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      • La vera epidemia, quella prescrittiva, così cara all’industria del farmaco e così nociva

      La vera epidemia, quella prescrittiva, così cara all’industria del farmaco e così nociva

      In questo video (allegato alla fine del testo) Walter Chiari lo racconta in modo ironico, tuttavia c’è poco da ridere: negli ultimi anni è cresciuto enormemente l’utilizzo dei farmaci perché, molto frequentemente, un farmaco ne chiama un altro, con conseguente aumento degli effetti indesiderati.
      E così accade che si parte da un problema, ma alla fine ce ne ritroviamo addosso numerosi altri dovuti, in sostanza, a un eccesso di assunzione di medicine. Da un lato, infatti, è aumentato il consumo di farmaci da banco e, dall’altro, si è assistito ad un aumento spaventoso delle prescrizioni di medicinali, ad esempio – complice l’abbassamento della soglia dell’inizio del trattamento – anche quando i valori di colesterolo, pressione arteriosa e glicemia risultano lievemente alterati.

      La categoria dei grandi consumatori per buona parte è rappresentata dagli ultrasessantacinquenni che spesso utilizzano minimo cinque farmaci contemporaneamente. Con tutti gli annessi e connessi dei pericoli di questa eccessiva assunzione.
      Anche perché, spesso, queste medicine sono prescritte da specialisti diversi che nemmeno si parlano tra loro: cardiologi, endocrinologi, medici di base e altri professionisti, concentrati ognuno sulla patologia di sua competenza. Ecco che le interazioni tra medicinali rischiano di essere poco considerate. Come, il più delle volte, viene considerato poco quello specifico paziente che non è una singola malattia, ma un universo a sé stante, fatto di apparati e dimensioni (fisica, psichica e spirituale) che sono in costante interconnessione.

      Gli effetti negativi di questo massiccio aumento delle prescrizioni non ricascano, tra l’altro, solo sulle persone (“un’epidemia nascosta di sintomi debilitanti come stanchezza, dolori muscolari, insonnia, decrepitezza generale, un aumento del 75% dei ricoveri d’urgenza in ospedale per reazioni avverse ai farmaci”, si legge in un articolo apparso sul  British Medical Journal nel giugno 2018), ma anche sull’ambiente perché, eliminati con le urine o le feci, oppure smaltiti scorrettamente nell’immondizia o gettati del WC, i farmaci assunti finiscono per inquinare il pianeta e da qui, indirettamente, ritornare alle persone.
      Indistintamente
      . Quindi anche a coloro che normalmente non fanno uso di sostanze chimiche.

      Deve cambiare totalmente la mentalità.
      Va spostata l’attenzione dalle cure alla prevenzione
      , che non è la diagnosi precoce di malattie che si sono già sviluppate!
      La prevenzione, quella vera, è personalizzata e contempla uno stile di vita sano che comprende, da un lato
      , l’interruzione delle abitudini malsane e, dall’altro, dieta equilibrata, attività fisica, tempo all’aria aperta e al sole, tecniche di rilassamento e respirazione e tutto ciò che concorre al riequilibrio e al potenziamento delle risorse fisiche, psichiche ed emozionali.

      Purtroppo, attualmente questo tipo di prevenzione rimane, in sostanza, la mera enunciazione di un bellissimo principio ed è portata avanti solo da una piccola minoranza di Medici. Non viene neanche favorita dai media perché non incrementa il consumo di farmaci, anzi suo scopo è di ridurne l’impiego; dunque, contrasta con gli interessi di chi investe somme enormi di denaro in pubblicità, di fatto lucrando sulle malattie.
      Ne consegue che sta al singolo, prima di tutto, informarsi e impegnarsi per tutelare la propria salute e quella delle persone care.

      Starebbe anche alle Istituzioni comprendere che, solo educando i cittadini a stili di vita salubri, si può risolvere la cronica emergenza sanitaria. Tuttavia, siamo ancora ben lontani da questo e la prevenzione primaria continua a non essere la priorità nell’agenda politica. Piuttosto, le risorse del Servizio Sanitario Nazionale seguitano a essere per lo più destinate alla cura di malattie assolutamente prevenibili come quelle legate agli stili di vita scorretti e alla cattiva nutrizione, all’obesità, all’alcol, al fumo, alla sedentarietà e alle condizioni di vita e lavorative non consone per buona parte della popolazione.

      Emblematiche sono le parole di Giorgio Ferigo nel suo testo ‘Il certificato come sevizia’: “La prevenzione, infatti, è come i carmina: non dat panem, né tangenti. Non incrementa il consumo di farmaci, anzi suo scopo è – tendenzialmente – di ridurne l’impiego. Dunque, non interessa alle case farmaceutiche (salvo a quelle che producono vaccini). Non incrementa i ricoveri ospedalieri, anzi, se funzionasse, ci sarebbero meno malati e perciò meno ricoverati. Dunque, non è per nulla considerata dagli imprenditori edili, dai venditori di macchinari diagnostici, dai manager e dai clinici con libera professione intra-extramuraria. Non distribuisce lenimenti e conforti, non esibisce risultati né clamorosi né immediati, e non procaccia consensi. Talvolta costringe a interventi strutturali, anche costosi. Dunque, è meno che mai in auge tra i politici, cui arride il belletto e l’apparenza, non il rigore e la sostanza. È un’arte povera, una disciplina scalza, una pratica a suo modo sovversiva”.

      Non rimane che assumersi la responsabilità della propria salute.
      Capire che bisogna impegnarsi in prima persona per conoscere, conoscersi e fare le scelte più opportune per vivere bene e a lungo.

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