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      • IL POPOLO SENTE PUZZA DI GUERRA, ED IL SISTEMA ESAUSTO RILANCIA I SUOI GIULLARI

      IL POPOLO SENTE PUZZA DI GUERRA, ED IL SISTEMA ESAUSTO RILANCIA I SUOI GIULLARI

      Il presidente del Movimento 5 Stelle (M5s) Giuseppe Conte alla manifestazione del Movimento 5 Stelle (M5s) 'Basta soldi per le armi' per la pace contro il riarmo, Roma, 05 aprile 2025. /// Five Star Movement (M5s) leader Giuseppe Conte takes part in an anti-war protest march against European rearmament in Rome, Italy, 05 April 2025.ANSA/ANGELO CARCONI

      Tra crac finanziario in fieri, scontri militari in atto o dietro l’angolo, terremoto dazi e piani di riarmo è di lapalissiana evidenza che ci troviamo in un vortice di fatti e sviluppi internazionali di portata storica.

      Questa consapevolezza sta pian piano facendo breccia in una popolazione che, a grandi linee, dopo lo shock dell’emergenza Covid è stata piuttosto passiva.

      La prova che una parte di cittadini italiani sta iniziando a sentire puzza di bruciato è arrivata nel fine settimana del 5 e 6 aprile, weekend di manifestazioni contro il piano di riarmo europeo. Il fatto che in molti degli appuntamenti di protesta ci sia stata una buona partecipazione – con il picco nel corteo di Roma, che ha portato in strada decine di migliaia di persone – è indice che la questione del riarmo e di una deriva bellica è da tanti sentita e percepita come una concreta minaccia.

      In diverse città ci sono stati eventi ed iniziative, alcune promosse autonomamente da realtà locali, altre impostate dai movimenti aderenti al neonato Coordinamento No Nato, altre da realtà sinistroidi (il caso della manifestazione di Potere al Popolo del 6 aprile a Bologna). Le manifestazioni più partecipate e riuscite sono state però quelle di Milano, organizzata dalla creatura del duo Toscano-Rizzo (Democrazia Sovrana e Popolare), e soprattutto il corteo romano capeggiato dai Cinque Stelle.

      L’appuntamento di Roma è stato oggettivamente un successo in termini di partecipazione, segno, come soprascritto, che i piani di riarmo, i toni e il clima generale sono fonte di una diffusa preoccupazione. Se questo è decisamente un buon segnale, non si può dire altrettanto sul fatto che a guidare e mettersi a capo della mobilitazione sia stato quel partito responsabile di una delle più grandi operazioni di gatekeeping recenti, protagonista e complice delle chiusure generali del periodo Covid (quando al governo ci stavano proprio Conte e i pentastellati in coalizione con il centrosinistra), socio di maggioranza del nefando governo di unità nazionale Draghi nonché sostenitore dei primi pacchetti di aiuti militari all’Ucraina, resi possibili grazie al “decreto Ucraina” del 25 febbraio 2022, alle risoluzioni di Camera e Senato dell’1 marzo 2022 e quella del Senato del 21 giugno 2022, tutte approvate dai 5 Stelle.

      A conferma della fallacia del Movimento 5 Stelle, che si è abilmente spacciato come contrario al riarmo europeo, ecco una dichiarazione dell’ex premier Conte pronunciata a Roma il 5 aprile:

       

      “Noi diciamo no a questo folle piano di riarmo. Noi diciamo no a 800 miliardi buttati non per un progetto serio di difesa europea che ci consentirebbe, quello sì, di costruire un orizzonte anche di sicurezza, ma con risparmio di spesa perché noi insieme spendiamo più della Russia.”

       

      Alla faccia del non essere contro il riarmo della Von Der Leyen… questi paraculo sono i paladini del riarmo europeo, a condizione però che sia “serio” e veramente europeo!

      D’altronde il ruolo del Movimento 5 Stelle nel sistema politico italiano è stato, fin dalla nascita, uno: contenere in una cornice sicura, elettoralistica ed istituzionale il malcontento e la rabbia di milioni di cittadini.

      Tale movimento nacque e si diffuse, infatti, proprio in seguito allo scoppio della crisi economica e alle correlate misure di tagli e austerità, raccogliendo i malumori di una grande massa di persone, prevalentemente della classe media e degli strati popolari, e incanalando il diffuso desiderio di cambiamento che si faceva sempre più diffuso in parte della popolazione italiana. Ebbene esso, promettendo grandi riforme e abbondando in retoriche “antisistema”, ottenne effettivamente la fiducia di milioni di uomini e donne e fece sì che il loro malcontento trovasse un inoffensivo sbocco istituzionale nel quale sopirsi.

