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      • Iran, USA, Israele: una guerra metafisica e spirituale

      Iran, USA, Israele: una guerra metafisica e spirituale

      Il conflitto che si sta svolgendo tra l’Iran e Israele, o più ampiamente tra l’Iran e il mondo occidentale, in particolare gli Stati Uniti, è spesso analizzato attraverso lenti strettamente politiche, geopolitiche, economiche e militari. Tuttavia, per comprendere appieno la sua profondità e le sue implicazioni, è essenziale esplorare le sue dimensioni spirituali e metafisiche, aspetti che vanno ben oltre la mera analisi materialistica e che, purtroppo, sono spesso trascurati o manipolati dalla propaganda mediatica.

      La Rivoluzione Iraniana del 1979: un evento unico

      La Rivoluzione Islamica iraniana del 1979 rappresenta un evento singolare nella storia moderna, distinguendosi dalle altre grandi rivoluzioni degli ultimi secoli. Mentre la Rivoluzione Francese e quella Bolscevica russa si fondavano su valori materialistici, la rivoluzione iraniana aveva alla sua base profondi valori spirituali e religiosi. Questa non fu una rivoluzione guidata da élite militari o un colpo di stato, bensì un’insurrezione popolare, nata dal malcontento verso le politiche dello Scià, un “burattino degli Stati Uniti”. Il popolo iraniano sentiva la necessità impellente di proteggere la propria identità, i propri valori spirituali e religiosi, minacciati dalla politica di occidentalizzazione forzata dello Scià.

      L’Iran, in questo contesto, ha dimostrato una notevole capacità di preservare la propria identità culturale e religiosa. Inoltre, nonostante la maggioranza della popolazione segua l’Islam sciita, il paese ha mantenuto vive anche le tradizioni e le minoranze religiose, come quelle zoroastriane, il che si riflette nel calendario iraniano e nelle sue festività. Questa cultura ricca e forte contrasta nettamente con la percezione di un’Europa che ha perso gran parte delle proprie radici culturali a causa di influenze mediatiche e propagandistiche, spesso promosse dal mondo anglosassone, alleato dei sionisti, che ha cercato di distruggere le eredità culturali anche in Medio Oriente.

      I valori fondamentali della Repubblica Islamica dell’Iran

      I valori che hanno sostenuto la rivoluzione e che ancora oggi tengono unito il popolo iraniano sono profondamente radicati e di portata universale:

       

      • Giustizia, indipendenza e vera libertà: non si tratta di una libertà superficiale dettata dalle mode, ma della vera libertà di crescere sia materialmente che spiritualmente. Nell’Islam, la vita materiale non è condannata; al contrario, deve essere gestita correttamente, secondo insegnamenti religiosi e morali, per favorire il benessere individuale e la crescita spirituale. La vita terrena è vista come un “terreno di preparazione per la vita nell’aldilà”.

       

      • Etica, morale, fratellanza, onore e dignità umana: questi principi guidano le interazioni sociali e individuali.

       

      • Lotta all’oppressione: un valore cardine è la ferma opposizione all’oppressione. La Costituzione iraniana sancisce l’indipendenza del paese e il dovere di aiutare altri popoli a liberarsi dall’oppressione e dalle ingerenze straniere. Questo è il motivo per cui l’Iran sostiene il popolo palestinese, visto come un popolo oppresso, e ha appoggiato la Siria e l’Iraq contro gruppi terroristici sostenuti dagli oppressori per eccellenza, ovvero gli Stati Uniti e Israele.

       

      • Patriottismo e attaccamento all’identità: attenzione questo valore è positivo solo se la nazione difende la verità e lotta per la giustizia e contro l’oppressione. Al contrario, un nazionalismo come quello israeliano è negativo perché Israele è dalla parte del male. Infatti come può essere definito un regime che sta compiendo un genocidio contro un popolo che non ha possibilità di difendersi? Un regime che uccide donne e bambini, e se ne vanta, che colpisce indiscriminatamente ospedali, scuole e luoghi di culto, e tutto ciò con il sostegno dei suoi alleati.
      Un esempio emblematico di questa lotta contro l’oppressione è l’Imam Hussein, nipote del Profeta, il cui martirio è ancora oggi commemorato dagli sciiti come simbolo di resistenza contro la tirannia. La sua storia insegna che il dovere spirituale deve essere compiuto indipendentemente dal risultato materiale, e che la morte, specialmente il martirio, rafforza il messaggio. Questo principio si è manifestato anche nell’uccisione del generale Soleimani, la cui morte ha rafforzato l’ideologia della rivoluzione.

