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      • ATTENTATO A MOSCA: CUI PRODEST?

      ATTENTATO A MOSCA: CUI PRODEST?

      L’attentato di venerdì 22 marzo a Mosca segna un nuovo picco nell’escalation della “terza guerra mondiale a pezzi” che ormai, a ben vedere, si sta trasformando in un puzzle, di cui si inizia a intravedere l’immagine finale.

      Dopo gli attacchi con droni sul Cremlino e su alcuni grattacieli del centro finanziario di Mosca, questo attentato porta ancora più distruzione nella capitale russa e sposta maggiormente gli effetti della guerra verso il territorio russo, come se gli attacchi a Belgorod, Rostov e alla Crimea non fossero già stati abbastanza significativi.

      Diversamente dagli attacchi precedenti, rivendicati o riconducibili chiaramente all’azione ucraina, su questo ultimo avvenimento non vi sono certezze sulla paternità.

      A pochi minuti dall’avvenimento, tutte le agenzie di stampa hanno battuto in rapida successione due notizie che spostano l’attenzione dall’Ucraina all’ISIS: la prima, a pochi minuti dall’attentato da parte del portavoce della Casa Bianca John Kirby, afferma che i servizi segreti americani escludono il coinvolgimemto di Kiev e la seconda è la rivendicazione dell’eccidio, via web, da parte di una delle varie sigle che compongono il mosaico dell’estremismo islamico fondamentalista, l’ISIS-K dove K sta per Khorasan, un’area che corrisponde alla parte nordorientale dell’Iran, e che storicamente ha incluso anche parte dell’Afghanistan, del Tagikistan edel’Uzbekistan.

      il 7 Marzo, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna avevano già avvisato i propri cittadini presenti in Russia circa la possibilità di attentati che avrebbero potuto colpire teatri o luoghi di grande assembramento e agli occhi dei russi questo precedente, insieme alle sin troppo tempestive dichiarazioni americane, fa sorgere dei dubbi sulla genuinità della rivendicazione.

      Intanto, le indagini dei servizi segreti russi, l’FSB, non sono ancora terminate, anche se pare che tutti gli attentatori ed i loro fiancheggiatori siano già stati arrestati, alcuni di loro mentre si avviavano a varcare il confine con l’Ucraina. L’ex vice presidente russo Medvedev si è espresso senza mezzi termini affermando che se fosse confermata la pista ucraina, ciò porterebbe all’eliminazione fisica di Zelenskiy e del suo governo.

      Gli Ucraini si sono affrettati a smentire qualsiasi coinvolgimento rilanciando, invece, l’ipotesi che si tratti di un “auto-attentato” che i russi avrebbero perpetrato sui propri setssi cittadini per avere il pretesto per colpire ancora più duramente il territorio ucraino. Sebbene questi tempi ci abbiano abituato a dover includere anche l’impensabile nel novero delle possibilità, è necessario sottolineare che una simile eventualità si scontrerebbe con le critiche sull’efficacia dei servizi di sicurezza russi nell’impedire un attentato di tale entità, e di riflesso sul governo e sullo stesso presidente russo.

      E’ ancora presto per avere certezze sull’avvenimento e le domande si affollano: perchè l’ISIS? Perchè proprio ora? Perchè i russi dovrebbero escludere la responsabilità ucraina o un coinvolgimento occidentale sotto mentite spoglie?

      La Russia era rimasta relativamente indenne dall’ondata di attentati di matrice fondamentalista che hanno colpito l’Europa (e anche l’India) a partire dal 2003 in poi, se si esclude un attentato nel 2016. La rivendicazione da parte dell’ISIS è giunta quindi come una sorpresa, considerando che la motivazione data dal gruppo wahhabita è la volontà di colpire Putin per il suo contrasto al fondamentalismo islamico.

      L’intervento russo in Siria, proprio per combattere Daesh, ha permesso al governo di Bashar al-Assad di restare in sella, non solo resistendo agli attacchi dello Stato Islamico, ma addirittura sconfiggendolo anche se non totalmente, spingendolo al confine più orientale del paese arabo, a contatto con l’Iraq.
      Sinora la branca dell’ISIS che fa capo al Khorasan, e attiva in Afghanistan, aveva puntato la sua attenzione maggiormente sull’Iran, con diversi attentati, non ultimo quello avvenuto in occasione dell’anniversario della morte del generale Suleymani a Kerman, che ha fatto oltre 80 morti nel gennaio del 2024. Nel 2021 era stato il turno degli americani a subire la rabbia salafita, con un attentato all’aeroporto di Kabul, in occasione del loro frettoloso ritiro dall’Afghanistan.

