Ricordate il vecchio adagio: i bastoni e le pietre mi spezzeranno le ossa, ma le parole non mi faranno mai del male.
Nel confronto portato avanti dagli Stati Uniti e dai loro alleati anglo-europei per distruggere la Russia a partire dal 1945, la guerra di propaganda è stata persa dai russi molte volte. Quella guerra sta ancora venendo persa.
Ma, per la prima volta dal 1945, la guerra sul campo di battaglia è stata vinta dallo Stato Maggiore russo.
L’unica incertezza è se il Presidente Vladimir Putin continuerà a limitare i piani di guerra dello Stato Maggiore affinché Putin possa andare a negoziare con gli americani la rinuncia alla smilitarizzazione e alla denazificazione del territorio ucraino tra Kiev e il confine polacco, e concedere al regime di Kiev il controllo senza ostacoli delle città a est – Kharkov, Odessa, Dniepropetrovsk.
Queste condizioni chiamiamole pure Istanbul-II. Come la bozza di termini siglata a Istanbul alla fine di marzo 2022, Istanbul-II equivale a scambiare la potenza militare russa dominante per firme statunitensi e ucraine su inutili e insinceri pezzi di carta.
L’amministrazione statunitense si dice convinta che Putin cederà. Ritiene inoltre che, mettendo in atto la sua guerra di punture di spillo – ovvero i bombardamenti di droni, artiglieria e missili lanciati dall’esercito ucraino, con la regia di Stati Uniti e Regno Unito – nel Mar Nero e nelle regioni di confine occidentali della Russia, le linee rosse e le minacce di ritorsione di Putin verranno smascherate come vuoti bluff. La stessa interpretazione delle intenzioni di Putin e la fiducia che possa accettare le condizioni degli Stati Uniti sono alla base del “piano di pace” per l’Ucraina dei consiglieri di Donald Trump. L’offerta del piano Trump di “qualche limitato alleggerimento delle sanzioni” riflette la convinzione di Washington che il gruppo degli oligarchi di Putin possa essere corrotto e spinga Putin a fare le stesse concessioni di “guerra congelata” che Roman Abramovich aveva fatto accettare a Putin per Istanbul-I – fino a quando lo Stato Maggiore non li aveva fermati entrambi.
Le restrizioni imposte da Putin alle proposte dello Stato Maggiore per neutralizzare le operazioni di sorveglianza aerea e di guerra elettronica degli Stati Uniti e della Gran Bretagna e i suoi ordini di restare in attesa mentre gli ucraini concentravano diverse migliaia di uomini, prima per entrare a Kursk e poi a Bryansk e Belgorod, sono ora visibili a Mosca come lo erano state a Washington.
Fonti di Mosca ritengono che sia stato il Cremlino a essere stato colto di sorpresa dall’attacco al Kursk del 6 agosto, non lo Stato Maggiore e l’agenzia di intelligence militare GRU. Queste ultime avevano correttamente letto le informazioni che arrivavano dal campo di battaglia e avevano chiesto il consenso di Putin per rispondere. A posteriori, ribattono “ve l’avevamo detto”, facendo capire che le loro mani erano legate dagli ordini del Cremlino.
“La mia comprensione attuale”, dice una delle fonti, “è che si tratti di punture di spillo che fanno male, ma che non sono pericolose per la vita. Per ora la Russia non prenderà altri territori oltre alle quattro regioni. Dovrebbero essere otto, ma è ovvio che Putin non ha la volontà e i militari non hanno la capacità di mantenerle. Quindi, per un po’, vedremo gli ucraini dentro Kursk. Ma la cosa va minimizzata, perché non si deve permettere che [Kursk] diventi una merce di scambio nei negoziati a cui punta la controparte“.
Lo aveva detto lo stesso Putin, sottolinea la fonte, durante l’incontro del 12 agosto con il capo dello Stato Maggiore, Valery Gerasimov, e altri. “Queste azioni [a Kursk] mirano chiaramente a raggiungere un obiettivo militare primario: fermare l’avanzata delle nostre forze nel loro sforzo di liberare completamente i territori delle repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, la regione della Novorossiya“. Putin aveva aggiunto che: “Sta diventando sempre più chiaro il motivo per cui il regime di Kiev ha rifiutato le nostre proposte per una soluzione pacifica, così come quelle di mediatori interessati e neutrali…. Sembra che l’avversario voglia rafforzare la propria posizione negoziale per il futuro. Tuttavia, che tipo di negoziati potremmo avere con chi attacca indiscriminatamente i civili e le infrastrutture civili, o minaccia gli impianti nucleari? Cosa c’è da discutere con queste parti?”
