Il terrore della lobby neoglobal
La prospettiva della vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali USA di novembre si sta trasformando in un terrore malcelato e strisciante, e sempre più condiviso, nelle elites governative neoglobal europee: dalla Commissione UE a molti Governi europei, da diversi circoli specie militar-industriali alle lobbies che controllano i mass media, tv e stampa in particolare.
La strategia politica e mediatica neoglobal, mirata a ignorare o sottovalutare l’estrema gravità per l’essenza stessa della democrazia americana dell’ignobile persecuzione, attraverso 91 capi d’imputazione, di Donald Trump, non sembra più sufficiente o adeguata (1).
L’ultima condanna per 350 milioni – per una frode che nella “concezione giuridica” di un giudice monocratico newyorkese simpatizzante e contribuente del Partito Democratico esisterebbe anche in assenza di un frodato – è d’altronde assolutamente imbarazzante, ridicolmente persecutoria. Negli USA si stanno toccando livelli da Bananas Republic – cose mai viste almeno dal 1945 – ed è quindi sempre più difficile glissare en passant.
I termini dello scontro interno stanno diventando altissimi. Sembra che la strategia neoglobal sia ottenere una qualunque condanna penale di Donald Trump per poi, in caso di una sua vittoria nelle elezioni presidenziali, sollevare il problema della costituzionalità dell’assunzione o dell’esercizio della funzione presidenziale in presenza di una condanna penale. Un simile scontro frontale tra Partito Democratico e Partito Repubblicano, inoltre suscettibile di estendersi ad un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato Federale, sarebbe politicamente molto pericoloso, e ampiamente suscettibile di diventare eversivo e violento.
In sintesi, è difficile continuare a nascondere la preoccupazione per gli scenari che si profilano negli USA; ma ancor più difficile è continuare a glissare en passant sul vero e proprio terrore per gli scenari che una vittoria di Donald Trump dischiuderebbe per l’Europa. Vale la pena ripeterlo: è un terrore che ormai serpeggia ovunque, dalla Commissione UE a molti Governi europei, da diversi circoli specie militar-industriali alle lobbies che controllano i mass media, incluso ovviamente nel nostro Paese.
Con la stessa “stone-faced hypocrisy” con la quale si presenta come normale la persecuzione politico-giudiziaria di Donald Trump, si cerca di malcelare il terrore: ma c’è, e sta divampando.
E poiché le vittime del terrore sono – una tantum! – le diverse componenti della lobby neoglobal, la questione si fa molto interessante: “Avranno ben le loro ragioni!”, “Forse, almeno in questo sono nel giusto!”, e “Se qualcuno scappa, dovrà avere delle ottime ragioni per essere inseguito”.
Le ragioni del terrore della lobby neoglobal
Il terrore della lobby neoglobal è pienamente comprensibile e solidamente fondato.
Vale certamente la pena analizzarne i profili principali, sommariamente, alla luce delle ripetute dichiarazioni di Donald Trump sul programma neo isolazionista e antiglobalista della sua probabile Presidenza.
Il primo profilo attiene alla secca imposizione di imposte del 10% sul valore su tutte le importazioni USA, con livelli specifici fino al 60% per diversi settori e prodotti della Cina. Se tale misura sostanzialmente neo protezionista, come sembra certo includesse l’Europa, saremmo costretti alle relative contromisure o rappresaglie, con il conseguente ritorno, a cascata – Cina ovviamente inclusa – a dinamiche protezioniste ed apertamente competitive tra blocchi economici e commerciali, ossia all’antitesi del neo globalismo imperante dagli accordi di Marrakesh del 1994.
A qualcuno, per caso, sembra poco?
Il solco che si scaverebbe tra USA e UE impatterebbe sull’intera relazione bilaterale – e già il consenso su una reazione unitaria e condivisa rappresenterebbe sicuramente un grave problema politico per l’UE.
Il secondo profilo attiene alle ripetute dichiarazioni di Donald Trump in materia di politica internazionale e rapporti con la Russia, e particolarmente sul ruolo giocato dalla NATO, incluso sugli equilibri interni alla NATO. Il neo isolazionismo degli USA di Donald Trump – dopo un intero secolo di interventismo – sembra implicare chiaramente un disengagement degli USA dalla NATO, attraverso l’esponenziale riduzione del finanziamento USA e la correlativa necessità di un altrettanto esponenziale aumento dei finanziamenti e delle spese militar-industriali europee.