      Se tuttavia poteva essere comprensibile il concedere un minimo di fiducia nei 5 Stelle nei suoi primi anni di esistenza, ora, dopo che la parabola del movimento fondato da Beppe Grillo e il transumanista Gianroberto Casaleggio ha portato i 5S addirittura alla maggioranza parlamentare nella legislatura 2018-2022, alla presidenza di ben due governi (i c.d. Conte I e Conte II) e alla partecipazione al governo Draghi, non ci sono più scuse. Eppure, nell’aprile 2025, questo raggruppamento politico è riuscito ad intestarsi il merito, la paternità ed il successo di una manifestazione “contro il riarmo” animata da decine di migliaia di uomini e di donne.

      È abbastanza triste constatare che ancora diverse persone sostengono, si accodano o tornano a sperare in una realtà così compromessa ed esausta. Segno dei tempi e della desolazione politica nel quale siamo immersi, purtroppo.

      Personalmente non ho condiviso la scelta fatta anche da alcune realtà del c.d. “dissenso” (parola a me sempre più indigesta) di aderire al corteo di Roma. Per quanto comprenda le loro ragioni, trovo che sia comunque un errore politico il finire a nutrire e sostenere un’iniziativa organizzata da un indegno e colluso partito parlamentare, che è scontato poi monopolizzi, strumentalizzi e opportunisticamente contabilizzi come un personale successo l’intero evento, oscurando peraltro le micro realtà che hanno voluto aderire. Credo che una delle cose peggiori da fare ora sia proprio il portare nuova linfa vitale a partiti come i 5 Stelle, che piuttosto che essere rivitalizzati aggratis meriterebbero un colpo di grazia per poi essere spazzati con una bella tirata di sciacquone.

      Il sistema italiano necessita infatti il rilancio di alcune sue parti. Ciò nel tentativo di ricostruire dei “recinti” politici affidabili che siano un minimo accattivanti per la massa degli scontenti (in larga misura appartenenti agli strati popolari della piccola borghesia e del proletariato). I milioni di sfiduciati e disaffezionati al voto, e dunque senza una sicura guida politica, sono ora assolutamente innocui, in quanto passivi e depressi spettatori, ma in potenza possono rappresentare una minaccia qualora si riaccendano – magari in un prevedibile scenario di  futura grave crisi socio-economica o persino bellica – scendendo in campo in maniera autonoma, privi di un timoniere capace di stemperare la tensione e incanalare le energie verso sfoghi sicuri che non nuocciano realmente allo status quo e agli attuali equilibri e rapporti di forza.

      Siccome le aspettative sul prossimo futuro non sono appunto tra le più rosee, tra guerre commerciali, recessione economica, crisi capitalistica e grandi guerre guerreggiate in preparazione, ecco che il preparare tutti gli strumenti per reggere ad una potenziale futura ondata di proteste  è l’obiettivo cardine dei governi europei e non solo. Le misure fatte passare con la scusante dell’emergenza di turno, l’inasprimento di alcune pene e la restrizione di alcune libertà, le novità apportate da un “decreto sicurezza” (fatto passare forzando la mano e introdotto dal governo come decreto legge), il rafforzamento delle forze armate e dei corpi di polizia nonché del controllo sociale generale rappresentano un lato della medaglia, ovvero il bastone, quello con il quale si sorveglierà la popolazione ed eventualmente si punirà i riottosi.

      La costruzione di una pseudo alternativa politica di sistema è invece un altro lato della stessa medaglia, funzionale a prevenire ed eventualmente a contenere le istanze di cambiamento o la rabbia che si potranno fare strada nella cittadinanza.

      Ecco che torna utile dunque per lo “Stato profondo” che un partito sicuro e affidabile cavalchi la preoccupazione sul riarmo e riacquisisca presentabilità.

      Siccome il panorama politico nostrano vive ormai nella perenne e sistemica dicotomia della destra vs. sinistra, tanto utile alla stabilità profonda dello scaltro sistema statale tricolore, è verosimile che se i 5 Stelle tenteranno il loro rilancio proponendosi come schieramento “di sinistra”, a “destra” questo ruolo potrà giocarselo una Lega, che tra le sue file ha ora ufficialmente un Vannacci, oltre ad un Borghi che riesce a stare ancora tanto caro a molti.

      Ovviamente questa riesumazione potrebbe non avere successo, dato il fatto che, nel bene e nel male, sono comunque in molti ad essersi convinti che del teatro elettorale non c’è più da fidarsi. Difficile anche la nascita di un contenitore ex novo, come dimostra anche l’insuccesso di molte nuove liste c.d. antisistema.

