Per questa settimana di festività, che dalla Vigilia di Natale del 24 dicembre ci porterà fino all’ultimo giorno del 2023, abbiamo deciso anche noi, dopo ben 15 settimane di lavoro continuo durante le quali vi abbiamo fornito il nostro Primo piano sulla politica, di prenderci una pausa.
Non ci sottraiamo però al nostro compito di mantenervi informati su tutte le notizie più importanti dei giorni appena trascorsi, riguardanti fatti ed eventi che, per la loro collocazione temporale, chiudono questo anno trascorso insieme e, a maggior ragione, meritano di essere riportati. Per cui, eccovi servita una carrellata delle notizie della settimana e, successivamente, un approfondimento a cura del professore Luca Lanzalaco.
Con questo articolo il gruppo di lavoro di Polis vi saluta, augurandovi il meglio per questo fine 2023 e per il 2024, e dandovi appuntamento al prossimo anno. Tanti auguri!
Notizie
– Ripartiamo da dove ci eravamo lasciati nell’ultima puntata di POLIS del 21 dicembre, nel corso della quale, commentando il definitivo ok dell’Italia al nuovo Patto di Stabilità, avevamo riportato la notizia che proprio nel pomeriggio, durante la messa in onda, la Commissione Bilancio della Camera aveva dato parere contrario alla ratifica del MES. Ebbene nella stessa giornata, dopo il parare negativo della Commissione, la mozione di voto sulla ratifica del MES promossa delle opposizione è arrivata in Aula incontrando il definitivo no della Camera. A votare contro il MES sono stati Fratelli d’Italia e la Lega, spalleggiati a sorpresa anche dal Movimento 5 Stelle. Ad astenersi invece gli altri due partiti di maggioranza, Forza Italia e Noi Moderati, che hanno evitato così di spaccare il governo su una questione così importante. A favore della ratifica invece il PD, Italia Viva, Azione e + Europa. La bocciatura del MES da parte dell’Italia ha destabilizzato fortemente tanto la sinistra italiana, che ha subito gridato allo scandalo chiedendo le dimissioni del Ministro Giorgetti, che l’Europa. A tal proposito, al primo Eurogruppo del 2024 fissato al 15 gennaio, Giorgetti si presenterà in rappresentanza dell’unico dei Paesi UE ad aver bocciato la modifica del Meccanismo Europeo di Stabilità. Invitiamo a proseguire nella lettura in quanto nell’approfondimento a cura del prof. Lanzalaco il tema viene affrontato in dettaglio.
– Il 22 dicembre invece è stato un ennesimo giorno di proteste. A scendere in strada questa volta sono stati i lavoratori del commercio e del turismo, con scioperi e cortei organizzati in varie città, come Milano, Bologna, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari. La richiesta dei manifestanti è il rinnovo del contratto, scaduto in media da più di 3 anni, per oltre 5 milioni di addetti. A proclamare l’agitazione i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. Una nostra breve riflessione sul tema QUI.
