Lo stato di emergenza permanente in cui ormai viviamo come se fosse la normalità produce effetti subdoli specialmente nei casi in cui l’emergenza non è dichiarata. Si tratta di uno degli effetti – evidentemente auspicati dal dispositivo di soggiogamento – derivanti dall’assuefazione dei cittadini a ogni ipotesi, affermazione, monito, decreto o legge scaturito da chi li governa.
Ci siamo resi conto in questi due anni che anche la presunta dissidenza di numerosi individui, movimenti, partiti o gruppi si è trasformata essa stessa in una inefficace “dissidenza emergenziale”, di fatto funzionale al dispositivo stesso, e incapace di cogliere la gravità sistemica di ciò che sta accadendo. I gruppi dissidenti e i loro guru si sono per lo più comportati in questi due anni come si comporterebbe un automobilista che, per porre rimedio alla luce arancione della spia del cruscotto che gli segnala lo stato di riserva di carburante, si recasse da un elettrauto per togliere il fastidioso problema, invece di ragionare sulla sua causa sistemica e andare per conseguenza a rifornirsi di carburante.
Un dissenso da pronto soccorso che si è dimostrato – tra sporadiche iniziative legali, formazione di partitini illusi di sconfiggere il male alle elezioni, convegni universitari e non, infruttuosi ed autoreferenziali – del tutto piegato a quella strategia dello stato di emergenza ormai evidentemente entrata nelle percezioni quotidiane dei cittadini come nuova normalità. Lo dimostra il silenzio inquietante di stampa, “intellettuali”, opinionisti rispetto alle deliranti richieste di dimissioni avanzate dalle sinistre dopo le dichiarazioni, del tutto neutre e anzi incredibilmente ispirate al buon senso – e per di più coerenti con le recenti ammissioni di Pfizer sulla mancata sperimentazione del vaccino in termini di arginamento della diffusione del Covid – del sottosegretario alla Salute, che ha semplicemente detto – traducendo di fatto le dichiarazioni della stessa Pfizer – “non abbiamo prove che senza il vaccino sarebbe andata peggio”. La situazione è paradossale, distopica, surreale.
Per arginare dunque la tentazione di cercare facili accomodamenti, di promuovere la pacificazione nazionale post-emergenziale, di trasformare l’intero affaire Covid nell’italico “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”, il comitato organizzatore del “Referendum NO Green Pass” si è ricostituito per procedere alla creazione di un Gran Giurì incaricato di raccogliere ed esaminare, in via preliminare e pubblicamente, le prove che i cittadini vorranno sottoporre per dimostrare i danni psico-fisici sofferti a causa delle misure di gestione del Covid.
Se le prove saranno ritenute sufficienti, il Gran Giurì deferirà i presunti responsabili alla Corte penale internazionale o a quei tribunali nazionali che, in base al principio di universalità della giurisdizione penale, vorranno giudicare quanti abbiano ideato o avallato l’imposizione di lockdown esiziali, la persecuzione mirata di categorie professionali, la soppressione selettiva di diritti e libertà fondamentali, la somministrazione coatta di un farmaco sperimentale dagli effetti incerti e insicuri – che taluni ancora oggi si ostinano a definire “vaccino” – l’introduzione di un abietto strumento di controllo sociale denominato “Green Pass”, vero obiettivo delle politiche di stampo totalitario sdoganate dal Covid.
Valuteremo ove necessario la possibilità di costituire un nuovo organo giudicante internazionale, terzo ed imparziale, ove quelli attualmente operanti continueranno a mostrarsi sordi alle istanze di giustizia della popolazione mondiale.
Indipendentemente dalla tendenza, tutta italiana, a stendere un velo sul passato, a creare ampollose commissioni parlamentari d’inchiesta (che in questo caso ricorderebbero da vicino le cosiddette commissioni di verità e riconciliazione note all’esperienza tragica di altri Paesi), ad adottare eventuali leggi di amnistia destinate a rafforzare l’indegno scudo penale che già protegge i “vaccinatori”, è infatti auspicabile che altri Paesi vogliano perseguire, nell’interesse dell’intera Comunità internazionale, comportamenti che, con ogni probabilità, costituiscono violazioni gravi ed efferate dei diritti fondamentali dell’uomo e integrano gli estremi dei crimini contro l’umanità.
Avendo riconosciuto in ciò che chiamiamo biopandemismo una situazione permanente e tendenzialmente strutturale di emergenza, intesa come pretesto per l’introduzione di forme di controllo di massa da parte di quegli apparati di governo all’ombra dei quali si muovono corporazioni finanziarie multinazionali, il Gran Giurì non è concepito soltanto come un organismo a cui faranno capo azioni specifiche da svolgere nelle sedi più appropriate, ma innanzitutto come luogo da cui esprimere valutazioni di ordine etico e giuridico in una prospettiva più ampia di tipo storico.