Una volta chiarito che l’essenza antropologica del concetto di moneta moderna è quello di un “credito sociale”, si può ulteriormente approfondire l’analisi in varie direzioni. Una di queste è un fenomeno paradossale, ovvero l’accettazione del mezzo monetario fondata sulla fiducia che ciascun utente ripone in esso, però indissolubile dall’obbligo di Stato di utilizzare la valuta nazionale come unico strumento per il pagamento delle imposte. Allora viene da chiedersi se viene prima l’imposizione di Stato o la fiducia spontanea di ciascuno verso la comunità di appartenenza, ormai potenzialmente globale quanto a commerci. Parliamo di una solida fiducia personale nella società organizzata, la quale riconosce e garantisce comunque, a prescindere dalle leggi locali vigenti, quel credito così ben quantificato nelle proprie tasche, al centesimo, in ogni circostanza, perfino all’estero tramite un consolidato sistema di cambi tra le diverse valute nazionali e non.
Il depositario della fiducia (la società) se la conquista dimostrandosi affidabile nel tempo, testimoniando continuativamente il buon fine dei liberi commerci a base monetaria, mentre chi nutre fiducia lo fa a ragion veduta, attraverso un processo interiore, sia emotivo che razionale, volto a maturare un giudizio storico consolidato. Ma è veramente tramite l’esercizio del libero arbitrio che si arriva a tale giudizio nei confronti della moneta corrente? Evidentemente no, e non solo a causa dell’invasiva imposizione di leggi di Stato, fiscalità in primis. C’è soprattutto uno stato di necessità personale che riguarda chiunque. Siamo tutti sospinti e in larga misura costretti a comprare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, e anche ciò di cui ci convincono di avere bisogno con la forza di una subdola persuasione ideologica e pubblicitaria. Con tali mezzi invasivi e martellanti si crea un insopprimibile desiderio, fino a che diventa emotivamente un “bisogno”, un condizionamento che determina nei fatti uno stile di vita “à la page”, compatibilmente con la capacità di spesa delle proprie tasche.
E’ così che la percezione di “Stato”, di “società civile”, di “sistema” in qualche misura si fondono tra loro, fino a rappresentare una sorta di prosecuzione oltre l’infanzia del rapporto del bambino con i suoi genitori, dai quali dipende in tutto e per tutto, materialmente e affettivamente. O se si preferisce un’infantilizzazione dell’età adulta, con la riduzione del cittadino a mero consumatore.
Sarà capitato anche a voi di osservare la fortissima reazione emotiva di un ragazzino, specie se adolescente, quando qualcuno mette in discussione la figura mitizzata di suo padre, delle sue qualità e della sua autorevolezza. Nessun giudizio men che positivo può essere sopportato, e chi si è incautamente azzardato ad esprimerlo perde istantaneamente ogni rispetto da parte del fanciullo ferito da tali opinioni, per lui letteralmente “irricevibili”.
Chi non abbia mai osservato simili reazioni in un minore, dovrebbe perlomeno aver notato le violente reazioni contro i “no-vax”, i “no-green-pass”, i “putiniani”, ecc. ecc. Ovvero verso tutti coloro che osano dubitare della narrazione mainstream dei fatti, rendendosi così colpevoli di remare contro il ruolo salvifico del sistema, cioè di uno Stato-società che pensa solo al bene di tutti e a difenderci dai cattivi di turno, responsabili dei mali del mondo. La moneta, essendo un indiscusso credito sociale, è il più forte propulsore e collante di questa identificazione nel sistema vigente, che alcuni potrebbero anche paragonare allo stereotipo del rapporto di sudditanza con un “padre-padrone”, mentre i più, da conformisti persi, ne sono talmente posseduti da non sopportare neppure l’idea che esista un’alternativa a questa realtà consolidata, e perciò allo status quo in cui sopravvivono spesso a fatica.
Chi mai rinuncerebbe ai soldi posseduti, alla loro potenzialità di risolvere quasi tutti i problemi della vita? Si è praticamente costretti a nutrire cieca fiducia nell’istituzione monetaria, e la si sposa come sistema di vita naturale insieme a tutto il resto che segue a ruota.
