Da oltre due anni si levano ripetute e forti richieste affinché i beni russi immobilizzati in Europa – del valore di circa 245 miliardi di dollari – vengano sequestrati in modo permanente. Tuttavia, tali beni erano stati finora immobilizzati in base alle sanzioni dell’UE che richiedevano un accordo unanime ogni sei mesi.
Ma ora non più. Data la forte resistenza del Belgio all’utilizzo dei 165 miliardi di dollari di beni immobilizzati detenuti presso Euroclear, la Commissione Europea ha attivato una clausola di emergenza del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea per aggirare il principio dell’unanimità in materia di politica sanzionatoria.
Giovedì scorso gli ambasciatori del Consiglio Europeo hanno deciso a maggioranza di congelare a tempo indeterminato i beni russi immobilizzati nelle banche europee. Questa proposta è separata dal prestito specifico all’Ucraina destinato a coprire le esigenze finanziarie del Paese, oggetto di una proposta indipendente.
Ma, in realtà, le due cose sono collegate. Perché la proposta separata per un cosiddetto prestito di riparazione chiarisce che l’Ucraina dovrà rimborsare il prestito solo se riceverà un risarcimento dalla Russia, dopodiché i beni congelati della Russia saranno restituiti.
Tuttavia, è evidente che la Russia non pagherà mai i risarcimenti all’Ucraina proprio perché i suoi beni immobilizzati, che potrebbero essere utilizzati per i risarcimenti all’Ucraina, sono già stati espropriati ed è improbabile che vengano restituiti.
La misura proposta dall’UE utilizza come base giuridica la necessità di coprire i rischi economici per l’UE derivanti dalla guerra in corso. Tuttavia, l’Economist ha sottolineato che si tratta di un esempio di logica giuridica “discutibile”. Ma c’è di peggio: in realtà non è vero. Il denaro non è destinato a sostenere le economie europee, poiché rappresenta solo l’1% del PIL europeo. Sarà utilizzato per sostenere un prestito di riparazione che non è destinato alle riparazioni, ma piuttosto a pagare il bilancio gonfiato dell’Ucraina.
Ciò include 106 miliardi di dollari per coprire il deficit di bilancio dell’Ucraina nei prossimi due anni e 50 miliardi di dollari per cancellare il contributo dell’UE al prestito straordinario di accelerazione delle entrate del G7 (Extraordinary Revenue Acceleration loan) concordato nel giugno 2024. Il resto sarà investito nell’industria della difesa ucraina.
Quindi, tutto il denaro della Russia sarà effettivamente dato all’Ucraina, anche se sotto forma di prestito garantito dalle banche europee che detengono attività russe. In questa fantasia, i beni della Russia esisterebbero ancora, semplicemente perchè le banche dell’UE hanno prestato il loro valore equivalente all’Ucraina.
Il problema che Ursula von der Leyen sta cercando di evitare, come ho già sottolineato in precedenza, è la restituzione alla Russia dei propri beni dopo un eventuale accordo di pace che porti alla revoca delle sanzioni contro la Russia. In breve, la pace aumenterebbe il rischio che le garanzie del prestito possano essere restituite alla Russia, il che significa che l’Europa dovrebbe pagare per esse, dato che l’Ucraina non avrà i mezzi per rimborsare il prestito.
Tanto per essere chiari: il precedente prestito straordinario del G7 per l’accelerazione delle entrate concesso all’Ucraina nel 2024 aveva una scadenza massima di 45 anni. L’Europa intende davvero mantenere immobilizzati i beni della Russia per tutto questo tempo?
Il piano di pace iniziale in 28 punti del presidente Trump suggeriva che le attività immobilizzate della Russia avrebbero dovuto essere suddivise in tre parti: 100 miliardi di dollari investiti in Ucraina da aziende statunitensi, 100 miliardi di dollari supervisionati dall’Europa e il resto co-investito in Russia dagli Stati Uniti e dalla Russia. Su questa base, e supponendo che la Russia fosse stata d’accordo, tutti i fondi immobilizzati della Russia sarebbero stati utilizzati per autentici sforzi di ricostruzione, sia all’interno dell’Ucraina che nelle zone occupate dalla Russia. Il presidente Zelensky ha parlato questa settimana della possibile creazione di una zona economica speciale nelle regioni contese dell’oblast di Donetsk, che verrebbe smilitarizzato.
