Un primo grande obiettivo, nella tragica situazione di Gaza, è stato raggiunto: si è realizzata una tregua che ha interrotto il massacro indiscriminato e la distruzione sistematica del Popolo Palestinese. Non possiamo parlare di pace definitiva per un’infinità di circostanze che determinano l’opacità, l’irrazionalità e la palese ipocrisia delle azioni politiche dei vari rappresentanti di Israele e degli USA. La più evidente e grossolana è rappresentata dalla firma dell’accordo di pace fra Israele e Palestina avvenuto il 13 Ottobre 2025 all’International Congress Center di Sharm El Sheikh senza la presenza dei rappresentanti dei due Paesi in conflitto.
Sorprendente la giustificazione di netanyhau per la sua assenza: doveva presenziare alla festività ebraica di Sukkot (1). Anche per questo motivo suona stonata, se non addirittura grottesca, la dichiarazione di Trump: “È un giorno incredibile per il Medio Oriente, ci sono voluti tremila anni per arrivare fin qui. Con l’accordo storico che abbiamo appena firmato, le preghiere di milioni di persone sono state finalmente esaudite. Insieme, abbiamo realizzato l’impossibile. Finalmente, abbiamo la pace in Medio Oriente”.
Questo poco fondato ottimismo che ha più il sapore di semplice propaganda politica, è già messo in discussione dalle diverse rotture della tregua ad opera di Israele che ha scaricato su Gaza 153 tonnellate di bombe, operazione seguita da altre violazioni che stanno scatenando le proteste di tutta la comunità internazionale (2).
Un altro punto oscuro riguarda l’anomalia delle trattative che dovrebbero portare a una pace stabile e che sono rese sempre più complicate come quella rappresentata dallo scambio dei prigionieri che viene effettuato con il contagocce, alimentando irragionevolmente uno stato di diffidenza e di tensione da ambo le parti. Sono in molti a ritenere, plausibilmente, che il tutto rappresenti una sceneggiata con altri fini; non dimentichiamo il sostegno di Israele alla nascita di Hamas con relativi finanziamenti, allora, con lo scopo di contrastare l’OLP di Arafat (3) (4). Questo fatto non ci permette, ad oggi, di escludere che possano ancora intercorrere rapporti non ufficiali fra i vertici di Hamas e Israele, soprattutto dopo i drammatici fatti del 7 Ottobre 2023, un evento che, per molti, rappresenta una clamorosa false flag a causa delle ingiustificabili defezioni nell’ambito della sicurezza sui confini della Striscia di Gaza. Ricordiamo che tali confini sono ritenuti fra i più controllati e sicuri al mondo. E’ del tutto incomprensibile come dal momento dell’attacco dei miliziani di Hamas e la reazione dell’esercito israeliano siano trascorse addirittura alcune ore. Questa gravissima e inaccettabile falla nella sicurezza apre necessariamente alla più che plausibile ipotesi che si sia creato questo attacco, o che lo si sia lasciato accadere con la complicità dei servizi segreti israeliani, come casus belli necessario a giustificare la successiva e devastante reazione militare da parte di Israele.
In questa complessa e drammatica situazione, l’inadeguatezza, l’ambiguità e la conseguente inaffidabilità dei protagonisti politici dei Paesi coinvolti appare in tutta la sua sconcertante evidenza. Da una parte abbiamo la microscopica Gaza, senza una rappresentanza politica né un esercito, dall’altra abbiamo Israele sostenuto dai “vassalli” USA, la più grande potenza mondiale, che gli hanno fornito il supporto incondizionato e necessario per distruggere Gaza e per attaccare altri sei Paesi in Medio Oriente. Un caso per tutti: il bombardamento dei siti nucleari dell’Iran ordinato da Trump che ha alimentato il pericolosissimo rischio di innescare una nuova guerra. Sconcertanti le sue dichiarazioni alla Knesset dove dichiarava di aver fornito tutte le armi richieste da Israele lodandolo per aver dimostrato di “averle sapute usare bene”. Una posizione così schierata nei confronti di Israele non rappresenta certo una garanzia di equità e imparzialità come mediatore nelle trattative di pace.
Le istituzioni internazionali e le maggiori potenze mondiali brillano per la loro indifferenza e inconsistenza; si limitano, infatti, a semplici denunce di facciata con proposte ideologiche irrealizzabili come la (impossibile) creazione di due Popoli e due Stati. La Cisgiordania è, ad oggi, completamente occupata, e in modo capillare, dagli insediamenti dei coloni israeliani, ormai impossibili da rimuovere; la dichiarazione di Trump con cui manifesta la sua contrarietà all’annessione da parte di Israele dei territori, purtroppo, non rappresenta la benchè minima garanzia che ciò non avvenga. Gaza è stata completamente rasa al suolo da una distruzione pianificata che rende impossibile un qualsiasi tipo di ricostruzione ad opera del Popolo Palestinese. Inoltre, l’ipotesi di una convivenza pacifica si è già dimostrata un’utopia irrealizzabile soprattutto dopo l’efferato massacro di una popolazione civile priva di un esercito a sua difesa e senza nessuna possibilità di fuga. Come poter definire una barbarie di questo livello se non con il termine genocidio?
