Iniziamo subito con il dire che in economia il c.d. ‘moltiplicatore keynesiano’ è uno strumento fondamentale di analisi macroeconomica.
La prima elaborazione del meccanismo del moltiplicatore del reddito si deve a Richard Kahn, allievo di John Maynard Keynes, che ne espose il funzionamento in un articolo del 1931. Keynes successivamente lo incorporerà nel suo modello relativo agli effetti della spesa pubblica, riprendendo quell’intuizione e rielaborandola nella sua Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (1936). Il Moltiplicatore, come elaborato da Keynes, permette di individuare l’effetto sul reddito complessivo di un certo livello incrementale di consumo, o di investimento o di spesa pubblica, all’interno del sistema economico. Il moltiplicatore misura infatti la percentuale di incremento del reddito nazionale in rapporto all’incremento di una o più variabili macroeconomiche componenti la domanda aggregata: consumi, investimenti e spesa pubblica. Il reddito percepito da un soggetto viene destinato in parte al risparmio e in parte al consumo. Le scelte personali dipendono dal reddito e dalla situazione familiare e lavorativa del soggetto. Ossia una maggior disoccupazione causa un minor consumo, un minor consumo causa una minor domanda di beni e una minor domanda provoca una minor produzione. Keynes quindi vuole un intervento da parte dello Stato stesso per nuovi posti di lavoro. [1]
E’ indubbio quindi che la quantità della spesa pubblica dello Stato, essendo la principale fonte di reddito per il settore privato, sia fondamentale per l’effetto moltiplicatore appena descritto.
Quando lo Stato spende ed innesca tale effetto, ottenendo un aumento del reddito nazionale o meglio conosciuto come prodotto interno lordo (PIL), esso stesso poi ottiene maggiori entrate a livello contributivo.
Certamente il livello del moltiplicatore dipende dal tipo di misura di spese che mettiamo in atto e dalla propensione al consumo della popolazione.
Se ad esempio, ipotizziamo una propensione marginale al consumo dello 0,8 (80%) il moltiplicatore assumerà un valore pari a 5 – questo significa che un incremento della spesa pubblica o degli investimenti genera un incremento nel reddito nazionale cinque volte superiore all’iniziale spesa pubblica. La spesa addizionale, infatti, provoca effetti a cascata nei redditi di più individui.
Seguendo questo ragionamento, lo studio di Nomisma ci dice che a fronte di un costo, certificato dalla Meloni, di euro 105 miliardi sostenuto dallo Stato – e ripartito per gli anni in cui è consentito portare in deduzione i crediti fiscali – l’impatto economico complessivo del Superbonus cd 110% sull’economia nazionale è stato pari a 195,2 miliardi di euro, con un effetto diretto (quindi edilizia e settori collegati) di 87,7 miliardi – 39,6 miliardi di effetti indiretti (quello che, a cascata, passa dai primi ad altri comparti) e 67,8 miliardi di indotto (produzione attivata dai maggiori consumi delle famiglie stimolati da un aumento dei redditi). [2]
Nomisma stima anche che nell’ipotesi che tutte le unità immobiliari riqualificate rientrino nelle classi energetiche inferiori, l’incremento di valore di quegli immobili supererebbe i 7 miliardi di euro.
In uno scenario – in cui si stima che in Italia il settore delle costruzioni consumi oltre il 30% dell’energia primaria (generata per il 93% da fonti non rinnovabili) e sia responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra – risulta particolarmente rilevante anche una valutazione dell’impatto positivo a livello ambientale: dai risultati dello studio emerge una riduzione totale delle emissioni di Co2 in atmosfera, responsabile mediamente del 40% del totale con punte fino al 70% nelle grandi città, stimata in 1,42 milioni di tonnellate. Al riguardo, l’investimento per la transizione ecologica attraverso il Superbonus è di 59 euro per tonnellata Co2, contro 52 euro per Trasporti e 95 per Industria.
Questo peraltro si riflette anche sul bilancio delle famiglie, con risparmi pari a circa 29 miliardi di euro (dati stimati da Nomisma sui cantieri già conclusi). Nello specifico, per chi ha beneficiato della misura il risparmio medio in bolletta, considerando anche il periodo straordinario di aumento dei costi dell’energia, è infatti risultato pari a 964 euro all’anno.