“A questo punto è ovvio“, commenta una fonte militare, “che gli americani e gli ucraini hanno deciso che Putin scenderà a patti se solo riusciranno a sottrarre abbastanza territorio alla Russia e a colpire dietro le linee russe… Gli ucraini si stanno dando da fare nel nord mentre il centro crolla. Ma sanno che, per quanto dispendioso sia, più a lungo restano all’attacco, peggio è per la leadership russa. Hanno anche capito che Putin non è disposto ad andare fino in fondo“.
Questo è evidente anche nel Consiglio di Sicurezza di Mosca. Il vice-segretario del Consiglio, l’ex presidente Dmitri Medvedev, ha chiaramente espresso questo concetto in una sua dichiarazione su Telegram il 21 agosto, lasciando intendere che, fino a quando non l’avesse detto lui, nessun altro avrebbe osato: “A mio parere, negli ultimi tempi, anche teoricamente, c’è stato un pericolo: la trappola dei negoziati, in cui il nostro Paese potrebbe cadere in determinate circostanze, per esempio. Mi riferisco ai primi e inutili colloqui di pace proposti dalla comunità internazionale e imposti al regime di Kiev con prospettive e conseguenze poco chiare“. Medvedev si riferiva a Istanbul-I. “Dopo l’atto di terrorismo commesso dai neonazisti nella regione di Kursk, tutto è andato a posto. Le chiacchiere di intermediari non autorizzati sul tema del bel mondo sono state interrotte. Ora tutti capiscono tutto, anche se non lo dicono ad alta voce. Capiscono che NON CI SARANNO PIÙ NEGOZIATI FINO ALLA COMPLETA SCONFITTA DEL NEMICO!” [Maiuscole di Medvedev].
Il riferimento di Medvedev alle “chiacchiere inutili di intermediari non autorizzati” è per il primo ministro ungherese Victor Orban, che aveva visto Putin al Cremlino il 5 luglio con il malcelato scopo di inviare un messaggio al candidato alla presidenza Trump, con cui Orban si era incontrato il 10 luglio. Per quella storia, cliccate qui.
Alcuni giorni prima dell’incontro con Orban, Putin aveva annunciato l’abbandono degli obiettivi di smilitarizzazione e denazificazione dell’Operazione Militare Speciale in cambio del “ritiro completo di tutte le truppe ucraine dalle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e dalle regioni di Zaporozhye e Kherson“.
Questo cambiamento di obiettivo non è ancora stato riconosciuto dai media del Cremlino; è osteggiato dai militari russi e dalla maggioranza degli elettori russi. “La guerra è guerra – o andiamo in guerra o ci arrendiamo” – è uno slogan popolare sui social media russi per chiedere a Putin di smettere di ostacolare i piani dello Stato Maggiore.
“Il problema per i russi“, commenta una fonte militare, “è che loro, specialmente il Cremlino, il Ministero della Difesa e il Ministero degli Esteri hanno perso la guerra della propaganda. Questo li mette in una brutta posizione, perché, per riprendersi, hanno bisogno di qualcosa di più che fermare e poi respingere gli ucraini a Kursk, o di una vittoria nel Donbass. Hanno bisogno di buttare gli ucraini fuori dalla guerra. Ma su questo Putin dice una cosa e ne fa un’altra“.
L’attraversamento del confine ucraino era iniziato tra le 5 e le 5:30 del mattino del 6 agosto.
I primi rapporti del Ministero della Difesa di Mosca erano falsi. Nel pomeriggio del 7 agosto, il capo dello Stato Maggiore, Valery Gerasimov, in un briefing pubblico del presidente e di altri funzionari, aveva affermato che: “Alle 5.30 del 6 agosto, alcune unità delle Forze armate dell’Ucraina, con un massimo di 1.000 uomini, sono passate all’offensiva con l’obiettivo di catturare una sezione del territorio del distretto di Sudzha nella regione di Kursk. Le azioni congiunte delle unità di copertura del confine di Stato insieme alle guardie di frontiera e alle unità di rinforzo, gli attacchi aerei, le forze missilistiche e il fuoco di artiglieria hanno fermato l’avanzata del nemico nel territorio in direzione di Kursk… Completeremo l’operazione sconfiggendo il nemico e raggiungendo il confine di Stato“.
