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      • L’AGENDA ONU INTRODUCE I “DIRITTI UMANI” E TENTA DI ANNULLARE I DIRITTI INALIENABILI

      L’AGENDA ONU INTRODUCE I “DIRITTI UMANI” E TENTA DI ANNULLARE I DIRITTI INALIENABILI

      Le Nazioni Unite affermano che lo scopo dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 16, o SDG16, è quello di promuovere società pacifiche e inclusive, e di fornire accesso alla giustizia per tutti. Ma dietro la retorica si nasconde il vero obiettivo: rafforzare e consolidare il potere e l’autorità del “regime di governance globale” e sfruttare le minacce – reali e immaginarie – per incrementare la tirannia del regime.

      Quelli che seguono sono estratti di un articolo di Iain Davis intitolato “SDG16: Part 1 – Building the Global Police State” e pubblicato da Unlimited Hangout. Vale la pena dedicare del tempo alla lettura del suo articolo completo, soprattutto se si vuole comprendere il male che si nasconde dietro la facciata degli “obiettivi di sviluppo sostenibile” delle Nazioni Unite. Potete leggere l’articolo di Davis QUI.

      Le Nazioni Unite (“ONU”) affermano che lo scopo dell’SDG16 è quello di: “Promuovere società pacifiche e inclusive per lo sviluppo sostenibile, fornire accesso alla giustizia per tutti e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli”.

      Il vero scopo dell’SDG16 è triplice:

      • potenziare un regime di governance globale;
      • sfruttare le minacce, reali che immaginarie, per promuovere gli obiettivi del regime;
      • imporre all’umanità un sistema globale di identità digitale (ID digitale) ingiustificato, indesiderato e controllato centralmente.

      All’interno del sistema delle Nazioni Unite, tutti i governi – locali, provinciali, statali o federali – sono “partner interessati” in una rete globale composta da un’ampia gamma di organizzazioni pubbliche e private. Il termine che questo amalgama mondiale di organizzazioni usa spesso per descriversi è “partenariato globale pubblico-privato” (“G3P”). Molte di queste organizzazioni sono esplicitamente sostenute o ospitate presso le Nazioni Unite e tutte spingono sull’ID digitale come meccanismo chiave per raggiungere l’SDG16. In effetti, la creazione di un ID digitale globale secondo l’SDG16 è fondamentale per otto dei 17 SDG.

      L’ID digitale determinerà il nostro accesso ai servizi pubblici, ai portafogli di valuta digitale della banca centrale (“CBDC”), ai certificati “vaccinali” – a tutto, anche ai cibi e alle bevande che saremo autorizzati ad acquistare e consumare.

       

      Nel 2018, l’ONU ha identificato l’Interpol come l’organizzazione di polizia che si trovava “in una posizione unica per essere il partner di attuazione di una serie di Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) del 2030”. Ciò ha portato l’Interpol a sviluppare i suoi Sette Obiettivi Globali di polizia. Molti degli obiettivi di polizia globale dell’Interpol richiedono il tipo di sorveglianza che può essere concretizzato più facilmente introducendo ID digitali e CBDC.

      L’Interpol ha già collaborato con diverse società di identificazione digitale biometrica, due delle quali (Idemia e Onfido, per l’esattezza) hanno svolto un ruolo importante nella creazione dei passaporti vaccini durante il Covid-19 e, più di recente, hanno creato “patenti di guida digitali”, cioè identità digitali biometriche, per diversi Stati americani.

      L’attuale presidente dell’Interpol è l’ispettore generale del Ministero degli Interni degli Emirati Arabi Uniti, il Magg. Gen. Ahmed Naser Al-Raisi. È preoccupante che sia stato accusato di aver supervisionato la tortura di cittadini del Regno Unito, del Qatar, della Turchia, degli Emirati Arabi Uniti e di altri Paesi. Non è la prima volta che l’Interpol è guidata da personaggi discutibili. E, scavando più a fondo come ha fatto Iain Davis, si scopre che la presunta storia dell’Interpol, guidata da criminali e torturatori, è solo la parte più visibile della sua corruzione.

      Allora, come c’entra la protezione dei nostri diritti umani in tutto questo? Innanzitutto, i diritti umani non sono la stessa cosa dei diritti inalienabili.

      Diritti umani e governance globale

      I diritti inalienabili, a differenza dei diritti umani, non ci vengono conferiti da alcuna autorità governativa. Piuttosto, sono innati in ognuno di noi. Sono immutabili. Sono di tutti in egual misura. L’unica fonte dei diritti inalienabili è la Legge Naturale, cioè la Legge di Dio.

      Un documento chiave a cui fa riferimento la Carta delle Nazioni Unite è la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (“UDHR”), accettata per la prima volta da tutti i membri delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

      Il preambolo della UDHR riconosce che i “diritti uguali e inalienabili” di tutti gli esseri umani sono il “fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. Dopodiché, i “diritti inalienabili” non vengono più menzionati nell’intera UDHR.

