Nel sistema c’è troppo “rumore” e sta oscurando la vista.
Davos è sempre stata un po’ “strana.” Ma quest’anno gli aspetti più strani erano particolarmente evidenti. Il WEF sta morendo ancora in fasce. La “visione” sembra sempre più fantastica e l’arroganza – insita nel “condizionamento comportamentale” necessario a far sì che le persone facciano le “scelte giuste” – è nuda. Il divario tra la vita, così come viene vissuta a tutto tondo, e la desolante prescrizione del WEF non è mai stato così netto. Questo divario non potrà che aumentare, dato che la forte diminuzione del tenore di vita costringe la grande maggioranza a concentrarsi sull’immediatezza e sulla sopravvivenza della famiglia.
Si potrebbe liquidare questo fenomeno come una curiosità. Ma sarebbe sbagliato. La nave di Davos potrà anche aver urtato un grosso iceberg di credibilità, ma non è ancora affondata.
Piuttosto, è significativo il fatto che Davos stia affondando in una raccapricciante idiosincrasia – altamente significativo.
È significativo perché segna una discontinuità nello spettro della “strana coppia” dei fanatici europei del clima alleati con i russofobi neoconservatori statunitensi e britannici. È sempre stato strano che il Partito Verde tedesco, un tempo contrario alla guerra, sia diventato un sostenitore così accanito della guerra con la Russia.
L’ala “verde” della coalizione si sta indebolendo. Ma dobbiamo aspettarci che le spinte climatiche contro la transizione verde aumentino, visto che [in Europa] il tenore di vita continua a crollare ad un ritmo che non si vedeva dal secondo dopoguerra.
Intuitivamente, l’aspetto strano di Davos potrebbe sembrare una buona cosa. Ma attenzione a ciò che desideriamo, perché l’affievolirsi dell’ala “verde” lascia gli ideologi dell’egemonia statunitense (i Neo-conservatori) più liberi di spingere nel vuoto appena formatosi.
In questo quadro generale, la collocazione del Forum di Davos e del Grande Reset è sempre stata “ambigua.” L’ideatore del concetto non era stato il Team Schwab, ma David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan Bank, e il suo protetto (e in seguito “consigliere indispensabile” di Klaus Schwab), Maurice Strong.
William Engdahl ha scritto [anche tradotto su CDC] che “negli anni ’70 i circoli direttamente legati a David Rockefeller avevano dato vita ad una serie impressionante di organizzazioni e think tank d’élite. Tra questi, il neomalthusiano Club di Roma, lo studio del MIT “I limiti alla crescita” e la Commissione Trilaterale”:
“Nel 1971 il Club di Roma aveva pubblicato un rapporto estremamente fallace, I limiti alla crescita, che prevedeva la fine della civiltà a causa della crescita della popolazione e dell’esaurimento delle risorse. Era il 1971. Nel 1973, Klaus Schwab, in occasione della terza edizione del Forum di Davos, aveva presentato I limiti alla crescita come la sua [visione del futuro], agli amministratori delegati delle aziende riunite. Nel 1974,al convegno Turning Point del Club di Roma, aveva sostenuto che “l’interdipendenza deve tradursi in una diminuzione dell’indipendenza: ora è il momento di elaborare un piano generale [per] un nuovo sistema economico globale.”
Era stato Maurice Strong, pupillo di Rockefeller, a presiedere la Conferenza di Stoccolma dell’ONU per la Giornata della Terra del 1972, che aveva promosso una strategia economica di riduzione della popolazione e di abbassamento degli standard di vita in tutto il mondo per “salvare l’ambiente.” Come segretario generale della Conferenza di Rio delle Nazioni Unite, Strong aveva commissionato il rapporto del Club di Roma, dove si ammetteva che la teoria del riscaldamento globale da CO2 era solo un espediente inventato per forzare il cambiamento: Il vero nemico era l’umanità stessa, il cui comportamento doveva essere modificato. Alla conferenza di Rio, il delegato del Presidente Clinton, Tim Wirth, aveva ammesso la stessa cosa, quando aveva affermato: “Dobbiamo affrontare la questione del riscaldamento globale. Anche se la teoria del riscaldamento globale è sbagliata, faremo la ‘cosa giusta’ in termini di politica economica.”
