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      • L’Ucraina ha appena attaccato silenziosamente due paesi europei?

      L’Ucraina ha appena attaccato silenziosamente due paesi europei?

      Un elemento chiave della strategia occidentale per evitare negoziati con la Russia e continuare a finanziare e armare l’Ucraina è stata l’allarmante insistenza sul fatto che Putin sia determinato ad andare oltre l’Ucraina e ad entrare in Europa, senza fermarsi finché non avrà ricostituito l’impero sovietico. Ma le esplosioni simultanee di due raffinerie di petrolio in Ungheria e Romania sollevano la questione se non sia la Russia, ma l’Ucraina, ad andare oltre i propri confini ed estendere il conflitto all’Europa.

      Fin dall’inizio della guerra, l’Ucraina, gli Stati Uniti e la NATO hanno spinto l’Europa a sostenere la guerra con l’avvertimento che, se non lo avessero fatto, la guerra sarebbe arrivata anche a loro. Nell’aprile 2024, l’ambasciatrice statunitense presso la NATO Julianne Smith aveva avvertito che i paesi della NATO devono “aiutare l’Ucraina a cacciare la Russia dal proprio territorio… perché se non ci riusciranno, ovviamente, la preoccupazione è che la Russia si sentirà incoraggiata a continuare”.

      Lo stesso avvertimento è stato ripetutamente diffuso dai vertici degli Stati Uniti, della NATO e dell’Ucraina. Il presidente Joe Biden aveva dichiarato al Congresso che “se Putin conquisterà l’Ucraina, non si fermerà lì… Continuerà ad andare avanti. Lo ha detto chiaramente“. L’allora segretario alla Difesa Lloyd Austin aveva avvertito che ”Putin non si fermerà all’Ucraina“. E il segretario di Stato di Biden, Antony Blinken, aveva spiegato che Putin ”ha chiaramente detto di voler ricostituire l’impero sovietico“. L’allora segretario generale della NATO Jens Stoltenberg aveva poi insistito sul fatto che “se Putin vincerà in Ucraina, c’è il rischio reale che la sua aggressione non si fermerà lì”. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva avvertito i suoi partner occidentali che “[dopo] questa aggressione l’esercito di Putin potrebbe arrivare in Europa”, affermando che “al momento siamo noi, poi il Kazakistan, poi gli Stati baltici, poi la Polonia, poi la Germania. Almeno metà della Germania”. “Se l’Ucraina perderà la guerra”, aveva detto, “altri paesi saranno attaccati. Questo è un dato di fatto”.

      Non è “un dato di fatto” e lui [Putin] non lo ha mai “dichiarato chiaramente”. Non c’è nulla nella storia che suggerisca che Putin abbia messo gli occhi sull’Europa o su qualcosa che vada oltre il tenere l’Ucraina fuori dalla NATO e proteggere i diritti dell’etnia russa in Ucraina. Putin ha ripetuto fin dall’inizio che “la crisi ucraina non è un conflitto territoriale, e voglio che questo sia chiaro… La questione è molto più ampia e fondamentale e riguarda i principi alla base del nuovo ordine internazionale”. Che l’obiettivo di Mosca sia quello di tenere l’Ucraina fuori dalla NATO, e non quello di spostare la Russia in Europa, è stato confermato ai massimi livelli dal team negoziale ucraino, dalla NATO e persino dallo stesso Zelensky.

      Questo ingannevole batter cassa si basa su ciniche citazioni e travisamenti. Ignora il fatto che il commento di Putin secondo cui “in Russia si dice che chi non rimpiange il crollo dell’Unione Sovietica non ha cuore” è stato seguito dall’aggiunta “e chi lo rimpiange non ha cervello”. Ignora che il commento di Putin secondo cui “dovremmo riconoscere che il crollo dell’Unione Sovietica è stato un grave disastro geopolitico” non era incentrato sull’assenza dell’Unione Sovietica, ma sulle difficoltà economiche che ne sono seguite.

      I dati storici reali dimostrano che Putin non ha mai “continuato ad andare avanti” ma che, quando le forze russe sono state dispiegate, esse si sono limitate a obiettivi specifici, mentre avrebbero potuto facilmente continuare ad andare avanti, come in Georgia nel 2008 e in Ucraina nel 2014, quando la conquista militare avrebbe potuto essere compiuta con facilità.

      Il “fatto” è che i dati storici suggeriscono che Putin è entrato in guerra in Ucraina non per entrare in guerra con la NATO o conquistare l’Europa, ma per prevenire una guerra con la NATO e con l’Europa. “Ascoltate attentamente ciò che sto dicendo”, aveva detto Putin appena tre settimane prima dell’invasione. “È scritto nelle dottrine dell’Ucraina che vuole riprendersi la Crimea, se necessario con la forza… Supponiamo che l’Ucraina sia membro della NATO… Supponiamo che inizi le operazioni in Crimea, tralasciando per ora il Donbass; questo è territorio sovrano russo, consideriamo la questione chiusa. Immaginiamo che l’Ucraina sia un Paese membro della NATO e dia inizio a queste operazioni militari. Cosa dovremmo fare? Combattere contro il blocco NATO? Qualcuno ci ha almeno pensato? A quanto pare no.”