I Paesi europei si troverebbero non solo invitati, ma costretti ad aumentare esponenzialmente le spese militar-industriali, ossia ad una scelta politica molto difficile, che implicherebbe necessariamente un dibattito politico molto complicato e delicato sugli obiettivi di medio e lungo termine della NATO. Non a caso la lobby militar-industriale e mediatica europea continua a farfugliare sul pericolo di un attacco della Russia alla NATO, ossia della Terza Guerra Mondiale.
Il terzo profilo è l’immediata cessazione degli aiuti militari all’Ucraina di Zelensky, scelta catalizzante il neo isolazionismo degli USA di Donald Trump.
La falsità e l’ipocrisia con cui l’Europa, e particolarmente la Commissione UE, si è sempre nascosta dietro gli USA sono più che evidenti anche dalla genesi della crisi russo-ucraina.
La crisi che portò alla guerra civile ed al colpo di stato del 2014 fu infatti innescata da una precisa scelta della Commissione UE, al tempo guidata da Josè Manuel Barroso (poi assunto dalla Goldman Sachs): pochi giorni prima della finalizzazione dell’accordo di associazione UE-Ucraina, Barroso improvvisamente precisò che l’accordo sarebbe stato assolutamente incompatibile con l’unione doganale dell’ Ucraina con Russia e Bielorussia.
Il conseguente, esponenziale aumento della bolletta energetica ucraina originato dalla fine delle tariffe preferenziali russe era effettivamente pari o superiore ai pur solidi vantaggi dell’accordo di associazione – in sintesi, tra Scilla e Cariddi – con la conseguente decisione del Presidente Yanukovich di rifiutare l’accordo, e l’immediato inizio della guerra civile ucraina, con il colpo di stato finanziato e sostenuto dagli USA di Obama, la fuga in Russia di Yanukovich e l’inizio delle ostilità armate anti russe nel Donbas, ossia della guerra russo-ucraina.
Non c’è certamente bisogno di avere letto “Il Principe” di Macchiavelli per afferrare che la strategia negoziale decisa e portata avanti dalla Commissione UE, in piena sintonia con la Presidenza Obama, era mirata ad un vero e proprio aut-aut strategico, geopolitico ed economico nei confronti dell’Ucraina: o con l’UE o con la Russia. Una strategia fatta su misura per dividere un Paese storicamente fragile e lacerato internamente, per soffiare sul fuoco e quindi propiziare uno scontro interno tra la maggioritaria componente ucraina e la minoritaria componente russa, pari al 30% della popolazione: quale infatti si è immediatamente scatenato.
Trovate qualcuno, nelle dotte e false disquisizioni di analisti e soloni vari occidentali, che abbia non dico messo in luce, ma almeno citato il ruolo fondamentale giocato dalla Commissione UE nello scatenamento della guerra civile ucraina, e conseguentemente, nel conflitto russo-ucraino? Assolutamente no: al massimo, il dito viene puntato solo sugli USA di Obama, e specialmente sulla coordinatrice del golpe del 2014, Victoria Nuland, peraltro attuale vice di Anthony Blinken nel Dipartimento di Stato USA.
Gettare il sasso e nascondere la mano
Il silenzio sul ruolo decisivo giocato dalla Commissione UE mette in luce inequivocabilmente la falsità e l’ipocrisia della linea europea. L’understatement – se non dichiarato, sempre suggerito – è sempre il solito: la colpa occidentale per la guerra, se c’è, è solo degli USA e dell’accerchiamento della Russia da parte della NATO dominata dagli USA. Lo stesso identico understatement per il quale, se noi Europei armiamo l’Ucraina in una guerra che ha evidentemente già perso, è perché ce lo chiedono gli USA.
La realtà, invece, è che l’ Europa, ed in particolare la Commissione UE, ha pienamente condiviso e partecipato all’ agenda neoglobal dell’espansione imperiale ad Est a diretto discapito della Russia, il nuovo Drang nach Osten.
Ma la manovra di gettare il sasso e nascondere la mano, e quindi di far passare l’UE come sostanzialmente “costretta” dagli USA, a livello di propaganda mediatica è purtroppo riuscita in pieno.