Il numero delle forze ucraine era troppo basso, l’avanzata del nemico non era stata fermata, il ripristino del confine di Stato non è ancora arrivato dopo tre settimane di combattimenti. O Gerasimov la sapeva lunga e stava mentendo a Putin facendo propaganda pubblica oppure non sapeva quale fosse la situazione reale.
Il generale Gerasimov (a sinistra) in collegamento video legge il suo rapporto a Putin, seduto con il ministro della Difesa Andrei Belousov, il direttore del Servizio di sicurezza federale Alexander Bortnikov e Sergei Shoigu, ex ministro della Difesa e ora capo del Consiglio di sicurezza. La relazione era stata redatta in anticipo dal Cremlino, motivo per cui la lettura di Gerasimov non aveva deviato dal copione. Fonte: http://en.kremlin.ru/ — alle 16:48. Riportato con un ritardo di tre ore da Boris Rozhin su Colonel Cassad — 20:08. Rozhin e le sue fonti militari erano scettici; a Rozhin era stato detto di attenersi al copione di Gerasimov. Finché ha potuto, lo ha fatto.
I depistaggi dello Stato Maggiore erano stati ripetuti dalle uniche fonti mediatiche russe indipendenti non direttamente controllate dallo Stato: i blogger militari, i migliori dei quali sono Boris Rozhin (Colonel Cassad) e Mikhail Zvinchuk (Rybar). Per tutto il primo giorno, Rozhin aveva cercato di minimizzare l’attacco, basandosi sui comunicati ufficiali del Ministero della Difesa e della regione. Il primo rapporto di Rozhin era apparso alle 10:12 del mattino del 6 agosto: “Il governatore della regione di Kursk ha riferito di un tentativo delle forze nemiche di sfondare nel territorio della regione. L’attacco è stato condotto da forze limitate ed è stato respinto. Le Forze Armate della Federazione Russa e l’FSB non hanno permesso lo sfondamento delle forze nemiche“. Questo era falso.
Con il suo rapporto a Putin, Gerasimov aveva esposto se stesso, lo Stato Maggiore e il Ministero della Difesa a una serie di accuse di incompetenza e negligenza, riprese una settimana dopo dai media sotto il controllo del Cremlino. Queste accuse includevano l’incapacità dell’intelligence russa di rilevare il concentramento delle forze ucraine prima che attraversassero il confine e il fatto che Gerasimov avesse “ignorato diversi avvertimenti su un concentramento ucraino vicino al confine di Kursk“. Un articolo di fonte anonima, redatto da un giornalista non russo con precedenti di plagio e fabbricazione, aveva fatto riferimento a “falchi nell’apparato siloviki [che] non fanno mistero del fatto che Gerasimov dovrebbe essere licenziato” e sostituito, secondo il giornalista, dallo screditato generale Sergei Surovikin e/o dal capo del Servizio di sicurezza federale, Alexander Bortnikov.
La campagna contro Gerasimov sembra essere anche una difesa della conoscenza anticipata di Putin e dei suoi ordini operativi a Gerasimov prima del 6 agosto: “La reazione del presidente Putin all’invasione di Kursk era visibile nel suo linguaggio del corpo. Era furioso per il flagrante fallimento militare/intellettuale, per l’ovvia perdita della faccia e per il fatto che questo seppellisce ogni possibilità di dialogo razionale sulla fine della guerra“.
Fonti di Mosca spiegano che si tratta di affermazioni del Cremlino per mascherare il fatto che Putin non aveva concesso allo Stato Maggiore di estendere le operazioni nella regione ucraina di Sumy per spezzare in anticipo la concentrazione delle forze d’attacco e per nascondere la volontà di Putin di preparare i negoziati di Istanbul-II. Le fonti sottolineano anche che la Guardia Nazionale, la forza presidenziale ben armata e altamente mobile, non è assolutamente apparsa nella regione di Kursk, nemmeno in difesa del prevedibile obiettivo della centrale nucleare di Kurchatov. Il comandante della Guardia, Victor Zolotov, ex guardia del corpo di Putin, non è apparso nelle riunioni del Cremlino sull’operazione Kursk fino al 12 agosto, quando era in fondo al tavolo alla destra di Putin, seduto di fronte a Gerasimov; nel verbale del Cremlino Zolotov non ha avuto nulla da dire.
