Un gruppo di donne incinte si ritrovano all’aria aperta (anche quando piove) insieme a Teresa De Pascale, ostetrica settantenne e fondatrice di Terra Prena, “un’associazione che favorisce l’incontro e lo scambio di esperienze durante il periodo della gravidanza e dopo il parto”. Il gruppo è disomogeneo per età, provenienza, ceto sociale, ma unito dall’unicità del periodo di gestazione, e spesso dalla preoccupazione per il parto a venire, che per molte è il primo. Teresa le guida, le consiglia, talvolta le abbraccia con slancio materno, e le accompagna nel lungo viaggio per diventare madri, anche dopo che il loro bambino è nato, perché “C’è sempre un’ambivalenza durante la gravidanza”, dice De Pascale, sdoganando la sensazione che ogni puerpera ha provato quando una parte di sé si è detta con sgomento: “Non potrò più tornare indietro”.
Tempo d’attesa è più di un documentario: è un viatico verso una maternità consapevole, fuori dai tempi affrettati che la società e la professione medica spesso impongono, ed è la testimonianza del clima di fiducia che si può creare fra donne anche molto diverse fra loro, così come nei confronti di una figura femminile con maggiore esperienza e un grande cuore.
La regista Claudia Brignone si è resa invisibile allo spettatore, e in una certa misura evidentemente anche alle protagoniste del suo film, che ha ringraziato nei titoli di coda per la loro disponibilità e, di nuovo, la loro fiducia. È stato un affidarsi reciproco di tutte, in scena e fuori scena, nel tentativo di rompere quell’isolamento e quel silenzio che circonda molto spesso le donne in attesa, e le puerpere che hanno appena partorito.
Si parla di tutto in questo documentario prezioso, compresa la sessualità che può cambiare inaspettatamente per le donne e per le coppie poiché “il parto è un atto fortemente sessuale”, si mostra il travaglio in casa e in acqua, perché “la donna è in grado di partorire autonomamente”, nella piena consapevolezza che ci sono però circostanze in cui bisogna chiedere aiuto in tempo e senza esitazioni. Si parla della fase dell’accettazione dopo il parto, di quel periodo di riconoscimento che talvolta viene negato, del personaggio che ognuna si è creata e che forse la maternità sconvolgerà, avvicinando talvolta le neomamme alla loro identità più profonda.
Le protagoniste si emozionano, si commuovono, si arrabbiano, rivelano segreti mai svelati prima, nemmeno a se stesse, fanno esercizi insieme e domande che non osavano porre a nessuno, confidando timori e speranze senza censurarsi. Anche i loro compagni si uniscono alla conversazione, rivelando paure e sensi di inadeguatezza. “Tu ce la fai a partorire”, ripete Teresa De Pascale con la sua bella faccia rassicurante, rendendosi sempre reperibile. “Spingi solo quando ne avrai voglia”, consiglia, sottolineando l’importanza di non farsi imporre il tempo del travaglio da nessun altro che se stesse. Le protagoniste di questo circolo della saggezza pre e post natale assecondano le parole, il ritmo, i gesti della loro guida che è tutto meno che un guru o un’ideologa della maternità, ma conosce e ama il suo ruolo di ostetrica.