      Appena tre giorni prima di invadere l’Ucraina, Putin aveva dichiarato che “la realtà in cui viviamo è che se l’Ucraina venisse ‘accolta’ nella NATO, la minaccia contro il nostro Paese aumenterebbe a causa dell’Articolo 5” dato che “esiste la reale minaccia che cercheranno di riprendere manu militari il territorio che ritengono loro. E lo dicono chiaramente nei loro documenti. A quel punto l’intera Alleanza Atlantica Nord dovrebbe intervenire”.

      Mentre i media mainstream occidentali hanno diffuso il falso allarme che la Russia estenderà la guerra all’Europa – anche se ciò potrebbe “avere conseguenze enormi a lungo termine”, come mi ha suggerito Richard Sakwa, Professore Emerito di Politica Russa ed Europea all’Università del Kent – hanno completamente ignorato la reale preoccupazione che l’Ucraina già rappresenta.

      La mattina del 20 ottobre si è verificata un’esplosione nella raffineria rumena Petrotel-Lukoil. La sera dello stesso giorno, un’altra esplosione ha colpito la raffineria Danube, la più grande raffineria di petrolio dell’Ungheria.

      Né la data né le raffinerie colpite sembrano essere casuali. Lo stesso giorno, i ministri dell’Energia dell’Unione Europea hanno avanzato una proposta dell’UE per vietare nuovi contratti per l’importazione di gas russo entro il 2026 e tutti i contratti entro il 2028. L’Ungheria e la Romania importano ancora petrolio russo. Entrambe le raffinerie lavorano petrolio greggio russo. La raffineria Petrotel-Lukoil in Romania è di proprietà di una filiale della Lukoil, una delle grandi compagnie petrolifere russe appena sanzionate dall’amministrazione Trump. La raffineria Danube in Ungheria riceve petrolio dalla Russia attraverso l’oleodotto Druzba e fornisce petrolio anche alla Slovacchia.

      Supponendo che le inspiegabili esplosioni in due raffinerie europee che ricevono e lavorano petrolio russo, avvenute a poche ore di distanza l’una dall’altra proprio nel giorno in cui l’UE ha deciso di vietare le importazioni di petrolio russo, non siano una coincidenza, sorge spontanea la domanda se si sia trattato di sabotaggio e chi lo abbia perpetrato.

      Certamente, la Russia non ha alcun motivo di far saltare in aria i clienti dei propri prodotti petroliferi in un momento in cui le sue compagnie petrolifere sono soggette a sanzioni e le sue raffinerie sono prese di mira dai missili a lungo raggio e dai droni ucraini.

      I media ungheresi hanno ipotizzato che sia stata l’Ucraina ad attaccare i due paesi europei, ipotesi che trova ampio consenso tra gli analisti che, appunto, ritengono l’Ucraina la fonte degli attacchi. Si sospetta inoltre che l’Ucraina non avrebbe potuto eseguire gli attacchi senza l’assistenza americana, britannica o europea. L’Ucraina non ha rilasciato alcuna dichiarazione sulle esplosioni. La totale omissione da parte dei media occidentali di quelli che potrebbero essere attacchi molto gravi contro due paesi europei non fa che alimentare le speculazioni sul fatto che l’Occidente non voglia attirare l’attenzione sugli attacchi o fare luce su chi li abbia compiuti.

      La raffineria Danube in Ungheria riceve il petrolio russo attraverso l’oleodotto russo Druzba, che è stato a sua volta oggetto di ripetuti attacchi ucraini, causando profonda irritazione in Ungheria.

      Le esplosioni hanno creato asprezza in Europa, soprattutto tra Ungheria e Polonia, anche perché quest’ultima si è contemporaneamente rifiutata di estradare in Germania un cittadino ucraino sospettato di aver avuto un ruolo nell’esplosione del gasdotto Nord Stream. La Polonia sembrava addirittura festeggiare, e persino perdonare, il sabotaggio degli oleodotti russi. Radoslaw Silorski, ministro degli Esteri polacco, ha scritto di essere “orgoglioso” che il tribunale polacco “abbia stabilito che sabotare un invasore non è un crimine” e ha espresso l’auspicio che l’oleodotto russo Druzba venga “messo fuori uso” con successo. Il primo ministro polacco Donald Tusk ha aggiunto che “il problema dell’Europa, il problema dell’Ucraina, il problema della Lituania e della Polonia non è che il Nord Stream 2 sia stato fatto saltare in aria, ma che sia stato costruito”. Péter Szijjártó, ministro degli Esteri ungherese, ha risposto con indignazione all’affermazione secondo cui “se non ti piacciono le infrastrutture in Europa, puoi farle saltare in aria. Con questo, hanno dato il permesso preventivo per attacchi terroristici in Europa. La Polonia non solo ha rilasciato, ma sta anche celebrando un terrorista”.

      Non è stato dimostrato che sia stata l’Ucraina ad attaccare le raffinerie di petrolio in Ungheria e Romania. Ma le circostanze ci costringono a chiederci se non sia la falsa minaccia di un attacco della Russia ad altri paesi europei, propagandata dai media occidentali, a minacciare l’espansione della guerra in Europa, piuttosto che la minaccia di un attacco disperato dell’Ucraina ad altri paesi europei, completamente ignorata dai media occidentali.

       

       

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