      I diritti umani, secondo l’UDHR, sono creati da alcuni esseri umani e sono conferiti da questi esseri umani ad altri esseri umani. Ci è consentito esercitare i nostri presunti “diritti umani” solo in base ai diktat dei governi, delle organizzazioni intergovernative e di altri “stakeholder” delle Nazioni Unite. I diritti umani non sono diritti inalienabili o o qualcosa di simile a quei diritti.

      Secondo il sistema dei “diritti umani” delle Nazioni Unite, gli esseri umani non sono considerati titolari di alcun diritto inalienabile. Infatti, secondo l’ONU, i nostri presunti “diritti umani” possono essere rispettati solo se ci conformiamo all’attuale “ordine legale”. Questo “ordine” è condizionato. Ed è soggetto a continui cambiamenti. Quelli che l’ONU chiama “diritti umani” non sono affatto “diritti”. Sono concessioni governative e intergovernative con cui viene controllato il nostro comportamento. Pertanto, secondo la definizione dell’ONU, i “diritti umani” sono l’antitesi dei “diritti inalienabili”.

      Per stessa ammissione dell’ONU, i diritti inalienabili sono il “fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. Tuttavia, l’intero quadro dei diritti umani basato sulla Carta delle Nazioni Unite rifiuta completamente il principio dei diritti inalienabili e immutabili.

      La Carta delle Nazioni Unite è quindi un trattato internazionale che stabilisce un regime di governance globale che si oppone fermamente alla “libertà, giustizia e pace nel mondo”. Tutti i progetti di “sviluppo sostenibile” delle Nazioni Unite vanno intesi in questo contesto.

      In base alla sua Carta, l’ONU pone quasi tutto il potere esecutivo nelle mani di cinque membri permanenti: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina. La Carta delle Nazioni Unite non ha nulla di egualitario. La Carta delle Nazioni Unite è l’incarnazione e l’essenza del potere e dell’autorità globale centralizzata.

      Nonostante le attuali tensioni geopolitiche, questi Paesi sono unanimemente d’accordo non solo sul ruolo della Carta delle Nazioni Unite, ma anche su ogni aspetto del propagandato “sviluppo sostenibile” dell’ONU.

      Mentre ci dirigiamo verso il nuovo ordine mondiale multipolare, i partner permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – in particolare i governi russo e cinese – chiedono un “ordine mondiale” basato sugli “scopi e principi” della Carta delle Nazioni Unite. In altre parole, sono accaniti promotori di un “regime di governance globale” più solido – in pratica, una dittatura mondiale. La presunta ostilità tra Oriente e Occidente non si estende alla reimmaginazione del “regime di governance globale”. C’è invece un consenso unanime per rafforzarlo.

      La censura come esempio della differenza tra diritti umani e diritti inalienabili

      La censura della presunta “informazione distorta” e della “disinformazione” è una parte fondamentale dell’SDG16. Esso afferma, ad esempio, di garantire “l’accesso pubblico all’informazione” e di “proteggere le libertà fondamentali”. Eppure, perversamente, questo stesso SDG viene utilizzato dalle Nazioni Unite e da altri gruppi per giustificare la censura online con il pretesto di affrontare “problemi di disinformazione”. Il “problema” è qualsiasi informazione che metta in discussione o screditi le istituzioni che l’SDG16 delle Nazioni Unite mira a rafforzare.

      Per esempio, il Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha spinto per una maggiore regolamentazione dei social media e affinchè le Nazioni Unite e i loro alleati lavorino direttamente con le Big Tech. Tutte le aziende “Big Tech” del mondo, come le stesse Nazioni Unite, sono membri del G3P.

      Bachelet ha inquadrato la disinformazione, sia quella falsa che quella distorta – ovvero qualsiasi informazione contraria alla narrazione delle Nazioni Unite – come sintomo di “malattie globali” che minano la “fiducia del pubblico”. Eppure, sorprendentemente, contemporaneamente, assieme ad altri dirigenti delle Nazioni Unite, afferma che gli sforzi di censura per contrastare la disinformazione non dovrebbero violare la libertà di espressione e altri importanti “diritti umani”. Essi caratterizzano la disinformazione come qualsiasi cosa che abbia un impatto negativo sulle “libertà fondamentali” e sui “diritti umani”.

      Ad esempio, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sulle “fake news” che inquadra esplicitamente le “informazioni false” come informazioni che hanno un impatto negativo sul “godimento e la realizzazione dei diritti umani”. Questa risoluzione è stata sponsorizzata dai governi degli Stati Uniti e del Regno Unito, entrambi noti per diffondere la propaganda e per le spinte alla censura eccessiva dei media indipendenti.

      Chiaramente, il “godimento” dei “diritti umani” non si estende al godimento dei presunti diritti umani di libertà di parola o di espressione. Entrambi sono diritti inalienabili che non possono essere rimossi o violati da nessuno o da nessuna istituzione. Ma, in quanto “diritti umani”, possono essere facilmente messi da parte o ridefiniti.

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