrebbero essere deleterie.
Di Andrea Zambrano, lanuovabq.it
03.05.2023
Andrea Zambrano, giornalista professionista di lanuovabq.
Fonte: https://lanuovabq.it/it/effetti-avversi-da-studiare-come-si-fa-con-le-malattie-rare