– Arrivando all’antivigilia, sono varie le notizie che hanno caratterizzato la giornata. Partiamo ricordando che il 23 dicembre il Sistema Sanitario Nazionale ha compiuto 45 anni. Un anniversario però che non si può dire essere stato gioioso, come ha sottolineato il Presidente della Fondazione Gimb, Nino Cartabellotta: “Purtroppo il SSN non spegnerà 45 candeline in un clima festoso, sotto il segno dell’universalità, dell’uguaglianza, dell’equità, i suoi princìpi fondanti sono ormai ampiamente traditi. Perché la vita quotidiana delle persone, in particolare quelle meno abbienti, è sempre più condizionata dalla mancata esigibilità di un diritto fondamentale, quello alla tutela della salute: interminabili tempi di attesa per una prestazione sanitaria o una visita specialistica, necessità di ricorrere alla spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure, pronto soccorso affollatissimi, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, enormi diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria“. Non possiamo che sposare la sua analisi, rammentando che se ciò accade è a causa delle scelte scellerate compiute negli ultimi 20 anni dai nostri politici, una su tutte cedere ampie fette di sovranità, tra cui quella monetaria, ad organismi sovranazionali ampiamente dimostratisi al servizio delle logiche neoliberiste e capitaliste, che della salute delle persone hanno interesse solo nell’ottica di ricavarne maggior profitto. Il 23 dicembre, nel pieno clima natalizio, si sono consumati anche dei violenti scontri tra le FF.OO e gli studenti, ritrovatisi in massa davanti a Montecitorio al grido “Il vostro tempo è finito, ora comincia il nostro“. Il corteo, che ha visto la partecipazione di alcune centinaia di liceali romani, dopo la colluttazione con le autorità, è giunto davanti la sede del Ministero dell’Istruzione e del Merito a Trastevere. “Continuiamo a pretendere i tavoli di confronto con il ministero dell’Istruzione, con l’Ufficio Scolastico Regionale e Città metropolitana” hanno affermato gli studenti, scagliando cori contro il Ministro Valditara, tra cui: “Poniamo fine al silenzio. Il mondo è nostro“. Ultima, ma non per importanza, la notizia che riguarda da vicino i lavori del Parlamento. Come annunciato in precedenza, infatti, nel giorno dell’antivigilia è arrivato il primo via libera alla Legge di Bilancio, come da tradizione a ridosso di Natale. Votata con l’apposizione della fiducia da parte del governo, la Manovra ha ottenuto 109 sì, 72 no e 2 astenuti, e si struttura su 3 capisaldi: taglio del cuneo, avvio della riforma dell’Irpef e sostegno delle famiglie.
– Saltando i giorni strettamente festivi, arriviamo al 28 dicembre, con la notizia del versamento all’Italia da parte della Commissione europea della quarta rata del PNRR dal valore di 16, 5 miliardi di euro. “Il pagamento è frutto del conseguimento, accertato dall’Unione europea, di tutti i 28 obiettivi e traguardi legati alla quarta rata” ha annunciato Palazzo Chigi in una nota, sottolineando che “tali obiettivi e traguardi riguardano misure necessarie per proseguire l’attuazione delle riforme in materia di giustizia e pubblica amministrazione, nonché importanti riforme nei settori dell’inclusione sociale e degli appalti pubblici. I principali investimenti sono legati alla digitalizzazione, in particolare per quanto riguarda la transizione dei dati delle pubbliche amministrazioni locali verso il cloud, lo sviluppo dell’industria spaziale, l’idrogeno verde, i trasporti, la ricerca, l’istruzione e le politiche sociali”. Nello stesso giorno il Consiglio dei Ministri si è riunito per trovare una soluzione ad alcune delle questioni che erano rimaste in sospeso. Via libera sia al decreto Milleproroghe che a un decreto ad hoc per un nuovo intervento sul Superbonus, che prevede la creazione di un fondo per i contribuenti con reddito fino a 15mila euro, che potranno avvalersi di un contributo sulle spese sostenute dal primo gennaio fino al 31 ottobre 2024 in base alle modalità stabilite dal MEF. Il CdM ha anche approvato alcuni interventi in materia di bonus edilizi che riguardano, oltre al Superbonus, anche il Sismabonus e l’abbattimento delle barriere architettoniche. Per approfondire QUI. I Ministri poi, su proposta del sottosegretario Mantovano, ha approvato il Piano straordinario di interventi infrastrutturali e di riqualificazione del Comune di Caivano. Nello stesso Consiglio il CdM ha anche approvato definitivamente altri quattro decreti legislativi attuativi della Delega fiscale riguardanti: adempimento collaborativo, contenzioso tributario, statuto del contribuente e il primo modulo della riforma Irpef che riduce gli scaglioni da 4 a 3. QUI il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
– Con oggi infine si chiudono i giochi di questo 2023. Nell’ultimo giorno utile del calendario è attesa a minuti l’approvazione anche alla Camera della Manovra Finanziaria, necessaria per evitare l’esercizio provvisorio. A differenza di quanto accaduto in Senato, l’esecutivo ha deciso di non porre la fiducia, conscio della forza dei numeri alla Camera. Si spera nessuna sorpresa ci costringerà a ritornare sul tema. Nella giornata di oggi inoltre, è stata inviata alla Commissione europea la richiesta di pagamento della quinta rata del PNRR dal valore complessivo di 10,6 miliardi di euro, come riporta una nota di Palazzo Chigi.