E’ stato presentato da Trump un programma di ricostruzione in venti punti dove, al punto 10, viene evidenziato che avverrà ad opera di investitori e società di Paesi terzi aprendo, in questo modo, al mercato dei capitali privati. Visto che queste multinazionali non sono filantropi viene spontanea la domanda: come e dove troveranno i soldi, gli abitanti di Gaza, per acquistare le loro nuove case? E gli ospedali, le scuole, le strade che le aziende private costruiranno, chi le finanzierà? E’ chiaro a tutti che una ripopolazione di Gaza, in questi termini, è assolutamente inattuabile.
A questo dobbiamo aggiungere il radicalismo messianico di gran parte degli israeliani che sfocia in un vero e proprio razzismo da “popolo eletto” e che alimenta, in molti di loro, un profondo odio verso i Palestinesi. Oltre a netanyahu, possiamo citare due personaggi di spicco e di fondamentale importanza per il loro sostegno al governo che sono il ministro delle finanze bezalel smotrich e il ministro della sicurezza nazionale itamar ben-gvir, entrambi della estrema destra israeliana (4) (5). Questi soggetti, oltre a netanyahu, hanno dichiarato apertamente il loro obiettivo di eliminare qualsiasi presenza palestinese nei territori oggi occupati e di volerne prendere il possesso totale; che tipo di accordo si può pensare di ottenere con una simile controparte che non includa, senza alternative, il completo esodo del Popolo Palestinese? Consideriamo che Israele ha una pesantissima influenza sul Congresso USA attraverso molte lobby; una su tutte, l’AIPAC (American Israel Public Affairs) forse la più potente, che da anni esercita una fortissima pressione su tutta la politica statunitense. Nonostante questa realtà incontestabile, Trump sostiene che siano cambiati i rapporti di forza all’interno del congresso (7), anche se, di fatto, quest’ultimo continua a operare in modo servile nell’esclusivo interesse di Israele.
Esiste, inoltre, un altro aspetto che può sembrare secondario se non addirittura fantasioso, ma esiste ed è coerente con le politiche aggressive ed espansive di netanyahu e del suo governo: l’obiettivo messianico del grande israele che rappresenterebbe il territorio che “dio” ha “promesso” al suo popolo e che, con la sua costituzione, permetterebbe l’avvento tanto atteso del loro messia. Ci permettiamo una breve considerazione che andremo a trattare, presto e in modo più compiuto, in prossimi articoli: come si fa a basare una fede assoluta e radicale su un testo che, nei secoli, ha subito migliaia di manipolazioni e di cui esistono svariate fonti tutte in disaccordo fra di loro; non si sa dove, quando e chi l’ha scritto. Ritenere “Parola di Dio” e dogma incontestabile una tradizione così nebulosa, incerta e non documentabile, ci spinge a scomodare la scienza antropologica per comprenderne le logiche che condizionano in modo così distruttivo le menti e l’esistenza di tanti esseri umani.
La volubilità e la conseguente inaffidabilità di Trump e l’odio atavico, oltre ogni limite, dimostrato dal governo e dall’esercito israeliano per il Popolo Palestinese, non lasciano altra possibilità che la probabile e prossima cessazione della tregua con la conseguente ripresa dei bombardamenti; il fine rimane la completa fuoriuscita di tutta la popolazione da Gaza, unica strategia da sempre perseguita.
Da un furore messianico e razziale del livello dimostrato da Israele, a questo punto, ci si può aspettare di tutto, anche un piano per arrivare alla costituzione del grande israele; le guerre e gli attacchi ai Paesi mediorientali di questi ultimi anni sono perfettamente coerenti con questa visione quasi escatologica.
Che fare per aiutare i Palestinesi senza più terra, né casa, né identità? Forse l’unica possibilità, con un grande sostegno da parte degli organismi internazionali, è quello di creare, nei Paesi vicini, intorno a Israele, nuovi insediamenti, programmati con i governi locali e interamente finanziati dalla Banca Mondiale e dal FMI. Si potrebbe così creare una “cintura” naturale che diventerebbe idealmente invalicabile attorno alla terra di Sion qualora qualche potente invasato pensasse, in un prossimo futuro, di costruire il grande israele.
Gli eventi dei nostri tempi ci stanno mostrando inequivocabilmente che la follia umana non ha limiti e che dobbiamo essere pronti per contrastarne eventuali nuove manifestazioni.
Persa forse per sempre la Palestina, pensiamo al futuro dei Palestinesi, vittime di una barbarie a cui il mondo, fino ad oggi, non ha saputo ancora rispondere.