Il castellino di carte delle menzogne europee sta per crollare
Nel momento in cui Trump decidesse di porre fine a qualunque fornitura militare all’ Ucraina, il falso e ipocrita castellino di carte messo su dall’ Europa crollerebbe miseramente.
Qui il terrore della lobby neoglobal europea è palpabile: continuare ad armare l’Ucraina senza il sostegno USA sarebbe molto difficile, ed infatti l’UE – nel silenzio di una opinione pubblica costantemente distratta da campagne mediatiche ossessive, quale quella in corso sulla morte di Navalny – ha già provveduto a cercare di mettere oscenamente il carro davanti ai buoi.
La Commissione UE, a pochi mesi dalla fine del suo mandato, si è infatti impegnata a versare altri 50 miliardi di aiuti all’Ucraina nel prossimo quinquennio. Sembra normale che un Governo, a pochi mesi dalle elezioni, assuma impegni vincolanti per il quinquennio successivo? E non solo, Gran Bretagna, Germania e Francia hanno appena firmato accordi bilaterali di assistenza con l’Ucraina, prontamente seguiti dall’Italia, ex recente annuncio di Tajani. Nell’intervista a Il Giornale del 24 febbraio (2), la Meloni ha ribadito l’intenzione europea di continuare ad armare l’Ucraina, mostrando di avere appreso perfettamente la lezione di Obama e Biden: parlare sempre di pace, mentre si fanno le guerre.
Il segnale è chiarissimo: anche se gli USA di Trump si chiamassero fuori, l’Europa ha intenzione di continuare il Drang nach Osten anti Russia, ossia a finanziare ancora la guerra e dopo, ovviamente, la ricostruzione dell’ Ucraina, che costerebbe diverse centinaia di miliardi, sborsati dal contribuente europeo.
Il vaso di Pandora sta per aprirsi
Peccato che il disengagement degli USA di Trump aprirebbe quesiti quanto mai laceranti. Come continuare ad armare l’Ucraina, senza gli USA e la scusa del “ce lo chiedono gli USA”? E se la guerra russo-ucraina è stata un fallimento totale per l’Europa, come argomentare credibilmente che la responsabilità del fronte occidentale sarebbe stata solo degli USA?
Ma anche la scelta opposta, ossia associarsi obtorto collo alla decisione degli USA di Trump, ed accettare la pace (con la definitiva perdita dei territori occupati dalla Russia) implicherebbe necessariamente una drastica sconfitta della linea guerrafondaia e anti Russia predominante nella Commissione UE e nei principali Governi europei.
E non eviterebbe altri laceranti quesiti: come mai la pace sarebbe stata voluta e decisa dagli USA di Donald Trump, e non invece dall’ Europa? Ma noi Europei, non eravamo i buoni?
Come rispondere credibilmente a tali quesiti? Buona fortuna! E ne seguirebbero diversi altri: per esempio, perché la Polonia continua a non collaborare con le autorità tedesche nelle indagini successive all’attentato al gasdotto North Stream? Come riportato perfino dal Wall Street Journal, lo yacht e l’equipaggio autori dell’attentato sono stati identificati, ma i Polacchi negano perfino le immagini delle telecamere del porto polacco di approdo dopo l’attentato (3).
E perchè continuare a rinunciare al gas russo, quando il costo enorme della bolletta energetica indotta dai costi del gas americano ha portato alla recessione industriale di Germania e Italia?
E soprattutto, come convincere il contribuente europeo a finanziare con centinaia di miliardi la ricostruzione dell’ Ucraina? Anche in Italia, continua sfuggire all’opinione pubblica che tutte le spese dell’UE sono finanziate per quasi il 10% dal contribuente italiano, il terzo dopo quello tedesco e francese……intanto i tempi di attesa per i servizi sanitari pubblici in Italia continuano ad allungarsi, “perché mancano i fondi”…….
L’imminente ceffone delle elezioni in Russia
La temperatura è destinata a salire esponenzialmente tra poco meno di un mese, con le elezioni in Russia. In Russia, infatti, da decenni si vota!! Secondo le aspettative, il partito di Putin prenderà nuovamente oltre il 55-60% dei voti, a conferma dell’immensa popolarità del Presidente. Gli oppositori di Putin da decenni votano o il partito comunista (circa il 15%) o due formazioni ultranazionaliste (insieme, circa il 12%): e tutti e tre accusano Putin di eccessiva arrendevolezza nei confronti dell’Occidente!!! Sarà dura nascondere sia l’enorme popolarità di Putin, sia lo scarsissimo seguito per posizioni apertamente filooccidentali come quelle di Navalny. La menzogna propagandistica dei Russi suppostamente oppressi da una terribile dittatura risulterà sempre più ridicola.