La disposizione dei posti a sedere rivela che Putin aveva collocato alla sua destra i quattro funzionari di cui si fidava per far rispettare i limiti delle operazioni militari e per proteggersi dalle nascenti recriminazioni: da sinistra a destra, Victor Zolotov, il ministro delle Emergenze Alexander Kurenkov, il generale Alexei Dyumin, l’ex guardia del corpo presidenziale e assistente che Putin aveva nominato sei giorni dopo l’inizio dell’operazione per supervisionare le operazioni di Kursk, e Sergei Shoigu, l’ex ministro della Difesa e attualmente capo del Consiglio di Sicurezza. Alla sinistra di Putin c’erano il vice primo ministro Marat Khusnullin, il ministro dell’Interno Vladimir Kolokoltsev, il direttore del Servizio di sicurezza federale Alexander Bortnikov e il generale Gerasimov.
L’attacco a Gerasimov non è stato ripreso dai blogger militari, anche se hanno tardato a riconoscere le dimensioni della forza d’attacco, i suoi successi, l’efficacia dei sistemi di guerra elettronica statunitensi-ucraini e la lentezza delle contro-operazioni russe.
Per tutto il primo giorno Rozhin aveva sostenuto che: “l’attacco è stato accompagnato dall’uso massiccio di droni e dal fuoco dell’artiglieria. Sembra un’azione dimostrativa con obiettivi di pubbliche relazioni. Come al solito, è costoso… Il Ministero della Difesa della Federazione Russa ha riferito che il DRG [Gruppo Sabotaggio e Ricognizione] ucraino si è ritirato sul suo territorio, alcuni dei militanti che hanno cercato di guadagnare territorio dal confine di Stato di Kursk, sono stati bloccati dalle Forze Armate della Federazione Russa [17:54]…Il Ministero della Difesa della Federazione Russa ha riferito che il DRG ucraino si è ritirato sul suo territorio, alcuni dei militanti che hanno cercato di guadagnare territorio dal confine di Stato di Kursk, sono stati bloccati dalle Forze Armate della Federazione Russa. [19:19]… Lo scopo di questo attacco è quello di distrarre l’attenzione, scaricare la pressione delle nostre truppe da Belgorod e imporre un nuovo piccolo fronte [20:58]… a causa della mancanza di personale di controllo degli obiettivi, è difficile stabilire l’esatta configurazione del fronte su queste aree [20:59]”.
L’uso da parte di Rozhin dell’acronimo russo DRG è rivelatore. Con esso si intende un gruppo di sabotaggio e ricognizione, ovvero un ibrido di piccole unità di esploratori, forze speciali e terroristi. L’acronimo era stato utilizzato per molte incursioni ucraine oltre confine per più di un anno. Applicato all’invasione di Kursk del 6 agosto, era un falso.
Poco prima della mezzanotte del 6 agosto, Rozhin aveva dovuto riconoscere che l’attacco era molto più serio. “Un’operazione su scala sufficientemente ampia, in cui il nemico sta ancora utilizzando forze per un massimo di due brigate e coperte da un numero significativo di sistemi di difesa aerea (2 sistemi di difesa aerea sono stati distrutti dai nostri militari nel pomeriggio) [23:27]”. Non era stato rivelato l’ammontare esatto delle forze ucraine.
Alexander Kots affermava in un re-post di Rozhin: “Secondo il Grande Soldato. Il nemico oggi ha cercato davvero di agire lì con le forze di un piccolo gruppo corazzato (fino a 5 unità mobili) Entro la sera, la situazione sul posto era controllata dai nostri militari. Il corrispondente di guerra Kots e fonti militari dal posto confermano che il Grande Soldato ci guarda le spalle“. – 20:08. Questo era solo un pio desiderio.
Solo alle 13:38 del 7 agosto Rozhin era riuscito a riferire che le forze ucraine si stavano muovendo verso Kursk in gran numero e ad alta velocità. “Le formazioni ucraine continuano a colpire in tutta la regione di Kursk, che è ancora sotto un intenso fuoco, specialmente a Sudzh… Nel frattempo, in un’altra parte della regione di Sumy si osservano concentramenti di forze nemiche nelle aree forestali vicino al villaggio di Privole, a est della città di Glukhov“. Se tale concentramento era già stato segnalato il 7 agosto, è inconcepibile che lo Stato Maggiore non ne fosse a conoscenza quarantotto ore prima.
