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      • Il caso Enrico Gianini: “colpire un complottista per educarne cento”

      Il caso Enrico Gianini: “colpire un complottista per educarne cento”

      Il caso di Enrico Gianini, l’ex operatore aeroportuale di Malpensa messo a tso, viene vissuto dagli eretici con un misto di pena umana e di preoccupazione personale. Tra di noi rompicoglioni, se volete saperlo, ce lo diciamo un po’ scherzando e un po’ per rassicurarci: a chi tocca? Ma non serve a tranquillizzarci, anzi la consapevolezza di vivere in una democrazia sempre più negativa e autoritaria che a suo capriccio può neutralizzarti si fa ogni giorno più angosciante. Di Gianini possiamo benissimo concedere l’attitudine alla mitomania, al complottismo, con le sue scie chimiche, le sue sostanze chimiche a suo dire messe nei carburanti degli aerei per determinare le scie inquinanti e utili a cambiare il clima; ma una democrazia sana queste teorie le lascia dove sono, le consente fino a che non sfociano in atti violenti, persecutori. Di Gianini non è conosciuta alcuna prepotenza ma è stato spedito in manicomio criminale da dove non può comunicare con nessuno, essendo considerato pericoloso per la collettività, e con la prospettiva di non uscirne mai se così pare alle istituzioni onnipotenti che dovrebbero essere estranee a una democrazia compiuta. La questione è molto semplice e molto precisa: si tratta di rispettare, non di ammettere, di rispettare opinioni al limite infondate, ma non sovversive, non istigatrici di niente; e non è detto che siano proprio così, chi scrive non ha mai creduto alle scie chimiche, alle profezie magiche, ai grandi reset ma ha sotto gli occhi, ogni giorno, lo sforzo del grande capitale, della grande finanza per orientare il mondo nella direzione voluta a prezzo di sacrifici immani, di prezzi immani per una popolazione che di diritti ne ha sempre meno, che è sempre più tenuta ad obbedire fino al macello.

      Sui vaccini, per dire, ci avevano garantito ogni virtù, e presto si è scoperto che i timori dei complottari erano ampiamente fondati, che sempre più gente finiva nei reparti chemioterapici o direttamente al cimitero; e quel coacervo di forze anche contraddittorie che per comodità chiamiamo sistema ha reagito intensificando l’attitudine repressiva fondata sia sull’abuso burocratico che sulla gogna appaltata ai potere orizzontale dei fanatici o dei prezzolati. Oggi uno come me che si cura le conseguenze e pesanti conseguenze di un linfoma post vaccinale non riesce a dirlo, incontra difficoltà sempre maggiori, ad ogni momento si imbatte in qualcuno che nei social gli augura la morte, la galera o appunto il trattamento sanitario obbligatorio.

      Perché mento? Al contrario, sono stato raggiunto anche da parenti di vittime inferociti avendo io riferito, per loro diretta ammissione, la verità. “La verità la decido io” mi dicevano ed io mi sentivo gelare il sangue: la verità a senso unico, calata dal cielo fu applicata anche sul giovane Valerio Tellenio, lo studente diciottenne di Fano che per essersi rifiutato di portare la mascherina in classe fu preso e sottoposto a tso all’inizio del regime pandemico. Ci sono voluti 4 anni perché un tribunale dello Stato riconoscesse che lo Stato aveva abusato del suo potere, anche perché la letteratura scientifica aveva dimostrato, con prove alluvionali, che quelle mascherine non servivano minimamente a contenere il contagio, servivano solo a diffondere la corruzione tra i gangli dei partiti, delle istituzioni, dello Stato stesso.

      Dopo di lui tocca a Gianini con le sue idee balzane o fondate sull’inquinamento procurato dei cieli e qui si capisce che non è una questione di idee ma di ortodossia: finisce incatenato a un letto e recluso sine die chi diverge dal pensiero unico mentre i veri pericoli pubblici come i clandestini tribali che spaccano le facce ai controllori o stuprano o ammazzano a mani nude le malcapitate nei parchi, o si affrontano in disfide tribali a colpi di machete e di piccone, misteriosamente non vengono arrestati o comunque subito rilasciati, liberi di riprovarci. Segno che la preoccupazione pubblica della sicurezza è la più colossale delle fandonie. La tecnica è chiara ad ogni aguzzino munito di qualche potere: si individua il bersaglio, lo si sottopone a pressione crescente, oggi un dispetto, domani un blocco su internet, un sequestro dei propri strumenti per lavorare o comunicare, lo si isola, lo si obbliga a presentarsi alle istituzioni di polizia dalle quali viene ammonito, umiliato, finché alla prima fisiologica reazione lo si cattura. Se poi il soggetto ha già i suoi problemi, perché osteggiato dal sistema dell’informazione o dal proprio ambito professionale, o fortemente stressato per doversi curare una malattia, ricevuta in eredita dallo Stato paternalistico, tutto risulta semplificato e sveltito.

      Ne deriva la sensazione, che poi è la consapevolezza, di vivere in un regime formalmente democratico ma dove le libertà civili e politiche fondamentali restano sospese, come ottriate, concesse da un potere minaccioso e fondamentalmente ostile, attento a quello che dici, a come ti muovi: questo è precisamente il concetto di democrazia negativa che si specchia nei regimi autoritari, nelle dittature. Il concetto che guida queste e quelle è lo stesso dei terrorismi: colpirne uno per avvertirne cento. Ieri lo studente Valerio, oggi il tecnico Gianini, domani tu o io se oseremo ancora criticare i vaccini, la finanza globale, la conversione finanziaria dalle auto elettriche ai carri armati, l’ortodossia del totalitarismo europeo.

      Oggi la tecnologia del controllo non lascia margini, monitora tutto e qualcosa da addebitare si trova facile; inoltre incrementa il pregiudizio lombrosiano, agisce sulla base di parametri di presunta normalità morfologica, sugli algoritmi ai quali basta un tono di voce, un tic, una luce diversa negli occhi per individuare il deviante. Insomma si torna alle divise, alla normalità dei totalitarismi, la stravaganza è ammessa solo a Sanremo, rappresentazione del conformismo di regime.

      Il risultato è che uno come Corona, totalmente dentro il sistema per il quale è inoffensivo e magari funzionale, dopo 14 anni di galera per reati trucidi può girare impunito per i teatri dove sfoga la sua natura di totale borderline e non gli succede niente perché arrestare Corona per gossip, vilipendio o blasfemia lo trasformerebbe in martire e lui lo sa; la stessa cosa avviene coi covi a cielo aperto delle Gintonerie dove si praticano comportamenti delinquenziali in combutta con le mafie se non sotto il loro controllo ma i cui gestori vengono garantisticamente accompagnati agli arresti domiciliari per qualche giorno.

      Mentre gli oscuri tecnici o altrimenti critici della civiltà repressiva non li conosce nessuno e su di loro si può procedere con tutta la violenza formalmente legale del caso, sproporzionata, a scopi terroristici in modo che tutti si sentano in libertà vigilata, condizionata, che nutrano fortissimi e giustificati timori se si azzardano a criticare le istituzioni somme, prima fra tutti il Colle, se osano dire le verità pulcinellesche che la propaganda di regime non ammette.

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