La conferenza sulla sicurezza di Monaco, agli albori di questo 2025, ha infiammato gli animi nei paesi occidentali, con tanto di titoloni sensazionalistici e partigiani quasi confondibili con le manifestazioni accorate dei tifosi del pallone all’indomani di un derby. “Vance impartisce lezioni di democrazia all’UE!”, tuona una parte. “Apologia del fascismo!”, risuona all’opposto. Nel frattempo, volano i rimandi all’incontro internazionale tenutosi nello stesso luogo nel lontano 1938: lì si erano dati appuntamento i primi ministri delle quattro potenze europee, Chamberlain (UK), Daladier (Francia), Mussolini (Italia), Hitler (Germania).
L’espansionismo tedesco era giunto al suo apice ante-guerra, e le rivendicazioni per l’annessione dei Sudeti (Sudetenland), regione cecoslovacca a prevalenza etnica tedesca, stavano per dar fuoco alle polveri. Il provvidenziale convegno, con la compiacente concessione anglo-francese nei confronti dell’invadente cancelliere teutonico, scongiurò il conflitto che ai più sembrava inevitabile. A posteriori, però, quella decisione passò alla storia come la scellerata fiducia di un anziano Chamberlain, considerato fin troppo filo-tedesco, o, a dire poco, privo di polso e ingenuo a sufficienza, da credere che la politica delle concessioni avrebbe garantito la pace. A breve, gli sarebbe subentrato il carismatico e ormai leggendario Churchill: l’uomo forte dal pugno di ferro, che avrebbe guidato l’impero britannico, pur stremato dalle indicibili sofferenze, alla riscossa contro il perfido impero nazionalsocialista. Questo, perlomeno, è quanto ci tramanda la storia insegnata nelle aule scolastiche. Ma la verità è ben altra cosa.
La prima volta in cui mi imbattei in una vera e propria “controstoria” della seconda guerra mondiale fu negli anni ’90, leggendo l’interessante Storia segreta del 25 luglio 1943. Una delle cose che mi colpì maggiormente in quel testo fu la descrizione, collaterale rispetto ai fatti principali, della flotta stanziata dalla Luftwaffe in Francia, che avrebbe dovuto sostenere l’operazione Leone Marino (l’invasione della Gran Bretagna da parte di Hitler). Ebbene, secondo quella descrizione non sarebbe stato nemmeno lontanamente immaginabile che i velivoli lì raccolti si fossero prestati a una simile impresa. Questo mi portò immediatamente il pensiero alla famigerata strategia del terrore di Hitler, che, contro tutte le indicazioni dei suoi generali e ammiragli, aveva inteso prostrare il morale degli inglesi ostinandosi a bombardare prevalentemente città e centri abitati: ciò, da un lato, condusse a una resistenza assoluta e alla condanna universale della Germania nazista; dall’altro lato, si dice, precluse la possibilità di piegare l’industria bellica inglese, disperdendo inutilmente le risorse aeree su bersagli privi di vantaggi strategici. Ben due coincidenze tutt’altro che trascurabili! Forse una prova? Certo un valido indizio.
Le azioni scellerate di Hitler giustificarono reazioni ancor più scellerate: per esempio, la distruzione di Dresda, con la sua popolazione e gli sfollati dall’avanzata dell’Armata Rossa. Dresda come Coventry (da cui il termine coventrizzare). Occhio per occhio. Tutto frutto della scelleratezza umana, della cattiveria di alcuni, magari della superficialità di altri. Così dice la storia. Perlomeno, quella insegnata sui banchi di scuola. Quella che ci dice di credere ai buoni contro i cattivi, alle rivoluzioni fatte dai popoli, agli organismi sovranazionali come baluardi di pace, alle circostanze inspiegabili o insensate come banali coincidenze.