Il punto è che la ricetta Rockefeller-Davos è sempre stata una truffa per far esplodere nuove bolle finanziarie che mantenessero a galla il progetto di egemonia del dollaro. Il mondo, tuttavia, sta passando dalla prescrizione di Davos di una governance mondiale unitaria alla de-centralizzazione e alla multi-polarità, alla ricerca della rinascita dell’autonomia, dei valori storici e della sovranità. Al WEF di quest’anno è diventato ovvio: Davos è ormai cosa vecchia.
L’effetto più importante, tuttavia, che spesso sfugge, è l’importanza del fallimento di questa agenda nel campo della guerra finanziaria: il “nuovo sistema economico” di Davos prevedeva un’ondata di spesa per le tecnologie rinnovabili, per i sussidi (come i crediti di CO2) e per liquidare la transizione. Si trattava di incubare una nuova bolla, basata su nuovo denaro a costo zero (noto come MMT).
Questo è il motivo per cui aziende come Blackrock e gli oligarchi sono così entusiasti di Davos. L’arrivo di alti tassi di interesse, tuttavia, uccide di fatto la nuova “opzione bolla,” proprio in un momento in cui il mondo occidentale si trova sull’orlo di una grave contrazione economica.
Casualmente, in questo momento di decadenza di Davos, si è scatenato un rumore rauco e distraente: Abrahams M1 e Leopard per l’Ucraina. Il ministro tedesco Baerbock che dichiara che la Germania e la famiglia dell’UE sono “in guerra con la Russia.” Il rumore, come al solito, riesce a oscurare un quadro più ampio.
Sì, punto primo, abbiamo sempre un cambio di missione: non invieremo armi offensive, ma poi lo hanno fatto. Non invieremo armi a lungo raggio (M777), ma poi lo hanno fatto. Non invieremo sistemi missilistici multipli (HIMARS), ma poi lo hanno fatto. Non invieremo carri armati, ma ora lo fanno. Niente truppe NATO sul terreno, ma sono lì dal 2014.
Punto secondo: Il colonnello Douglas Macgregor, ex consigliere di un segretario alla Difesa statunitense, afferma che l’umore a Washington è notevolmente cambiato: Washington ha capito che gli Stati Uniti stanno perdendo la loro guerra per procura. Questo fatto, tuttavia, secondo Macgregor, rimane ancora “sottotraccia” nei media main-stream. Il punto più importante che Macgregor sottolinea è che questo tardivo “risveglio” alla realtà non sta spostando di una virgola la posizione dei falchi neoconservatori. Vogliono un’escalation (come una piccola fazione in Germania, i Verdi, e una fazione di spicco in Polonia e, come sempre, negli Stati baltici).
E Biden è circondato dai falchi guerrafondai del Dipartimento di Stato.
Terzo punto: la “realtà” contraria è che anche i militari “in uniforme” d’Europa hanno capito che l’Ucraina sta perdendo e sono molto preoccupati dalla prospettiva di un’escalation e di una guerra che potrebbe inghiottire l’Europa orientale. I carri armati non hanno nulla a che fare con il loro calcolo sull’esito del conflitto.
I professionisti sanno che gli Abrams o i Leopard non cambieranno il corso della guerra, e arriveranno quando sarà troppo tardi per cambiare qualcosa. I quadri militari europei non vogliono la guerra con la Russia: sanno che l’UE non ha la capacità di produzione di “picco” per sostenere una guerra contro la Russia, al di là di una finestra molto limitata.
L’opinione popolare e alcuni settori chiave dell’opinione d’élite in Germania (e altrove in Europa) si stanno indurendo nell’opposizione alla guerra. Si teme che l’enfasi sull’invio di carri armati tedeschi, con il loro oscuro simbolismo di sanguinose battaglie passate, sia intesa a seppellire definitivamente ogni prospettiva di future relazioni della Germania con la Russia.
Inoltre, gli ufficiali militari tedeschi temono che un esercito ucraino in crisi possa ripiegare verso il confine polacco – e persino oltrepassarlo – e questo prima ancora che i carri armati vengano consegnati. Questi carri armati verrebbero quindi assorbiti dall’esercito polacco. In questi ambienti militari si pensa che questo potrebbe essere l’intento finale dei Neoconservatori: la Polonia, che sta già mobilitando una forza militare di 200.000 uomini, diventerebbe il nuovo proxy (e il più grande esercito in Europa) in una più ampia guerra europea contro la Russia.
