Roma, tra novembre 1979 e febbraio 1983. Remo Guerra, un ragazzo di borgata, è un poliziotto spesso punito dai suoi superiori che di notte diventa il leader riconosciuto di una banda di rapinatori, che aggredisce per strada persone benestanti derubandoli di soldi e gioielli o svaligia i loro appartamenti nei quartieri bene della capitale. Con lui ci sono Maurizio, amante della vita lussuosa e delle belle donne, e Roberto che Remo aiuterà a raggiungere il sogno della sua vita, quello di comprarsi un bar. I suoi complici sono inaffidabili. Vanno via e tornano quando hanno bisogno di soldi.
Così Remo deve far entrare nella sua banda Marco Lorusso, detto “il Rozzo”, di cui non condivide i metodi violenti ma che gli garantisce comunque una certa affidabilità. I colpi messi a segno dalla ‘banda delle ville’, tra le cui vittime ci sono ricchi borghesi, vip e politici corrotti, attirano l’attenzione della stampa. Remo è sempre più tormentato e desidera una vita normale accanto a una donna a cui però non può rivelare la sua identità. In più, capisce che la fine è vicina e non può sottrarsi al suo destino.
Nell’inquadratura finale Remo spara in macchina. Non si tratta solo di una citazione di The Great Train Robbery (1903) di Edwin S. Porter, che già si vede nella tv di un’abitazione di lusso rapinata, ma proprio di un rapporto viscerale con il cinema gangster, che richiama direttamente quello di Martin Scorsese.
L’odore della notte, liberamente tratto da “Le notti di Arancia Meccanica” di Dido Sacchettoni (Einaudi, 1986) e secondo lungometraggio diretto da Claudio Caligari a quindici anni da Amore tossico, richiama direttamente quella nostalgia cinefila, l’illusione di grandezza, la violenza impetuosa, il romanzo criminale di Quei bravi ragazzi ma filtrato anche attraverso la tradizione italiana dei poliziotteschi anni Settanta tra Fernando Di Leo e Umberto Lenzi. Nelle immagini di Remo, Maurizio e Roberto mentre si trovano dentro l’auto prima della rapina, non ci sono solo le loro storie personali, accennate solo come frammenti fugaci dal passato di poliziotto del protagonista alla scena del matrimonio, ma prima di tutto i loro volti.
Non sembra un film che è stato realizzato alla fine degli anni ’90 e che, in un certo modo, rappresenta un’escursione totalmente inclassificabile nel panorama di genere italiano proprio come L’ultimo Capodanno di Marco Risi, produttore del film con Maurizio Tedesco, entrambi segnati dai colori sporchi con squarci di tenebra della fotografia di Maurizio Calvesi e realizzati nello stesso anno. L’odore della notte ancora oggi è un film a cui è impossibile dare una collocazione temporale, proprio come tutto il cinema di Claudio Caligari.
L’ambientazione tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta è caratterizzata anche dalla presenza di una colonna sonora (da “Ma il cielo è sempre più blu” e “Aida” di Rino Gaetano a “(Shake Skake Shake) Shake Your Booty” dei KC and the Sunshine Band a “On Broadway” nella versione jazz pop di George Benson del 1978) che già trascina con forza dentro quel periodo, tra discoteche, rapine in strada o in lussuosi appartamenti dove resta celebre il momento cult in cui Maurizio, interpretato da Marco Giallini, costringe Little Tony a cantare “Cuore matto” facendogli la base musicale.