Quante esistenze abbiamo sprecato, ipnotizzati da bandiere, motti, discorsi, simboli, slogan, dottrine, teorie e ideali? Chi scrive, l’ultima (prima della presente, beninteso) l’ha immolata dietro una di quelle bandiere, proprio nel secondo conflitto mondiale. Come i soldati bambini ne La quinta onda, veniamo armati e istigati dai nemici veri, che si fingono amici, per combattere e uccidere i nostri simili, amici veri, credendoli nemici. Per poter consentire il funzionamento di questo supremo inganno, occorrono almeno due fronti. Non si può tenere sotto controllo un popolo unito per sempre, poiché sarebbe chiaro che la causa dei mali non potrebbe essere altra, se non l’unico governante. A partire da due fronti, però, tutto diventa possibile: c’è l’inflazione? È colpa di quell’altro. C’è la guerra? L’ha fatta lui. Affinché ci possa essere un buono, occorre un cattivo.
Ieri guardavamo la Germania e l’Inghilterra spargersi ordigni esplosivi vicendevolmente e pensavamo: “quei due popoli si detestano!”. Ma perché mai avrebbero dovuto? Non lo facevano, infatti. O, per meglio dire, non lo hanno fatto finchè uno non ha dichiarato guerra all’altro, quindi l’altro lo ha bombardato e poi viceversa. Ma tali decisioni risalgono a singoli individui, la cui ascesa è stata naturalmente assecondata dal popolo, poiché pure un dittatore ha bisogno del consenso del proprio popolo. Il sostegno popolare a Hitler lo hanno garantito la Francia e l’Inghilterra, attraverso le inconcepibili sanzioni del trattato di Versailles, all’indomani della resa nella Grande Guerra. Il sostegno a Churchill lo ha garantito Hitler, attraverso le sue aggressioni militari. Il sostegno a Roosevelt, di un popolo totalmente refrattario alla guerra, lo ha garantito il bombardamento di Pearl Harbour. Che, a sua volta, è stato garantito dalle mirate e protratte provocazioni di Roosevelt al Giappone.
Nessuno di quei personaggi, comunque, era realmente espressione di una volontà autonoma, per motivi che vanno dal trascendentale al pragmatico, e che si possono facilmente indagare. Basti dire che, secondo il Professor Malanga, tutti gli addotti manifestano ambidestrismo o mancinismo, cui spesso si associano propensioni a filosofie orientali, vegetarismo, etc. Curiosamente la statistica dei presidenti USA mancini o ambidestri è assai più alta del 10% della popolazione media. Lo stesso Hitler era mancino (e vegetariano), proprio come Giulio Cesare, Alessandro Magno e Napoleone. Tanto per parlare di condottieri.
Ma, se non volessimo scomodare entità non umane, potremmo tranquillamente limitarci alla comune appartenenza di tutti costoro a organizzazioni massoniche: che si tratti di Lenin, Hitler, di Mazzini o di Garibaldi, non c’è figura chiave nello scenario politico mondiale che non sia manifestazione di un potere o di un’alleanza massonica. Perfino Mussolini, che la massoneria l’aveva vietata, e pur non avendovi aderito, doveva a essa la sua ascesa, e, ovviamente, le dovette la sua atroce (e simbolica) fine.
Senza alcuno stupore, realizziamo perché i nostri aguzzini (quelli dell’umanità) siano tanto arroganti: la memoria storica ci difetta, e la nostra capacità di analisi va ormai riducendosi ai livelli di un trilobite.
