La sistematica violazione della Costituzione per il sud. L’Italia non è stata realmente unita, rimane un paese fondato sull’ipocrisia e sulla menzogna reiterata, una pratica in uso da 163 anni in politica, in tutti gli ambienti istituzionali e di vertice dello Stato, negli uomini che siedono nei palazzi del governo centrale o periferico, e dell’alta finanza. A sancire la incontrovertibile verità fu Il Sole 24 ore l’11 gennaio 2015 in un articolo di Stefano Brusadelli dal titolo
“Quel Nord predatorio sul Sud: Quando all’indomani dell’unificazione si fece il primo censimento del Regno d’Italia, si registrò nell’ex territorio borbonico un numero complessivo di occupati dell’industria pari a un milione e 189mila. Sommando gli operai di Lombardia, Piemonte e Liguria, non si arrivava che a 810mila. Nell’ex reame delle Due Sicilie, a Pietrarsa, in Campania, e a Mongiana, in Calabria, erano localizzati i due più importanti stabilimenti siderurgici della Penisola. Il solo opificio di Pietrarsa, all’avanguardia europea nelle costruzioni ferroviarie, contava il doppio di addetti rispetto agli stabilimenti genovesi dell’Ansaldo. Ma già nel giro di un decennio la situazione si sarebbe più che ribaltata. E tutta l’industria del Mezzogiorno avrebbe conosciuto dapprima un forte ridimensionamento e poi la totale liquidazione.” (1)
Da 163 anni dura la depredazione del Mezzogiorno dai politici e dalle classi dirigenti nordcentriche che violano in modo sistematico, mirato e pedissequo l’art. 3 della Costituzione:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Di fatto ciò non avviene, a parità di doveri non corrispondono parità di diritti e la politica fa sì che non si verifica l’assunto
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Questa espressione, per il sud, è una vera e propria presa per i fondelli. Di fatto dal 1860 il sud venne annesso con la forza militare a colonia interna e dopo 163 anni rimane tale più che mai. La Repubblica non ha mai rimosso gli ostacoli che l’unificazione sabauda creò con la colonia interna, la spaccatura di fatto in due italie è la prova provata di un paese mai realmente unificato. L’art. 5 della Costituzione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”; i governi non applicano tale indivisibilità in materia di finanziamenti dei servizi primari e dello sviluppo economico, sempre a senso unico e sempre a favore del Nord sbilanciando i finanziamenti a danno e a sfavore delle aree del Mezzogiorno facendolo galleggiare al di sotto della linea del sottosviluppo, favorendo le classi imprenditoriali che appoggiano i partiti che, loro stesse, hanno generato.
Il bilancio è sempre a danno dell’emisfero meridionale, avvolto nelle spire di partiti e coalizioni nordcentriche. Un Sud che non riesce mai ad esprimere classi dirigenti in grado di contrastare il senso unico da 163 anni e a dare dignitoso sviluppo al Mezzogiorno reso precario dalla demolizione dello stato sociale del Regno due Sicilie dai ministri liberali unitari spacciato spudoratamente e falsamente, da allora in poi, come “questione Meridionale”.
Libri di storia pieni di menzogne pronti per essere inviati al macero. Schiere di storici assunti nelle università per raccontare le solite matricolate falsità in cambio del salario, per sbugiardarli basterebbe molto poco, basterebbe leggersi i dati riportati nel libro di un liberale come loro Francesco Saverio Nitti “Scienza delle finanze” dove si evince benissimo lo stato preunitario del Regno due Sicilie dove non esisteva “la questione meridionale”. Vince per ora la propaganda dello Stato risorgimentista e dei mass media asserviti sostanzialmente al potere pervasivo massonico ma non potrà durare ancora per molto, la enorme barriera di menzogne perde i pezzi e già non possiamo più parlare di “questione meridionale” ma bensì di sistematica demolizione dello stato sociale alla falsa Unità di 160 anni fa.