      La politica estera russa sta dedicando particolare attenzione ai paesi islamici, consolidando una tradizione che data al periodo sovietico, e che ora vede Iran, Arabia Saudita, Egitto, Algeria, EAU e in parte anche il Pakistan, come partner privilegiati di Mosca, con i primi quattro anche membri del gruppo BRICS allargato.

      Non dobbiamo dimenticare poi l’appoggio che Mosca sta manifestando verso la causa palestinese, tanto da aver organizzato un incontro con i leader di Hamas e Fatah per discutere sulla guerra a Gaza e sostenendo attivamente la soluzione a due Stati, per giungere ad una pace duratura in Palestina.

      Se i russi volessero quindi seguire la “pista islamista“, potrebbero rivolgere la loro forza verso ciò che resta dell’ISIS in Siria, liberando completamente quella nazione e attestandosi sempre di più nell’area, affiancando e sostituendo la presenza americana in Medioriente. Ciò darebbe forza non solo alla Siria, ma anche all’Iran e in parte anche ad Hezbollah in Libano e forse anche ad Hamas in Palestina. L’ISIS, se ciò si dovesse verificare, vedrebbe ritorcesrsi su di se come un boomerang la propria azione, con un evidente errore di calcolo.

      Se invece, come pare dalle prime dichiarazioni di Putin sull’attentato, fosse privilegiata la matrice ucraina, la “vendetta” russa su quel paese potrebbe essere massiccia e terribile,
      in un momento in cui l’esercito ucraino è già in difficoltà sul terreno, sia in termini di mezzi che di uomini e potrebbe accellerarne il crollo.

      Una offensiva su larga scala in Ucraina potrebbe prevenire anche un eventuale coinvolgimento di truppe europee nel conflitto a sostegno dell’esausto esercito ucraino impedendone il crollo. L’avanzata russa, a partire dalla presa di Avdyvka in poi si è fatta sempre più travolgente, spingendo indietro l’AFU di decine di kilometri con l’eventualità di trovarsi a dover lasciare completamente la sponda est del Dniepr sotto la spinta russa.

      L’attivismo di Macron, con la sua minaccia di inviare truppe francesi in Ucraina e il recente accordo franco-tedesco-polacco sull’invio di armi a Kiev sono probabilmente causate da questi successi militari russi che rischiano di far crollare la resistenza ucraina in maniera repentina e con essa la reputazione sia della NATO che dei leader europei.

      L’attuale momento è però critico e le condizioni non ancora ottimali per una piena offensiva russa: il terreno non si è ancora asciugato dopo lo scioglimento delle nevi invernali (creando la famosa Rasputitza, il fango melmoso in cui i mezzi militari restano impantanati) e le piogge primaverili stanno arrivando. Dal punto di vista politico, poi, la Russia si trova nel transitorio tra un governo decaduto a seguito delle recenti elezioni e quello che nascerà a seguito di esse, quindi non certo il momento migliore per impostare una reazione immediata.

      Se però l’Operazione Militare Speciale dovesse tramutarsi in una vera e propria guerra all’Ucraina, con l’aggiunta di una mobilitazione (almeno parziale) in Russia, ciò porterebbe ad un “congelamento”

      Il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, poche ore prima dell’attentato al Crocus Centeraveva affermato:

      “Siamo in uno stato di guerra. Sì, è iniziata come un’operazione militare speciale, ma non appena si è formato questo gruppo, quando l’Occidente collettivo ha preso parte a questa operazione a fianco dell’Ucraina, per noi è diventata una guerra”

      precisando che le azioni della Russia in Ucraina sono ancora legalmente qualificate in patria come “un’operazione militare speciale” piuttosto che come una guerra, ma nella lingua formale e attenta ai dettagli che è propria della diplomazia, ciò segnala un netto cambio di prospettiva da parte del Cremlino, a maggior ragione se l’Ucraina dovesse essere definita come uno “Stato sponsor del terrorismo”.

      Questa nuova postura, associata a quanto avvenuto a Mosca due giorni fa crea i presupposti per una accelerazione delle sorti del conflitto in Ucraina, sempre che Mosca non decida di colpire i mandanti della strage in maniera asimmetrica e imprevedibile.
      Il Presidente russo, in un passaggio del suo discorso alla nazione di ieri, 23 Marzo, ha infatti affermato che

      “Tutti gli autori, gli organizzatori e coloro che hanno ordinato questo crimine saranno giustamente e inevitabilmente puniti. Chiunque siano, chiunque li guidi.Identificheremo e puniremo tutti coloro che stanno dietro i terroristi, che hanno preparato questa atrocità, questo attacco contro la Russia, contro il nostro popolo.”

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