Così, oggi ci infiammiamo pro o contro Trump, pro o contro la Meloni. C’è chi si straccia le vesti, gridando al nuovo tiranno, e invoca i partiti democratici di salvarlo. All’opposto, quelli che vedono all’orizzonte i nuovi paladini della morale, giunti a contrastare le forze del male. L’intervento di Vance a Monaco ha catalizzato queste proiezioni ideologiche eteroindotte, nelle fantasie del pubblico: del resto, se vediamo lo statunitense tronfio e spavaldo, con alle spalle il quadro che i media (di regime) gli hanno cucito addosso, scontrarsi frontalmente con i morigerati e democratici leader europei, non possiamo che considerarli acerrimi nemici, e, di conseguenza, schierarci. Proprio come al cinema. Perfino sapendo che stiamo guardando una messinscena, non riusciamo a non parteggiare per qualcuno, contro qualcun altro: è più forte di noi. Figurarsi, poi, allorchè riteniamo che ciò cui assistiamo sia vero e reale. E come potrebbe non esserlo, se impettiti capi di stato in giacca e cravatta, circondati dalle rispettive claque, si infervorano tanto, e i giornali da ambo le parti gli fanno eco? Ma la risposta è in re ipsa: nella storia, e nella nostra natura, facilmente manipolabile e sobillabile. È così che si è sempre fatto, ed è così che si fa.
Davvero vogliamo credere che nel 2020 non ci fosse un candidato alla presidenza nel partito democratico americano con una presenza migliore dell’ottuagenario Biden? Costui ha fatto più ridere di quanto avrebbe potuto fare il compianto Leslie Nielsen, se avesse interpretato il ruolo del Presidente in una delle sue commedie demenziali. Ha procurato un’inflazione inaudita, ridicolizzato la nazione agli occhi del mondo intero, e, dulcis in fundo, aggiunto scandali personali, famigliari e corruttele varie, salvo poi ricandidarsi senza essere quasi in grado di articolare un discorso di senso compiuto. Come si sarebbe potuto ipotizzare un finale alternativo, alle elezioni? La sua vice, poi, subentrata in corsa in modo rocambolesco, è forse servita proprio a sparigliare le carte quel minimo sufficiente a non far gridare chiunque allo scandalo, per l’ostinazione nel portare avanti la candidatura di Biden, talmente inverosimile da rendere non credibile l’agone elettorale.
È forse giunta l’ora di svegliarsi dal sonno, e realizzare che il sogno chiamato democrazia altro non è, se non l’ultimo degli espedienti escogitati per controllare l’umanità, illudendola con una libertà che non esiste.
Non ci sono presidenti buoni e presidenti cattivi. Dei presidenti americani, Cossiga disse che soltanto tre non erano stati massoni, fino a Obama, e di questi due erano stati assassinati e il terzo costretto alle dimissioni. Certo è che ogni qual volta un capo di stato osa mettere in discussione il denaro creato dalle banche centrali, consentendo alla zecca di emettere nuovo contante esente da debito, viene eliminato. Come Kennedy, McKinley e Lincoln. Proprio come Aldo Moro. A riprova del fatto che chi appare governare non governa davvero, mentre, in un mondo dominato dall’economia, è evidente che a controllare il mondo sia chi controlla l’economia stessa. Anche perché questa è soltanto uno dei numerosi espedienti imbastiti per esercitare il potere sull’umanità.
Insomma, piaccia o no, continuare a discettare di destre e sinistre, di partiti e contrapposizioni ideologiche, è una fuorviante perdita di tempo. Non esistono ideologie politiche consolidate che non siano state create ad arte, e dovremmo poter fare semplicemente appello al nostro comune buonsenso per renderci conto di cosa stia accadendo sotto i nostri occhi, come quelli di chi ci ha preceduto (probabilmente, noi stessi per chissà quante incarnazioni): non si può ingannare il pubblico senza fingere contrapposizioni, altrimenti tutti vedrebbero che ciò che accade non può ascriversi se non a uno.
Oggi, con la storia al nostro fianco, e il senso critico dentro di noi, dobbiamo aprirci a una nuova consapevolezza di fondo, che non ci esponga mai più ai raggiri con i quali la specie umana è tenuta in cattività: tanti più conflitti vediamo, tanto più dobbiamo comprendere che stanno cercando di spingerci, con urgenza e determinazione, a fare, credere, subire, accettare, oppure combattere e perfino morire, per qualcosa. Non importa cosa ci diranno: dobbiamo sapere soltanto che, qualsiasi sia il pretesto, sarà sempre e comunque falso e strumentale.