Il principio dell’art. 5 della Costituzione, di indivisibilità soffoca ogni legittima idea di indipendenza o smarcamento dai partiti del Nord da sempre permeati nelle politiche economiche dal liberismo nei profitti e statalizzazione dei costi per le grandi aziende private o a partecipazione statale. È vero sulla carta l’art. 3 della Costituzione “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale” ma tutti i governi, da ben oltre 70 anni, non hanno garantito ai cittadini del Mezzogiorno pari dignità sociale, hanno invece agito sottraendo fondi, quindi, in modo lesivo e a danno del Sud.
Evoluzione delle Costituzioni giacobine e massoniche nel teatro politico. Il principio giacobino “Unité et indivisibilité de la Répubblic” vige replicato e asfittico nelle costituzioni preunitarie e nella Costituzione della Repubblica italiana. Non stupiscono le origini massoniche della Costituzione della Repubblica italiana del 1948, molto simile alla Costituzione della Repubblica Romana del 1849, gli otto titoli nei quali era articolata la versione definitiva con obbiettivi mazziniani e massonici: Dei diritti e dei doveri dei cittadini. Dell’ordinamento politico.
Le origini giacobine e massoniche delle costituzioni sono note ai ricercatori storici esteri da molti anni. A partire dal 09/10/2017, quando la Gran Loggia d’Italia ha pubblicato gli atti del XIII Simposio Internazionale del Centro di studi storici della Massoneria spagnola tenuto a Gibilterra, con introduzione curata dallo storico della massoneria Aldo Mola, le origini giacobine e massoniche sono ufficialmente note anche in Italia. Il titolo dello studio di Mola è “Il Mito della Costituzione di Cadice nel Risorgimento e nell’unificazione dell’Italia, 1814-1861”. Il testo risulta pervaso da totale faziosità massonica, tuttavia alcune riflessioni appaiono decisamente interessanti. L’uso strumentale delle costituzioni ordite dalla Massoneria a partire da quella di Cadice “Tuttavia l’età franco-napoleonica fu per l’Italia un periodo di sperimentazione di costituzioni, cioè di enunciazione della identità degli Stati e dei modi attraverso i quali essi dovevano conseguire i loro fini.” Fini stabiliti da un ampio programma massonico su scala mondiale.
Interessante poi la sequenza sulle costituzioni preunitarie “…in pochi anni si susseguirono le costituzioni della Repubblica di Bologna (1796), di quelle Cispadana (1797) e Cisalpina (1797 e 1798), la costituzione della Repubblica Romana (1848), quelle della Repubblica Napoletana (1799) e della Repubblica Italiana (varata dai Comizi di Lione del 1802), la Costituzione del Popolo Ligure (1802), quella provvisoria della Repubblica di Lucca (1799) e lo Statuto costituzionale dello Stato di Lucca (1801). Dal 1805 si registrarono nove Statuti costituzionali del regno d’Italia (1805-1810) e quello del regno di Napoli e di Sicilia (1808) per il regno di Giuseppe Bonaparte prima e di Murat poi .” (2)
Le teorie liberiste, con alterne fortune, si intrecciarono con sistema politico-diplomatico fondato sulla conservazione delle “assolutistiche” monarchie amministrative, manovrate dall’interno dalle logge massoniche che fecero, allora come ora, da esecutori del potere finanziario mondiale che impose ed impone attualmente politiche liberiste attraverso prestanome e figuranti.
Conclusione. I controllori del potere finanziario europeo e mondiale agiscono attraverso le reti massoniche scavalcando la stessa Costituzione da loro appositamente formulata, imponendo politiche e governi che da 163 anni sottraggono risorse umane, fondi e risorse economiche al Mezzogiorno per mantenere nel sottosviluppo la sponda nord del Mediterraneo e tenere in uno stato perenne di vassallaggio la colonia interna del sud. Permane l’ipocrisia costituzionale della “Repubblica una e indivisibile” esattamente come la Repubblica romana del ’48 anche di fronte ai fatti conclamati dall’evidenza, e all’ignavia generale.
I fratelli d’Italia massoni del nord prevalgono sui fratelli d’Italia massoni del sud, sempre feroci con il sud ma molto chini agli ordini centrali, mentre il sud sprofonda sempre più in una ignoranza senza pudore e vergogna.