Ecco come si spiega la convivenza paradossale di fiducia e coazione, che non sarebbe del tutto maligna di per sé. Lo diventa quando ad es. il gestore dello strumento monetario, chiunque esso sia, lo distorce per realizzare finalità contrarie al bene comune, agli interessi popolari. Cosa che analogamente si può fare anche per ogni altra realtà sistemica dal forte impatto sociale, che è esattamente quello che sta accadendo ai giorni nostri, e che i più non vogliono vedere né ammettere, preferendo nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, pur di continuare a crogiolarsi nella presunta “comfort zone” che il sistema concede loro, ricevendone in cambio consenso e fedeltà.
Ne consegue che il possibile risanamento nella gestione del sistema monetario diventa necessario, se non addirittura propedeutico, al risanamento nella gestione del sistema scolastico, sanitario, giudiziario, militare, mediatico, ecc. ecc. Ovvero dell’intero sistema economico-politico che determina la realtà sociale del Paese consolidandola in quello che è, con le sue qualità o il suo degrado. Tutto ciò è coerente con l’equazione ricchezza = potere, con tutte le relative conseguenze scaturite dal tipo di gestione economico-politica adottata dai potenti, e in qualche modo forzosamente consensualizzate a livello di massa per renderle sostenibili, fino a che si può.
Se non si capisce che una scorretta gestione della moneta produce concentrazioni esasperate di ricchezza, tali da determinare inesorabilmente l’usurpazione e la negazione dell’ordinamento democratico, non si è capito nulla dei problemi del nostro tempo, un tempo ipertecnologico che inaugura una nuova era storica, del tutto inedita, dell’umanità. L’età della moneta moderna è ancora più impattante sui nostri destini di ogni altra età precedente a partire dall’età della pietra, cioè di ogni successiva tappa nell’evoluzione umana sul pianeta che ancora ci ospita, fino a quando i nostri comportamenti suicidiari ci estingueranno anzitempo se non li contrastiamo con la necessaria energia vitale. Infatti non si può ignorare la avvenuta realizzazione di decine di migliaia di bombe atomiche e di altrettanto devastanti nuove armi di distruzione di massa, o di irreparabili inquinamenti chimici della biosfera, o semplicemente la concentrazione smodata della ricchezza in pochissime mani di criminali latitanti “padroni universali”, che ne dispongono per allocarle a loro piacimento, quasi sempre a fini antiumani.
La meccanica monetaria è certamente congruente alla classica definizione tecnico-funzionale della moneta (Unità di conto, Mezzo di pagamento, Riserva di valore), una definizione che però nulla dice riguardo ai fini per i quali può essere distorto l’utilizzo strumentale della moneta semplicemente controllando le politiche gestionali che determinano una strategia economica piuttosto che un’altra. Ecco quindi che, metaforicamente parlando, assistiamo all’uso del coltello non solo per tagliare pane e companatico, ma anche per fare macelleria sociale. E’ solo chi stringe il coltello dalla parte del manico, cioè il gestore dello strumento, che può deciderne il tipo di utilizzo da porre in essere caso per caso in base a predeterminate strategie, funzionali ai suoi fini.
E chi è oggi il gestore privilegiato della moneta?
Chi ne decide le strategie gestionali attraverso il sistema bancario che fa capo alle banche centrali e ai vari istituti di regolamentazione sovranazionali?
Di fatto sono gli stessi accentratori di ricchezza detti “padroni universali”, quei pochissimi “privati” che si nascondono dietro il paravento delle istituzioni pubbliche, ampiamente infiltrate nei posti chiave da personaggi selezionati dal loro esercito di burattini, per eseguire i loro ordini illegittimi ma in tal modo istituzionalmente “riciclati” e resi legali, tal quale il riciclo di denaro sporco delle mafie, che del resto son fatte della stessa pasta. E a cascata si compie tutto il resto dei crimini nella gestione del potere, fino agli ultimi livelli, se non nel mondo intero sicuramente nel nostro occidente atlantico a guida anglofona, caratterizzato da ambizioni egemoniche.
Ricchezza = potere, elementare Watson!
E’ la funzione “Riserva di valore” della moneta che rende possibile una tale distopia, non volendo in alcun modo contrastare con opportune ed efficaci regolamentazioni la sua possibile concentrazione illimitata da parte dei potenti, che tali sono diventati proprio accumulando moneta e ricchezze truffaldinamente, con metodi detti impropriamente speculativi.