Il fallimento epocale dell’UE
Il neoisolazionismo di Donald Trump creerebbe un solco tra USA e UE senza precedenti dal 1945. L’Europa si troverebbe libera dalla mano pesante del controllo americano, come mai dal 1945.
La scusa del “ce lo chiedono gli USA” non funzionerebbe più – finalmente!!!!
Non a caso, in Europa, l’ambito ove il terrore per la vittoria di Trump è più forte è la Commissione UE. L’estensione territoriale ad Est oltre l’Ucraina, senza il sostegno USA è una prospettiva morta e sepolta. E l’integrazione verticale, ossia il passaggio alle decisioni a maggioranza anche in politica estera, di difesa e fiscale, richiederebbe una decisione unanime di 27 Governi e Parlamenti europei – assolutamente impossibile, stante il dissenso più volte ribadito da circa 5-6 Paesi Membri.
Lo stand by dell’ UE orfana del sostegno USA farebbe emergere sempre più chiaramente la triste realtà: dopo oltre 30 anni dal trattato di Maastricht, oltre 20 anni di Euro e 20 anni esatti dall’accessione dei Paesi dell’Est, l’Europa ha perso circa il 33% della crescita, del reddito e del potere d’acquisto rispetto agli USA: un fallimento gigantesco ed epocale, interamente e direttamente imputabile alle politiche ideologiche volute dal Governo eletto da nessuno della Commissione UE: dai giganteschi sussidi all’Est Europa alla politica energetica green, politiche perpetrate attraverso la subordinazione dei Governi nazionali, costretti ad obbedire all’unico, incontrollato centro di spesa dell’ UE, la Commissione UE.
I neo o post marxisti accusano la Commissione UE di neoliberismo, ma la realtà dei fatti è l’esatto contrario: la Commissione UE – il Governo europeo eletto da nessuno, e pertanto imperiale – è diventata da decenni il centro di politiche economiche ideologiche, interventiste e neokeynesiane, quelle che al tempo stesso ha proibito ai Governi nazionali. I costanti trasferimenti dal 2004 per centinaia di miliardi all’ Est Europa ed il sostegno alle politiche green, sempre per centinaia di miliardi, sono a tutti gli effetti interventi politico-economici dirigisti e neokeynesiani. Lo stesso sostegno alla guerra in Ucraina in termini economici si traduce in una grossa spinta o finanziamento al settore militar-industriale europeo.
Non c’è proprio niente di neoliberista, casomai il contrario, ossia un dirigismo politico-economico che impatta in modo decisivo anche sulla natura e sulla circolazione dei capitali e degli investimenti in Europa, inevitabilmente attratti dalle agevolazioni miliardarie offerte dalla Commissione UE a vantaggio di determinate aree geografiche (l’Est Europa) e di determinati settori economici (la green economy e, recentemente, il settore militar-industriale).
Sarà forse questa la ragione per la quale l’Europa è totalmente estranea alla rivoluzione di internet, telecom e nuovi media in corso da ormai 30 anni negli USA ed in Cina (più, in scala minore, Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Giappone)? Più che un sospetto, sembra una certezza!
Il Governo eletto da nessuno della Commissione UE ha per decenni massicciamente agevolato alcune aree geografiche e alcuni settori economici a scapito di altri: il risultato è che non solo siamo estranei alla rivoluzione economica in corso da 30 anni, equivalente ad una seconda rivoluzione industriale, ma siamo anche completamente dipendenti dalla tecnologia statunitense, cinese ed asiatica. Non c’è un solo nome europeo tra gli Apple, Amazon, Google, Microsoft, Nvdia, Oracle, Qualcomm, Facebook, Tweeter, Baidu, Tencent, Taiwan Semiconductors, Samsung, Sony, ect etc. Nemmeno uno! Non basta?