Sempre leggendo lo studio, da non trascurare, infine, l’impatto sociale che ha visto un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 occupati nei settori collegati.
C’è un dato importante che sottolinea la democraticità del provvedimento: sono stati 1,7 milioni gli italiani con reddito medio-basso ad aver beneficiato del provvedimento da quando è stato varato a conferma del fatto che la misura ha reso possibile l’accesso alla riqualificazione profonda delle proprie unità abitative a una porzione di popolazione meno abbiente che, altrimenti, non ne avrebbe usufruito.
Come già spiegato nell’articolo precedente, con lo stop alla trasferibilità dei crediti e quindi alla fine del c.d. ‘sconto in fattura’ , sarà sempre più difficile per le classi meno abbienti usufruire della misura.
“Il superbonus ha avuto l’indubbio merito di contribuire al rilancio della nostra economia in una situazione drammatica come quella pandemica”, commenta Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, il quale seppur consapevole della necessità di raffinarla – aggiunge – lanciando un monito importantissimo al governo: “La strategia dei bonus, e con essa la possibilità di cessione dei crediti, non va archiviata ma solo ripensata e per farlo occorrono competenze ed equilibrio. Occorre fare tesoro di un’esperienza straordinaria per definire una politica di rinnovamento che non abbia il fiato corto dell’emergenza”.
Chi vi scrive, sapete bene, non fa politica, ma per dovere di cronaca a fronte del video propagandistico pubblicato da Giorgia Meloni sul suo profilo Facebook e riportato nel mio precedente articolo è giusto riportare quanto ha controbattuto sull’argomento il leader del movimento cinquestelle Giuseppe Conte:
Nonostante che anche Conte non entri nel merito di quello che è l’aspetto fondamentale in riferimento alla trasferibilità dei tax-credit, ovvero quello che sarebbe un primo passo per far recuperare la sovranità monetaria al nostro paese, il capo dei cinquestelle, dimostra invece di conoscere il funzionamento del moltiplicatore in economia ed addebita come falsi tutti i numeri ed il conseguente ragionamento che Meloni e Giorgetti stanno facendo girare sulla questione Superbonus.
Conte, naturalmente contrario allo stop della cessione dei crediti fiscali, si sofferma anche su una questione di vitale importanza, di cui vi avevo già parlato in un recente articolo [3]: “se questo governo blocca questo comparto (si riferisce al comparto edile ndr), ci deve dire come pensa di poter raggiungere gli obbiettivi europei, dalla direttiva green-deal al Fit for 55, che sono tutti obbiettivi del green deal europeo molto sfidanti che prevedono anche la riqualificazione urbana e l’efficientamento energetico delle case. Se oggi blocchi questo sistema, quale alternativa porti sul tavolo?”
E’ chiaro che senza un intervento massiccio dello Stato la maggioranza degli italiani non sarà in grado di adeguare a livello energetico i loro immobili ed una volta che il loro valore sarà sceso in conseguenza del non poterli più alienare o mettere a reddito, diverranno facile preda di banche, fondi immobiliari e rentier a vario titolo.
Che questo sia l’obbiettivo finale dei poteri profondi che ci governano, ormai credo nessuno debba più nutrire alcun dubbio.
E consentitemi anche di sottolineare che in questo provvedimento del blocco della trasferibilità dei crediti fiscali, la tanto odiata Europa, c’entra ben poco! avete notizia di un ‘cicchetto’ ricevuto da Bruxelles in questi anni? a me non risulta!
Quindi, il provvedimento è stato fecondato e partorito interamente dai nostri compatrioti che giacciono nelle stanze del potere. Sono loro che da 30 anni ininterrottamente hanno come unico obbiettivo il saccheggio del risparmio e del patrimonio immobiliare degli italiani. Sono loro che appartengono a quella élite occidentale, indicata dal presidente russo Vladimir Putin nel suo ultimo discorso, come portatrice del degrado morale e della bugia dentro l’umanità. Sono loro che preferiscono indirizzare i fondi all’invio di armi in Ucraina anziché all’adeguamento energetico delle abitazioni del loro popolo. Sono loro che aderiscono in pieno ai principi del Grande Reset, il quale prevede di spogliare completamente le persone per arrivare al fine ultimo del totale controllo fisico e mentale.
E pare proprio che questo governo sia stato ordinato di accelerare il più possibile verso questo obbiettivo!