       

      • Fiducia in se stessi e unità del popolo: la rivoluzione ha infuso nel popolo iraniano la convinzione che un popolo unito possa liberarsi dall’oppressione. In questo modo si crea un “circolo virtuoso”: più si rafforza la fede, più la fede rafforza l’azione, e l’azione a sua volta aumenta la fede. L’aggressione israeliana recente, lungi dal dividere, ha di fatto unito il popolo iraniano, smentendo la propaganda che lo dipinge come frammentato.

       

       

      Il Grande Israele e le ideologie pseudo-religiose

      Il progetto del Grande Israele non si limita ai confini palestinesi, ma è un piano ben più vasto. Non può essere definito un progetto puramente religioso, poiché persino gli ebrei ortodossi contrari allo stato di Israele ritengono che la sua fondazione vada contro gli insegnamenti originali dell’ebraismo. Si tratta piuttosto di un progetto basato su interpretazioni deviate o pseudo-religiose degli insegnamenti ebraici.

      Questa visione distorta è stata abbracciata anche da gruppi di cristiani sionisti negli Stati Uniti, che, basandosi su una lettura errata della Bibbia, credono che sostenere Israele sia un modo per accelerare la seconda venuta di Gesù Cristo. A complicare ulteriormente il quadro, esiste anche un fenomeno di “Islam sionista”, rappresentato dai paesi che hanno aderito ai “Patti di Abramo” (come Bahrain e Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, anche se quest’ultima non ufficialmente). Questi paesi, che peraltro hanno sostenuto gruppi terroristici, sono accomunati da ideologie pseudo-religiose che permettono loro di perseguire i propri interessi in Medio Oriente.

       

      La costruzione del Terzo Tempio a Gerusalemme, che implicherebbe la distruzione della Spianata delle Moschee, è un obiettivo condiviso da ebrei e cristiani sionisti, convinti che ciò possa accelerare la venuta del loro Messia.

       

      Le conseguenze escatologiche di un possibile crollo dell’Iran

      La caduta o un indebolimento critico dell’Iran avrebbe conseguenze profonde non solo a livello geopolitico, ma anche e soprattutto a livello metafisico ed escatologico. Il conflitto in corso è una battaglia del bene contro il male. L’Iran, insieme all’Asse della Resistenza (Hezbollah in Libano, Ansarullah in Yemen), è schierato dalla parte del bene. Lo Yemen in particolare è un esempio di una fede incrollabile: nonostante anni di guerra e bombardamenti, il suo popolo continua a sostenere i palestinesi, definendolo un dovere morale, umano e religioso, senza curarsi delle minacce materiali di Stati Uniti e Israele.
      Nella visione sciita, si arriverà a un conflitto finale tra il bene e il male che porterà alla Parusia, ovvero la venuta del Salvatore, il Mahdi, che tornerà insieme a Gesù Cristo per ristabilire la giustizia nel mondo. Uno degli scopi della Repubblica Islamica dell’Iran è quello di preparare la società a questo evento, rendendola pronta a combattere per la giustizia e a sacrificarsi sulla via della verità.

      Un indebolimento o la caduta dell’Iran avrebbe implicazioni drammatiche. Infatti se la società non è pronta ad accogliere il Salvatore e a combattere al suo fianco, si rischia un ritardo nella Parusia. Il timore è che, in una società impreparata, Gesù Cristo possa essere “crocifisso di nuovo” e l’Imam, guida della società, “ucciso di nuovo”, proprio come avvenne con l’imam Hussein. Inoltre, la caduta dell’Iran significherebbe anche la caduta dell’Asse della Resistenza, privando popoli oppressi come quello palestinese della loro ultima speranza materiale e spirituale. La perdita di speranza porterebbe a una diminuzione della fede, con il rischio di una situazione ingestibile e l’egemonia del male, ben peggiore dello stato attuale, che già vede un genocidio in corso senza che nessuno riesca a fermarlo.

      Questa battaglia tra bene e male non si svolge solo sul piano globale e geopolitico, ma soprattutto all’interno di noi stessi. La vittoria del bene contro il male, la Parusia, non verrà dall’alto, ma quando ciascuno nel suo cuore sarà pronto per questo.

      Pertanto la questione palestinese o il conflitto tra Iran e Israele non sono conflitti locali, ma manifestazioni di una battaglia del bene contro il male che ci riguarda tutti sia da un punto di vista umano ma anche da un punto di vista spirituale ed escatologico.

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