La storia andrebbe scritta almeno 50 anni dopo il verificarsi dei fatti, quando si suppone che le passioni che hanno dato origine ad essi si siano placate, e andrebbe anche studiata. Per questo motivo ritengo utile e doveroso segnalare come inizia la storia di questa Palestina martoriata, citando da Wikipedia (fonte che presumo al di sopra del sospetto di essere filo-palestinese) la cosiddetta “Dichiarazione Balfour” qui di seguito:
2 novembre 1917
Egregio Lord Rothschild,
è mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell’ebraismo sionista che è stata presentata, e approvata, dal governo.
“Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”.
Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.
Con sinceri saluti
Arthur James Balfour
Dunque un interesse di un’organizzazione privata che voleva crearsi uno stato; con un precedente di questo genere il diritto se ne va a quel paese. Notare che il Rothschild in questione non aveva altro titolo se non la sua appartenenza all’organizzazione sionista (presumibilmente da lui finanziata). Mi sembra molto comodo: sono straricco e voglio avere un mio stato, così me lo compro, ma mica dal popolo che occupa quel territorio, no, lo compro da chi se lo è fatto assegnare in custodia.
Ed è così che nel 1948 comincia la dispersione del popolo palestinese dal proprio territorio, un tempo fiorente provincia dell’impero ottomano, come potete apprezzare in questo breve video.
Forse la signora che è nostro Primo Ministro avrebbe dovuto documentarsi maggiormente, prima di schierarsi, ma forse:
“Che fa il nesci, Eccellenza? o non l’ha letto?
Ah, intendo; il suo cervel, Dio lo riposi,
in tutt’altre faccende affaccendato,
a questa roba è morto e sotterrato.”
CptHook
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L’ITALIA TRADISCE LA PALESTINA E LA PROPRIA TRADIZIONE FILO-ARABA
southfront.press
“Le immagini che abbiamo visto mostrano qualcosa di più di una semplice guerra, mostrano il desiderio di cancellare gli ebrei da questa regione ed è un atto di antisemitismo. E noi dobbiamo combatterlo, oggi come ieri. Difendiamo il diritto di Israele di esistere, di difendere la sicurezza dei suoi cittadini. Siamo assolutamente consapevoli che si tratta di un atto di terrorismo che deve essere combattuto. Pensiamo e crediamo che siate in grado di farlo nel modo migliore, perché siamo diversi da quei terroristi. Dobbiamo sconfiggere questa barbarie: è una battaglia tra le forze della civiltà e mostri barbari che hanno ucciso, mutilato, stuprato, decapitato, bruciato persone innocenti. È una prova, una prova di civiltà. E noi la vinceremo”.
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non perde occasione per dimostrarsi la più atlantista tra gli atlantisti. In missione a Tel Aviv per incontrare il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, la Presidente del Consiglio italiana ha recitato più o meno lo stesso copione già recitato quando incontrò Zelensky all’epoca della SMO russa in territorio ucraino. È un modello che funziona molto bene per il mainstream italiano.
Certo, poi, partecipando alla Conferenza del Cairo – il cui risultato è stato uno zero assoluto – ha dovuto cambiare tono e registro, invitando Israele a non cercare “vendetta”. Ma l’effetto cane da guardia era già arrivato sulle prime pagine di tutti i giornali. Nemmeno una parola sui quasi cinquemila palestinesi uccisi dal fuoco dell’IDF. Per il governo italiano, quelli sono solo danni collaterali.
La politica estera italiana si riduce a una finta esibizione di globalismo filo-Washington, senza alcuna attenzione per la storia italiana e la sua lunga tradizione filo-araba e filo-palestinese. Perché l’Italia non è stata così. Negli ultimi sessant’anni, le relazioni politiche tra Italia e Palestina sono cambiate, parallelamente a cambiamenti più profondi nella politica italiana e palestinese. Per decenni, l’Italia è stata considerata il Paese dell’Europa occidentale più favorevole ai palestinesi.
Tutto è cambiato all’inizio degli anni Novanta. L’ennesimo cadeau della fine della guerra fredda. Il sostegno politico italiano ai palestinesi ha subito un graduale ma costante cambiamento. L’Italia, infatti, è oggi uno dei più stretti “amici” europei di Israele. Due sono i fattori principali alla base di questo riposizionamento politico. Uno è la trasformazione politica e sociale dell’Italia – il lungo processo di “integrazione” culturale, economica e politica nelle politiche neoliberali globalizzate, strettamente legate all’agenda neo-imperialista – che ha portato a una drastica revisione degli affari esteri italiani.
Dopo la fine della seconda Guerra mondiale, l’Italia ha prestato grande attenzione al mondo arabo. Il governo ha cercato di avere un ruolo attivo nella regione, ben consapevole della necessità di stabilire relazioni forti e durature, sfruttando la sua posizione favorevole di “ponte” tra il Medio Oriente e l’Europa. L’Italia ha storicamente cercato di trarre vantaggio dalla sua vicinanza geografica alla regione per stabilire una presenza economica nell’area mediterranea. Ciò è stato evidente nei tentativi di espansione coloniale diretta. In effetti, anche se la politica estera italiana è stata decisamente limitata nel mezzo della crescente polarizzazione tra gli Stati Uniti e la sfera sovietica negli anni ’50, i suoi interessi nel Mediterraneo sono rimasti.
Mentre negli anni Cinquanta e Sessanta ci furono solo timidi tentativi di giocare un ruolo attivo nella questione arabo-israeliana, negli anni Settanta l’Italia deviò verso una posizione più decisamente filo-palestinese. Sotto la guida dell’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro, l’Italia promosse diverse iniziative a favore della causa palestinese. Ad esempio, insieme alla Francia, sostenne la partecipazione di Arafat all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1974. Anche il governo italiano dell’epoca espresse solidarietà per il dramma palestinese, non solo con dichiarazioni e comunicati, ma anche al punto da consentire la presenza ufficiale dell’OLP in Italia nel 1974.
La diplomazia nazionale mirava a garantire che la tensione tra i militanti palestinesi e l’intelligence israeliana non si acuisse in Italia. Con un patto segreto, noto come “Lodo Moro”, l’Italia assicurava ad alcuni gruppi palestinesi la libertà di coordinare e organizzare le loro attività sul territorio italiano in cambio della garanzia che le azioni non si sarebbero poi svolte in Italia. Tuttavia, nel corso degli anni sono emerse molte ricostruzioni secondo le quali sembra che la stessa politica del “far finta di non vedere” fosse rivolta al Mossad.
Sappiamo cosa è successo ai politici italiani che hanno sostenuto la causa araba e palestinese. Aldo Moro (1978) fu rapito dalle Brigate Rosse e ucciso in circostanze non ancora del tutto chiarite. Bettino Craxi fu travolto dall’ondata moralizzatrice di Tangentopoli, lo scandalo che cancellò l’intera classe politica italiana in coincidenza con la fine della Guerra Fredda, e morì esule in Tunisia. Ora la politica estera italiana non è altro che una dipendenza di Washington.