Abbiamo creato l’Euro, pari al 23% delle riserve mondiali in valuta, ma la BCE a guida Lagarde l’ha ridotto ad una mera dependance o moneta vassalla del dollaro, obbedendo pedissequamente sui tassi d’interesse degli USA di Biden, che in pochi anni hanno iniettato 4000 miliardi di dollari (20% del Pil annuale Usa) in sussidi diretti: una manovra che non ha precedenti dal New Deal di Roosevelt, e che non poteva che scatenare l’inflazione, secondo tutte le maggiori scuole di pensiero economiche e finanziarie. Inflazione scaricata anche sull’ Europa…..
Come si è ridotta l’Europa, dopo 30 anni di dominio del Governo eletto da nessuno della Commissione UE? Siamo totalmente estranei alla seconda rivoluzione industriale in corso da ormai 30 anni, ossia importatori netti di servizi e prodotti tecnologici, informatici e mediatici dagli USA, ed ovviamente pagheremo questo status inferiore, o in ritardo – proprio come i PVS hanno pagato il ritardo nel loro sviluppo, post Rinascimento e post rivoluzione industriale occidentale.
In una ipotetica guerra commerciale USA-UE, mentre i prodotti europei – dalle automobili agli alimenti – sono in gran parte sostituibili da prodotti asiatici (Corea, Taiwan, Vietnam, etc) e latinoamericani (Messico, Brasile, etc), i prodotti e servizi tecnologici e mediatici americani per noi Europei non sono sostituibili, o lo sono, solo parzialmente, dalla Cina – con le relative conseguenze.
La americana Nvdia, nel frattempo, sta facendo partire la rivoluzione tecnologica dell’ A.I.: ogni chip H100 di Nvdia costa circa 25.000 dollari, e se solo Facebook sarà costretta nei prossimi anni ad acquistarne 350.000 (4), figuriamoci quanti ne dovremmo acquistare noi Europei, per non restare inchiodati ad uno stadio di sviluppo inferiore, o in ritardo.
L’attuale – per chi ancora non l’avesse compreso – non è un mero squilibrio commerciale formalmente pareggiabile esportando auto, moda, mozzarelle e servizi turistici, etc, perché è un gap di sviluppo. I gap di sviluppo implicano la dipendenza del meno sviluppato, ed infatti anche in materia di A.I. – come avvenuto per il regime di internet – decideranno gli USA: e se negli USA, come sembra certo, l’A.I. si appresta a rendere obsoleti o a colpire duramente centinaia di migliaia di posti di lavoro nei settori intermedi e medio-alti, ossia manageriali e direttivi, privati e pubblici, non c’è il minimo dubbio che poi lo stesso accadrebbe in Europa. Non avremmo scelta alcuna – si chiama dipendenza.
Per l’Italia ed i Paesi latini, le prospettive sono ancora peggiori
Come se non bastasse, all’interno dell’UE, i Paesi che più saranno massacrati dal fallimento dell’UE sono – senza ombra di dubbio – l’Italia e i Paesi latini. Il nuovo Patto di Stabilità poteva prendere come principio guida, per esempio, il saldo netto in rapporto al Pil tra quanto versato e quanto ricevuto dai Paesi Membri dall’UE negli ultimi 20 anni, saldo che avrebbe indicato i Paesi dell’Est Europa quali di gran lunga i maggiori beneficiari dell’UE (e con, inoltre, il basso debito pubblico ereditato dall’era comunista).
Si è invece deciso di prendere il dato economico obiettivo del rapporto tra debito pubblico e Pil, per castigare per l’intero prossimo quinquennio, se non per un decennio, tutti i Paesi in cui detto rapporto è sopra il 60%. Ma dare la priorità a tale dato economico obiettivo e non anche ad altri dati economici obiettivi resta – come ovvio – una scelta assolutamente soggettiva e quindi opinabile, ed ha condotto – ma guarda che caso – a punire solo i Paesi dell’ Europa latina (Francia, Belgio, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia), tutti accomunati dal sopracitato criterio del debito pubblico sopra il 60% de Pil: non potranno più spendere oltre l’1-1,5% del Pil, una autentica miseria.
Eppure, tra questi Paesi figurano la Francia e l’Italia, ossia il terzo e quarto (dopo la Brexit, il secondo ed il terzo) contribuente netto dell’UE, da oltre 30 anni, ossia tra i primi finanziatori dell’ Est Europa! Più un Paese in sostanziale pareggio tra entrate e uscite UE, come la Spagna.