I Tedeschi sono comprensibilmente molto inquieti. Un recente rapporto dell’edizione polacca del quotidiano tedesco Die Welt – basato su colloqui con fonti diplomatiche polacche, tra cui un alto funzionario del Ministero degli Esteri polacco – ha riferito che “ogni giorno i politici polacchi dicono ciò che i rappresentanti della Germania o della Francia di solito non osano,” formulando così uno degli obiettivi della guerra, ovvero che “la Russia deve essere indebolita, per quanto possibile, incondizionatamente. Il nostro obiettivo è fermare la Russia per sempre. Uno sporco compromesso non deve essere consentito.” E ancora: “Una tregua alle condizioni della Russia porterebbe solo ad una pausa nei combattimenti, che durerebbe solo fino a quando la Russia si riprenderà,” ha spiegato l’alto diplomatico.
Ribaltiamo quindi la prospettiva e guardiamola dall’altra parte. Certo, il conflitto ucraino è un caleidoscopio di forme in movimento – eppure ci sono alcuni appigli a cui ci si può aggrappare, per un po’ di stabilità.
L’asse dei Paesi “in guerra con la Russia” si trova sull’orlo di un precipizio economico. Il tenore di vita sta crollando al ritmo più rapido dal secondo dopoguerra. La rabbia, lenta ad accendersi, sta ora esplodendo. Le classi politiche britanniche e dell’UE non hanno risposte a questa crisi. La classe dirigente tenta di rimanere in disparte, confidando che il popolo accetti tutto quanto: i prezzi in aumento, i posti di lavoro persi a causa dei costi energetici più elevati, gli spazi vuoti sugli scaffali dei negozi e le disfunzionalità del sistema (ad esempio, negli aeroporti e nei trasporti) che interferiscono con il buon funzionamento della società. Per gli Americani è lo stesso.
I tirapiedi incaricati della gestione e del funzionamento del “sistema” sono confusi. La loro (alta) autostima finora si è basata sull’articolazione di “punti di vista corretti” e sull’adesione alle “cause prescritte,” più che sulla manifestazione di una particolare competenza nel proprio lavoro. Ora non sanno cosa dire o quale causa sia “corretta.” Le narrazioni si stanno sgretolando; le rivelazioni di Twitter hanno sconvolto il precedente “equilibrio.”
Anche il regime di Kiev è alle corde. Sta raggiungendo il limite per quanto riguarda il morale militare – e la disponibilità di uomini arruolabili. È finanziariamente al verde. Secondo quanto riferito, uno dei messaggi consegnati [alla giunta di Kiev] dal capo della CIA, Bill Burns, durante la sua recente visita, avvertiva che Kiev potrà contare sul sostegno finanziario di Washington fino a luglio, ma che, oltre questo termine, i finanziamenti saranno inutili.
Il colonnello Macgregor suggerisce che la fornitura di “carri armati” potrebbe essere stata pensata per “prolungare la sofferenza,” ossia per aumentare le “apparenze” fino a quando (presumibilmente) non sarà identificato un capro espiatorio in grado di sostenere la responsabilità di un’eventuale débacle ucraina. Chi potrebbe essere? Beh, le voci di corridoio suggeriscono che la saga dei documenti classificati di Biden sia uno stratagemma destinato a portare alla defenestrazione di Joe Biden prima delle primarie democratiche.
Chi lo sa… Ma quello che è evidente è che c’è una fazione negli Stati Uniti che, come in Europa, si oppone alla predisposizione del team Biden all’escalation. Gli Europei temono una guerra cinetica sul loro continente, mentre la fazione americana teme di più la prospettiva di un crollo finanziario, se la guerra dovesse allargarsi.
Naturalmente, anche Mosca non vuole una guerra più ampia, anche se deve prepararsi a questa eventualità.
Mosca è anche consapevole del fatto che le continue provocazioni militari occidentali (ad esempio, gli attacchi con i droni in Crimea) sono sfruttate con entusiasmo dai falchi che sperano di innescare un’escalation russa. In effetti, secondo i falchi l’assenza di tali ritorsioni da parte della Russia sarebbe una prova di debolezza, la giustificazione per un ulteriore salto di qualità nelle successive provocazioni.
Tuttavia, è improbabile che la Russia abbocchi all’amo: ha un vantaggio strategico reale in tutte le aree di impegno con le forze ucraine. Mentre l’Occidente ha solo un effimero e apparente vantaggio di escalation.
Il Team Putin ha la possibilità di gestire qualsiasi escalation (a titolo di rappresaglia) in modo minimale e diffuso, in modo da non dare ai guerrieri di Washington la loro tanto agognata “Pearl Harbour” (come quando la flotta statunitense era stata lasciata all’ancora, a fare da bersaglio per un attacco giapponese).