Solo il 20 agosto uno scrittore militare americano, che si firma Big Serge come il ministro zarista Sergei Witte (1849-1915), aveva riportato un riassunto completo e accurato delle operazioni posizionali e tattiche su entrambi i fronti [tradotto su CDC]. Nel suo articolo vengono difesi sia Gerasimov che Putin.
L’alibi [fornito da Big Serge] per il presunto fallimento dell’intelligence russa è la copertura alberata. “Il raggruppamento ucraino è stato in grado di ottenere un qualcosa che si avvicina alla sorpresa totale – un fatto che ha sorpreso molti, data l’ubiquità dei droni da ricognizione russi in teatri come il Donbass. In effetti, il terreno era molto favorevole all’Ucraina. Il lato ucraino del confine sull’asse Sumy-Kursk è coperto da una fitta copertura forestale che ha offerto agli ucraini la rara opportunità di nascondere il raggruppamento delle proprie forze, mentre la presenza della città di Sumy a soli 30 chilometri dal confine ha fornito una base di appoggio. La situazione è molto simile a quella dell’operazione ucraina di Kharkov del 2022 (il risultato più impressionante della guerra per l’AFU), in cui la città di Kharkov e la cintura di foreste che la circondava avevano offerto l’opportunità di organizzare forze in gran parte passate inosservate. Queste opportunità non esistono nel sud ucraino, pianeggiante e per lo più privo di alberi, dove l’offensiva ucraina del 2023 era stata pesantemente sorvegliata e bombardata mentre era ancora in fase di avvicinamento“.
I giornalisti di guerra russi a conoscenza delle firme termiche degli alberi, delle tecnologie russe a infrarossi e di altro tipo utilizzate per l’intelligence, la sorveglianza e la ricognizione (ISR) dell’esercito, respingono l’alibi; ritengono che ci sia stato un ampio preavviso e sospettano un errore nella catena di comando al Cremlino, non allo Stato Maggiore.
Alle 09:19 del 6 agosto, l’analista moscovita più vicino al GRU, Yevgeny Krutikov, aveva inizialmente riferito che “in mattinata la situazione al confine di Stato si è fortemente aggravata nella regione di Kursk (direzione Sudzha). Le forze ucraine hanno fatto breccia nel confine utilizzando le riserve. Non è ancora chiaro se si tratti di un’esibizione di forza per le pubbliche relazioni dei media o di un reale tentativo di deviare le forze russe verso una nuova direzione“. Il giorno dopo, Krutikov aveva affermato che “il nemico non ha serie riserve tattiche. Nella notte, il nemico ha subito pesanti perdite in veicoli corazzati, ma ha comunque cercato di arrivare il più lontano possibile oltre il confine. Obiettivo geografico: Sudzh… Obiettivo tattico: occupare un pezzo di territorio per le PR“. Krutikov aveva riferito che il “numero reale” della forza d’invasione ucraina era di “900 uomini” [09:08]. Due giorni dopo, aveva ammesso che il numero era di “due brigate” – “entro il fine settimana, perderanno due brigate, e poi gradualmente Sumy. Quell’area ha già iniziato a essere evacuata“.
L’8 agosto Krutikov aveva deciso che “al terzo giorno dell’invasione della regione di Kursk, il piano dell’offensiva ucraina in questa località si è definitivamente chiarito… Tutta questa operazione, anche se ha le caratteristiche di un’azione combinata in base al numero e alla composizione delle forze coinvolte, tecnicamente assomiglia a un grande raid o a una grossa sparata o a un’azione di sfondamento con tendenze suicide. Dopo tre giorni di euforia, l’AFU [l’esercito ucraino] è sul punto di perdere due brigate d’assalto e, in futuro, parte della regione di Sumy. Questo è un prezzo troppo alto per una dimostrazione della capacità dell’AFU e per la ricerca di una posizione vantaggiosa per i negoziati“.
Il 9 agosto Krutikov aveva ammesso che “nell’area [della battaglia] le comunicazioni sono pessime, tranne che per i militari, quindi la valutazione delle informazioni operative è ritardata e non mostra accuratamente il quadro“. Fino al 12 agosto Krutikov non aveva avuto rapporti da pubblicare sulla situazione, poi aveva interrotto del tutto le pubblicazioni per quella che aveva definito “una pausa tecnica“. Il suo blackout era continuato fino al 20 agosto.