Come avevo sottolineato un anno fa, la Russia potrebbe essere disposta a rinunciare ai propri beni in cambio di una qualche forma di riconoscimento de facto del territorio, che è sostanzialmente ciò che aveva proposto l’amministrazione Trump. Il valore delle riserve sovrane ancora sotto il controllo russo – pari a 425 miliardi di dollari – supera ora di gran lunga la somma attualmente congelata in Europa e in altre giurisdizioni, compresi gli Stati Uniti. Quindi la Russia potrebbe essere disposta a rinunciare ad alcuni beni come parte di un quid pro quo per il territorio. Ed è chiaro che l’Europa non ha assolutamente alcuna intenzione di restituire il denaro, quindi perché non concludere un accordo che funzioni al meglio per la Russia?
Ma ciò che gli europei vogliono è la botte piena e la moglie ubriaca. Far sì che la Russia paghi le spese fiscali quotidiane dell’Ucraina associate alla guerra e alla ricostruzione del suo complesso industriale di difesa, anche dopo la fine del conflitto. E far sì che la Russia paghi per la ricostruzione postbellica dell’Ucraina. Questo è chiaramente delirante.
Perché, come ho già sottolineato, alla cessazione dei combattimenti l’Ucraina avrà comunque un enorme buco fiscale da colmare. Quindi, se il piano effettivo è quello di utilizzare i beni immobilizzati della Russia come garanzia per le spese quotidiane, dove si troverà il capitale per finanziare i risarcimenti? In breve, non sarà più disponibile.
No, non preoccupatevi, ci assicurano i funzionari della Commissione Europea, la Russia riavrà i suoi beni dopo che avrà pagato i risarcimenti all’Ucraina. Ma chi decide quanto dovrà pagare la Russia? Alla fine del 2024, l’ONU aveva stimato che il fabbisogno totale dell’Ucraina per la ricostruzione e il recupero ammontava a 524 miliardi di dollari.
La Russia, semplicemente, non accetterà di pagare una somma del genere, anche perché, se lo facesse, scoprirebbe che i suoi beni immobilizzati non sarebbero più disponibili, essendo stati spesi per il bilancio dell’Ucraina. E, in ogni caso, perché la Russia dovrebbe accettare di pagare dei risarcimenti stabiliti dall’Europa dall’alto, mentre gli americani hanno un piano più credibile per utilizzare i beni immobilizzati?
Il presidente Trump sta spingendo il presidente ucraino e i leader europei, che oppongono resistenza, verso un accordo di pace che non vogliono firmare. Zelensky resiste all’accordo perché potrebbe porre fine al suo mandato. Nel caso della Von der Leyen, ciò significherebbe dover comunicare agli Stati membri quanto dovrebbero sborsare per finanziare l’Ucraina. Oltre ad essere logicamente confusa e mal concepita, l’idea del sequestro dei beni comporta anche il rischio aggiuntivo di impedire un qualsiasi cessate il fuoco.
Nonostante ciò, Trump appare determinato a voler imporre un accordo di pace e, con Zelensky probabilmente rinunciatario sull’adesione alla NATO, sembra che ci stiamo fortunatamente avvicinando a piccoli passi alla fine di questa guerra inutile.
Quando ciò accadrà, qualcuno dovrà comunque coprire il bilancio dell’Ucraina. La Russia farà giustamente notare che l’Europa ha espropriato il suo denaro nella più grande rapina bancaria della storia. E probabilmente seppellirà Bruxelles sotto una valanga di contenziosi che costringeranno gli investitori dei Paesi in via di sviluppo a riflettere a lungo e attentamente sull’opportunità di mantenere il loro denaro in Europa.




