I piani, per funzionare, non devono necessariamente essere astuti e machiavellici, anzi, molto spesso sono proprio i piani più semplici e triviali a funzionare perché ci sono meno cose che possono andare storte.
Gli americani volevano costringere i russi ad una guerra in Ucraina e, nonostante Putin abbia fatto il possibile per evitarla, alla fine è stato costretto ad intervenire. Magari finirà male per i perfidi complottanti, ma nessuno può negare che sono riusciti a portare la guerra in casa al nemico.
Gli israeliani sono più ambiziosi, loro vogliono controllare il controllore. Siccome sono abituati ad avere il Dio degli Eserciti che combatte per loro, adesso vogliono che gli americani combattano l’Iran in loro vece. Per riuscire nell’intento non hanno trovato di meglio che recitare ancora una volta la parte delle vittime, vogliono che l’Iran li attacchi ed a tal fine fanno una provocazione dietro l’altra e probabilmente non si fermeranno finché non otterranno lo scopo.
L’Iran non vuole la guerra aperta, almeno per adesso, ma quanto a lungo potrà resistere? Al momento siamo tutti in attesa della sua risposta all’attacco israeliano che ha portato all’assassinio del capo negoziatore di Hamas a Tehran. Loro, gli iraniani, hanno solennemente promesso che l’atto terroristico non rimarrà impunito, perciò la rappresaglia è data da moltissimi per sicura e imminente e magari quando qualcuno leggerà queste considerazioni sarà già avvenuta.
Evidentemente se uno vuole per forza darti battaglia, significa che si aspetta di vincere (in questo caso, più precisamente, si aspetta che altri vincano per conto proprio), d’altra parte se qualcuno al contrario non vuole entrare nella bagarre, significa che pensa di avere più da perdere che da guadagnare. Ma quali sono le opzioni che si presentano davanti all’Iran in questo frangente?
Be, si potrebbero arrendere, perdere l’indipendenza e tornare ad essere, come ai tempi dello Shah, una colonia americana, ma questa evidentemente non è un’opzione contemplabile dall’attuale governo: quanto meno ci vorrebbe prima una “rivoluzione colorata”, cioè uno degli innumerevoli golpe organizzati dagli americani dove un certo numero di cittadini che vogliono diventare americani. come Alberto Sordi nel celebre film, fanno da claque.
Ad aprile di quest’anno, a seguito del bombardamento dell’ambasciata di Damasco, l’Iran si contentò di una rappresaglia finta, concordata con Washington. Qualche drone, qualche missile innocuo giusto per salvare le apparenze dietro la promessa che gli americani non avrebbero concesso, in base ad essa, il permesso ad Israele di iniziare una guerra in piena regola. Potrebbero probabilmente ripetere la pantomima, ma a cosa servirebbe? Oltre a non essere più sufficiente a salvare la faccia, incoraggerebbe Israele a continuare con le provocazioni, sempre più gravi, fino a raggiungere il risultato voluto, magari anche con un attacco preventivo in nome del suo biblico diritto “all’auto difesa”. Tutt’al più sarebbe utile a guadagnare tempo, ma a prezzo del prestigio. Non è meglio tuonare, ma non fare nulla, come Erdogan? Se non altro è gratis.
Una terza opzione, quella che alla maggioranza degli osservatori pare la più probabile, è la rappresaglia di media dimensione: un attacco missilistico al territorio israeliano, coordinato con Hezbollah e le altre milizie alleate, che questa volta faccia male, ma non troppo, in modo da non essere una dichiarazione di guerra totale. Insomma, la famosa risposta “misurata”: in media stat virtus dicevano i latini.
Ma questo è più o meno esattamente quello che Israele va cercando. A siffatta risposta reagirebbe rilanciando con una contro risposta ancora più forte e così via, finché, finalmente, il suo servo / padrone d’oltre oceano non si decida ad intervenire davvero.
A che pro dunque una risposta “misurata”? Non elimina il pericolo della guerra, da un pretesto ad Israele (immaginate il coro indignato dei media occidentali), senza colpirla profondamente. Dove sta il guadagno? E’ un po’ lo stesso errore che ha fatto la Russia con “l’operazione speciale” del 2022: una risposta “misurata” che a distanza di oltre due anni non ha risolto il problema e non ha neppure salvato molte vite, mi pare. Quando si colpisce il bullo, bisogna fargli sanguinare il naso.
Ma il governo degli Aiatollah qualcosa deve pur fare, direte voi. In teoria, ci sono altre alternative. La prima, è una rappresaglia speculare, cioè l’assassino mirato di una personalità sufficientemente in vista del campo avverso. E’ economica e non aumenta più di tanto il rischio di guerra poiché è ciò che i nemici hanno fatto fin’ora. Certo non risolve la situazione, ma salva la deterrenza e fa guadagnare tempo. Il problema in questo caso è: i servizi iraniani sono in grado di portare a termine un’operazione del genere? Se no, evidentemente l’opzione cessa di esistere.
C’è anche un’ultima alternativa che gli iraniani potrebbero considerare: se la guerra non può essere evitata, allora tanto vale farla, ma sferrando il primo colpo, decidendo loro il come e il quando. Israele è sì una propaggine americana, ma è anche un paese piccolo, senza profondità strategica, un primo colpo devastante unito ad un attacco in Galilea potrebbe riuscire a distruggere maggior parte delle infrastrutture ed a spezzare il paese. Certo non sconfiggerebbe il protettore d’oltre mare, ma se questi non avesse il tempo di salvarla, tutta la situazione della regione cambierebbe radicalmente . Avventuristico? Sicuramente sì, molto pericoloso ed anche fallito in passato (vedasi la guerra del 73), ma le alternative persiane sono quelle che sono.
Ancora una volta il punto è: l’Iran ha davvero i mezzi, ha realmente la potenza di fuoco che comunemente gli si attribuisce? E’ veramente in grado di colpire Israele con terribile efficacia? Loro dovrebbero saperlo, noi non possiamo che stare a guardare.