E’ solo partendo dalla definizione antropologica della moneta, come “credito sociale”, che diventa invece possibile e naturale approfondire l’analisi di ciò che dovrebbe essere funzionalmente, cioè uno strumento al servizio dell’umanità, sia per il bene comune che per quello individuale, non contrapposti ma al contrario complementari e sinergici. Come per i membri di una famiglia felice, o quantomeno serena, dove il bene di ciascuno concorre al bene di tutta la famiglia, e viceversa.
Infatti la consapevolezza di godere di un credito sociale non solo garantisce sicurezza e serenità alla propria esistenza individuale, ma ci rende responsabili socialmente, cioè del buon funzionamento della società nel suo complesso, di questa realtà in cui viviamo e che ci vede protagonisti pro quota e come fruitori individuali, particelle ultime e indivisibili della grande comunità ove si svolge la nostra e l’altrui vita. Ecco la parola chiave, il verbo “vivere” e il sostantivo “vita”, che sono alla base del senso, dei valori, delle finalità alle quali deve “servire” l’uso della moneta, e non viceversa, cioè una vita mal vissuta in funzione solo del massimo guadagno monetario, dell’accumulazione di ricchezza intesa come miraggio di felicità o sete di potere.
Qui il discorso si allarga alla filosofia, alla religione, all’arte, e a tutto ciò che costituisce valore umano percepibile soprattutto in forma animica e spirituale, cioè alla vera essenza della vita, che può essere vissuta intensamente e gioiosamente, per quanto breve, precaria e comunque caduca. Viceversa il sistema economico sempre più iniquo in cui siamo costretti a vivere genera moltitudini di “zombi”, morti viventi che trascinano penosamente la loro misera esistenza alla ricerca di quel minimo di sussistenza materiale e spirituale costantemente ostacolato, o addirittura negato da un sistema sostanzialmente malato, divisivo e antisociale, che stimola e tollera solo comportamenti egoici. Un sistema che si concretizza nell’antinomia ricchi – poveri illimitatamente esasperata.
In conclusione di queste parziali ma decisive riflessioni, per quanto elementari e rudimentali possano apparire a prima vista, possiamo evidenziare un primo risultato cruciale: l’attenzione alla gestione monetaria è condizione necessaria per poter ambire agli ideali di libertà, giustizia e uguaglianza di diritti e doveri, che sono poi gli ideali autenticamente democratici. Questo ne fa un argomento prioritario anche se non in senso strettamente gerarchico. Altri punti di vista tematici possono essere ritenuti altrettanto validi e prioritari. Ma il concetto stesso di “condizione necessaria”, che è un concetto matematico, lascia intuire la correlazione reciproca tra le questioni fondamentali della vita sociale e individuale.
Un ulteriore vantaggio del punto di vista monetario è la semplicità meccanicistica di tale strumento, che è ormai parte integrante dell’esperienza umana condivisa.
Comprendere la meccanica monetaria significa perciò possedere una padronanza dello strumento “necessaria e sufficiente” (altro concetto della matematica, scienza esatta) per indirizzarne politicamente l’uso a fin di bene, inteso nel senso comune del termine senza bisogno di particolari sofismi.
E’ perfino ipotizzabile una cultura diffusa in tal senso, come parte della cultura popolare, grazie alla quale mobilitare la sensibilità delle masse per avere la forza di cambiare rotta, dalla attuale distopia sperequativa verso l’utopia autenticamente democratica, realizzabile per gradi.
Basti pensare a quante disgrazie e sofferenze si potrebbero evitare contrastando questa gestione classista ed elitaria della moneta, chiaramente illegittima quanto resa forzosamente legale, per poter ricostruire un mondo più giusto e riappacificato, interprete di una moderna civiltà al passo coi tempi, ove il ripudio della guerra sia un faro salvifico in qualsivoglia tempesta, e non semplice carta straccia resa tale da traditori della Patria e profanatori della Costituzione. Burattini del potere finanziario egemone, ingenuamente votati da un elettorato sempre più deluso e scoraggiato.
Ma la verità si sta facendo strada sempre più rapidamente, e l’inganno di questa tigre di carta, con tutti i suoi orrori, sta per essere sconfitto, insieme all’unipolarismo anglofono che lo sostiene.