In sostanza, l’Europa latina è stata nuovamente sacrificata dall’accordo tra Commissione, Europa germanico-protestante e Paesi dell’ Est. D’altronde, l’ago della bilancia a danno dell’Europa latina da decenni è stato spostato in modo decisivo dalla cronica defezione della Francia, la perenne alleata -succube della potenza europea dominante: per circa 70 anni della Gran Bretagna, da oltre 40 anni della Germania.
E l’Italia, di dimensioni economiche superiori alla somma di Spagna, Portogallo e Grecia, per una serie di ragioni sia storiche che politiche – anche recenti – a lei peraltro non interamente imputabili, non è mai stata in grado di coagulare un fronte latino equiparabile a quello guidato dalla Germania (Olanda, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia) o a quello dei Paesi dell’Est, uniti – con l’ eccezione dell’Ungheria di Orban – dalla ferrea priorità assoluta del mantenimento della manna dei sussidi annuali.
Ma intanto Giorgia ha il nuovo giocattolo, il G7!
Se Giorgia avesse veramente a cuore gli interessi nazionali, avrebbe apposto il veto al nuovo Patto di Stabilità, rinviando il relativo negoziato alla nuova Commissione. Le polemiche e gli attacchi interni e sopratutto internazionali sarebbero stati notevoli, ma la giustificazione della intrinseca democraticità di un nuovo Patto deciso dopo elezioni del popolo (non era sovrano?) e non prima, sarebbe stata decisamente molto difficile da attaccare. Perché non l’ha fatto? E’ evidente che l’Italia ed i Paesi latini sono quelli che più hanno pagato e più pagheranno l’esponenziale fallimento dell’UE: lo confermano tutti i dati economici e finanziari degli ultimi 20 anni.
Non l’ha fatto perchè, nella sua infinita vanità, Giorgia si sente chiamata alla “superiore missione” di Presidente di turno del G7, quella che secondo le sue aspirazioni, dovrebbe conferirle la presunta, definitiva caratura di “statista internazionale”. Giorgia ha chiaramente bisogno del consenso e del supporto dei partners, specie europei, per coronare tale sua aspirazione, assolutamente personale.
Purtroppo anche qui c’è un grave equivoco. Avete mai parlato con i diversi funzionari, italiani e occidentali, che negli ultimi 15 anni si sono occupati direttamente del G7? Vi diranno tutti – off the records – la seguente verità: il G7 serve solo a concordare un lungo documento – la Dichiarazione Finale – che viene immediatamente archiviato dopo la pubblicazione, e da ben oltre 15 anni i contenuti di tale dichiarazione sono decisi al 95% dagli USA. I lunghissimi negoziati per la Dichiarazione Finale si risolvono in esercizi di puro bizantinismo redazionale, mirati a trovare formulazioni e aggettivi condivisibili e utili a nascondere o a sfumare le differenze: regnano i dizionari dei sinonimi e dei contrari, in 6 lingue diverse.
Ed ovviamente, chiunque dovrebbe comprendere che un G7 immediatamente precedente il terremoto delle elezioni statunitensi è per sua natura scarsamente rilevante. Cosa volete che se ne farebbe, Donald Trump, di una Dichiarazione Finale decisa al 95% dagli USA di Biden, pur con il tocco femminile di Giorgia? La scelta sarebbe essenzialmente limitata tra la pallina e l’aereoplanino di carta…..
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Giunti alla fine del presente articolo, possiamo affermare che purtroppo le elezioni europee non cambieranno molto, perchè difficilmente il fronte anti UE oltrepasserebbe il 22-25%, una quota insufficiente a generare un cambiamento reale. Solo il mutamento epocale dei rapporti USA-UE originato dalla vittoria di Donald Trump aprirebbe finalmente il vaso di Pandora dell’innegabile, esponenziale fallimento dell’UE negli ultimi 30 anni.
Saremo finalmente costretti, qui in Europa, a sbattere il grugno sull’esponenziale fallimento integrale dell’UE, e soprattutto, almeno la scusa falsa e ipocrita del “ce lo chiedono gli USA” non funzionerebbe più, finalmente. Resta ancora l’altra scusa sulla quale nel frattempo si sta puntando, quella del “Putin ci vuole invadere”. Ma anche questa, è sempre più traballante.
Manca poco, ma presto il Re sarà nudo – finalmente! Forse si potrà ricominciare a discutere onestamente su che modello di sviluppo e che relazioni con il mondo vogliamo avere.