      In questo scenario è di primaria importanza, per la popolazione, apprendere le lezioni dal passato, ormai saturo di evidenze sul funzionamento del teatrino politico. Basti ricordare gli anni del “sinistra vs. Berlusconi”, salvo poi vedere il governo Monti sostenuto da berlusconiani e Partito Democratico assieme appassionatamente (per fottere cittadini e lavoratori), con la Lega tenuta fuori per il turnover (mentre nasceva il fenomeno 5 stelle).

      Interessante notare come uno dei paladini dell’antiberlusconismo (che è l’humus nel quale è ristagnata la sinistra italiana per circa un ventennio), Marco Travaglio – uomo di grande intelligenza ma sul quale, d’istinto, diffiderei parecchio – sia ora molto attivo e si proponga alla massa come “voce critica”. Peraltro il celebre giornalista ha anche tenuto un suo intervento alla manifestazione dei 5 Stelle a Roma.

      Guardiamo poi ai fatti più recenti, con il grande impasto del governo d’unità Draghi e l’astensione dal governo del partito di Giorgia Meloni, tenuto debitamente in panchina per poi subentrare una volta finito il compito di “Super Mario”.

      In merito al teatrino della sinistra contro la destra mi torna alla mente l’esemplare storia del PdCI (Partito dei Comunisti Italiani) di Rizzo e Cossutta, al governo nella coalizione del d’Alema I, ovvero quel governo che fece partecipare l’Italia ai bombardamenti del 1999 sulla Yugoslavia. Non solo il PdCI rimase al governo e non ritirò la fiducia, accettando di fatto così i bombardamenti Nato, ma riconfermò pure la fiducia al secondo governo D’Alema nel dicembre 1999 per “impedire il ritorno di Berlusconi”. Ora però Marco Rizzo, allora deputato ed esponente del PdCI, fa le sue invettive contro la Nato…

       

      Un meme satirico su Rizzo (che fa riferimento al sostegno del PdCI – l’allora partito di Marco Rizzo – al governo D’Alema, responsabile della partecipazione italiana ai bombardamenti in Yugoslavia), trovato nei meandri del web, che parodia un recente filmato del coordinatore di DSP

       

      Bisognerebbe imparare dalle tante lezioni del passato e partire da esse per costruire una nuova linea autonoma, capace di mettere in discussione tutto l’impianto e tutto il sistema di potere, possibilmente affrontando le questioni non demagogicamente o populisticamente, bensì con serietà e, passo dopo passo, arrivando pian piano anche al cuore di molte delle questioni, che a mio avviso stanno nelle dinamiche legate al dominio del Capitale, entità impersonale a capo di un sistema globale fatto su misura che, più che definire iniquo od oppressivo, è lecito definire come demoniaco ed antiumano.

      Quello di dare avvio ad una linea autonoma e veramente innovativa senza cadere nelle innumerevoli trappole e lusinghe è certamente un percorso molto arduo, lento e pieno di ostacoli. Ma al punto nel quale siamo arrivati è anche l’unica alternativa a disposizione se non si vuole accettare la deriva alla quale siamo altrimenti destinati. Qualche piccola realtà onesta, sincera e intenta a seguire un valido percorso c’è, ed è forse da queste che può nascere qualcosa di nuovo e di bello.

      C’è una presunta maledizione cinese che dice: “Che tu possa vivere tempi interessanti”.

      Ebbene i nostri sono tempi maledettamente interessanti, e noi ci siamo dentro.

      Incertezze, crisi e sconvolgimenti sono all’orizzonte, e i piani di riarmo europei e nazionali, così come il tono delle istituzioni, sembrano indicare che una guerra ci sarà. Una situazione che ha delle affinità con quella degli anni ’30, se si pensa che allora tutti gli Stati sapevano che una guerra ci doveva essere, ma quasi fino all’ultimo non si sapeva quando (Il governo italiano puntava sul 1943, anno nel quale si pensava che il Regno d’Italia sarebbe stato pronto alla guerra. Nel maggio del 1939 Mussolini scriveva infatti a Hitler che la guerra era inevitabile, ma che l’Italia necessitava di un periodo di preparazione fino alla fine del ’42), come, né tra quali effettivi schieramenti sarebbe stata combattuta.

      La situazione è quindi grave, ed è bene che in molti prendano coscienza e si oppongano alla preparazione bellica.

      Ma non sia mai che da questa storia si torni a credere e sperare negli esausti politicanti di sistema.

      Non sia mai che si torni a dare linfa ai complici dei nostri aguzzini.

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