La nostra Italia è in vendita, a poco. L’orgoglio è sepolto in un tempo in cui, inconsapevole, ci faceva faro culturale per tutta europa e oltre. Non si invocava alcun orgoglio, allora, ma lo si realizzava giorno per giorno. Oggi, travolti dalle guerre e reduci delle nostre paure, non sappiamo pretendere nemmeno la degna sepoltura delle spoglie di un paese che conserva, sotto il fango, l’origine antica dell’occidente, quando ancora era centro, con tutti i suoi indicibili peccati.
Oggi si dorme, si curano i figli pronti per l’erasmus, e gli altri zitti perché di quel turismo ci si campa finché non crolla tutto e vaffanculo al secchio.
A questi non importa che si ricavarono fiori dalla pietra,
nè delle tarsìe che li legarono per sempre perfettamente ad altra pietra,
levandogli vita e dando loro eterna gloria.
A chi importano le ombre che al tramonto incorniciano i cammei?
Cieli stellati che da lontano si fondono in un grigio freddo
e fanno risaltare ritratti defunti e consacrati, sacrificati,
nelle scene del campanile.
A questi, storti ubriachi di morto futuro, non importa,
passano, e non sono mai stati. La forma vanificata nei selfie, inesistenti,
passi violenti sotto cosce volgari e volgari passi che disturbano i pavimenti.
Passano e non sono mai stati,
la loro assenza tracima e soffoca.
I ricami incorniciano il disprezzo,
e le tessere d’oro chiudono i timpani alle sciatte urla della mezzanotte di festa,
perché nulla c’é da festeggiare.
I gesti si dissolvono nel liquido, dentro bicchieri dozzinali,
e l’infelice restauro ha dato un giallo sporco di errore alla porta per la cupola,
questo non li rattrista, sotto l’annunciazione son assorbiti, sopiti.
Gioissero almeno dell’ elegante spiraglio lasciato da Giotto,
entro il quale si anticipa il lato destro del duomo.
Un sospiro inquinato per il vetro che spolvera inesorabile la sua materia,
mentre il tedesco disperde ciò che nemmeno il tempo ha potuto scalfire.
Sulle vetrine è ologramma il battistero,
ma è immagine che si fa inutile e si dissocia,
si isola in un luogo del pensiero, nella memoria, si isola e si rifiuta di esistere.
Questa piazza che fu luogo di destrieri,
lascia di quel mondo gli anelli e i solchi,
e mentre svuota i suoi rifiuti, ricopre la coperta l’abbaiare di sirene e calmi taxi,
ci sono fari puntati e pattuglie azzurre.