MAPPA DELLE OPERAZIONI DI KURSK – 6 AGOSTO
I MOVIMENTI DELLE FORZE UCRAINIANE – 6-20 AGOSTO
I CONCENTRAMENTI DI NUOVE FORZE UCRAINE AL CONFINE DI BRYANSK E KURSK A PARTIRE DAL 21 AGOSTO
È da notare che, secondo il Military Summary, “il 33% dell’esercito ucraino è ora concentrato in quest’area per costringere Putin ai negoziati“. Non sono stati riportati i numeri precisi di uomini ed equipaggiamenti, né la fonte della stima.
L’autore russo di Military Summary è stato violentemente attaccato dall’emigrato russo di Seattle, Andrei Martyanov, un blogger militare concorrente che ha elogiato uno dei “numerosi e importanti media russi [Ria Novosti] che hanno iniziato a caratterizzare quegli ‘esperti’ militari (come se la cava Dima di Military Bullshit Summary? È in Russia?) come propagandisti a tutti gli effetti che utilizzano illazioni basate su vere e proprie fantasie o provenienti direttamente dal TSIPSO [Centro per le Operazioni Informative e Psicologiche dell’Ucraina, un’unità delle Forze Speciali ucraine]“.
Il 7 agosto, Martyanov aveva iniziato a sostenere che l’invasione ucraina di Kursk era una trappola tesa [agli ucraini] dallo Stato Maggiore russo. “I russi, in realtà, amano averne di più [di ucraini] perché, ovviamente, è molto più difficile arrivare a quei ragazzi mentre sono nei loro bunker di cemento che non quando sono allo scoperto… Ovviamente, ai tempi del moderno ISR [Intelligence Surveillance Reconnaissance] – e la Russia ha un ISR molto avanzato – era tutto previsto“. In quell’occasione, Martyanov aveva negato che ci fosse stato un “attacco massiccio“; aveva affermato che era stata impegnata un’unica brigata – senza fornire numeri.
Il giorno dopo, riferendo di un bombardamento pesante di Su-34 nella regione di Sumy, Martyanov aveva detto che “l’esercito russo ha individuato un bersaglio ricco, una concentrazione di personale e di mezzi corazzati degna di una visita di questo adorabile strumento infernale. Il mio video di oggi su questo e altro è in arrivo. Lo Stato Maggiore aveva un piano? Sembra sempre di più così“.
Dopo dieci giorni di combattimenti a Kursk, il 16 agosto, Martyanov aveva portato la sua verifica a posteriori. “Ora possiamo avere un quadro chiaro… quello che ci si aspettava sta accadendo ora. La prima aspettativa era che [gli ucraini] sarebbero stati risucchiati, perché [la loro offensiva] era stata pianificata da persone che non capiscono cosa siano le operazioni moderne, e che sarebbero stati risucchiati da questa sorpresa tattica… Quindi, una volta [che la loro azione] si sarà esaurita, finirà come sta finendo ora, con un totale annientamento di ogni singola forza o gruppo significativo che ha attraversato il confine della Russia“.
Il 24 agosto, dopo altri otto giorni di combattimenti, Martyanov aveva celebrato l’81° anniversario della vittoria dell’Armata Rossa sui tedeschi nella battaglia di Kursk, dal 5 luglio al 23 agosto 1943. Martyanov aveva lasciato intendere che lo Stato Maggiore stava ripetendo su scala minore l’operazione tattica attentamente pianificata e la vittoria strategica di Kursk.
Martyanov è russo di tipo eccezionalista. L’eccezionalismo è un’ideologia di superiorità basata su caratteristiche razziali, etniche, religiose, finanziarie o di altro tipo, che impiega metodi fascisti fino al genocidio nei casi turco-armeno, britannico-indiano, tedesco-ebraico e israelo-palestinese. Negli Stati Uniti non c’è eccezione all’eccezionalismo americano – né nei partiti a favore della guerra, né nell’opposizione contro la guerra, né nel corpo docenti. In Russia, l’eccezionalismo si trova nei militari – come nel caso di Martyanov – nella Chiesa, negli oligarchi.
Gli eccezionalisti russi credono che sia impossibile per loro essere ingannati, defraudati o sconfitti. (Per gli eccezionalisti americani è lo stesso). E così, per gli Stati Uniti la costante escalation di operazioni transfrontaliere di Stati Uniti/Ucraina nei quindici mesi successivi al 23 maggio 2023 equivale ad un successo nella lotta asimmetrica o ibrida; allo stesso tempo, per i russi, significa un fallimento suicida nel contrastare il terrorismo. Per la distinzione che il Cremlino insiste a fare tra “terrorismo” e “guerra”