Queste le notizie principali che chiudono questo 2023, speriamo di avervi fornito un utile servizio.
Approfondimento a cura del prof. Luca Lanzalaco
Patto di stabilità e Mes: tre miti da sfatare
Due fatti hanno assorbito il dibattito politico in Italia, e non solo, negli ultimi giorni: la firma da parte del Governo del nuovo Patto di Stabilità e Crescita il 20 dicembre 2023 e la mancata ratifica della riforma del MES da parte della Camera dei deputati il giorno successivo.
Si tratta di decisioni importanti per tre motivi. Anzitutto, hanno avuto due effetti opposti sulla scena politica europea in quanto mentre con la prima decisione l’Italia non ha esercitato il suo potere di veto, e ha quindi sbloccato una situazione aperta da tempo, con la seconda lo ha invece esercitato e così facendo ha bloccato, almeno temporaneamente, la riforma del MES. Secondo alcuni, quest’ultima scelta del Parlamento italiano costituirebbe un vero e proprio punto di svolta irreversibile nei rapporti tra Italia e Unione europea.
Secondo motivo, la mancata ratifica della riforma del MES ha portato ad un inedito riallineamento sia tra i partiti della coalizione di maggioranza che tra quelli dell’opposizione. Anche a questo proposito qualcuno ha visto nel voto contrario alla ratifica di Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 Stelle l’unificazione di un fronte trasversale antieuropeista e, ça va sans dire, populista.
Terzo motivo, il dibattito che si è sviluppato intorno ad entrambe le decisioni – e, in particolare, alla mancata ratifica della riforma del MES – ha assunto toni surreali. Invece, di focalizzare l’attenzione sui loro contenuti, si è preferito aprire un aspro confronto su questioni marginali o fuorvianti. In particolare, hanno acquisito crescente attendibilità sia tra gli esponenti politici, soprattutto del PD, che tra gli osservatori tre veri e propri falsi “miti” di cui qui vogliamo dimostrare l’infondatezza.
Primo mito
Il nuovo Patto di Stabilità e Crescita andava rifiutato in quanto dannoso per l’Italia, la riforma del MES invece era valida e, quindi, andava ratificata. Insomma, si è fatto l’esatto contrario di quanto andava fatto.
Questo mito si fonda su una ipotesi totalmente priva di fondamento scientifico, che è stata più volte ribadita da politici e media del mainstream, cioè che nuovo Patto di Stabilità e riforma del MES siano due provvedimenti distinti. Falso!
So che non è fine autocitarsi, ma nel mio libro L’euro e la democrazia. Dalla crisi greca al nuovo Mes, scaricabile in PDF (1), ho dedicato parecchie decine di pagine a sostenere e dimostrare, sulla base di una accurata analisi empirica dei documenti ufficiali e delle politiche attuate, la tesi opposta. Le riforme del Patto di Stabilità e Crescita e quella del MES, non solo sono estremamente pericolose in quanto non prevengono le crisi, bensì rischiano di provocarle, ma fanno parte di un unico progetto strategico delle élite economiche e politiche dell’Unione europea, cioè la costruzione degli Stati Uniti d’Europa attraverso la realizzazione di una forma di federalismo coercitivo.
Lo strumento – l’arma, sarebbe più corretto dire – attraverso cui viene esercitata la coercizione è costituito dalla creazione di vincoli finanziari e di dipendenza dalla moneta unica. Entrambe le riforme, sia quella ratificata che quella respinta, vanno esattamente in questa direzione, rafforzando sia il potere di ricatto delle istituzioni europee che i margini di applicazione della condizionalità politica. Quindi, entrambe le riforme andavano respinte e bloccate, e non solo quella del MES.
Il ‘guaio’, come alcuni la hanno chiamata, non è costituito dalla mancata ratifica della riforma del MES, ma dalla adesione al nuovo Patto di Stabilità e Crescita. E di questo oggi pare rendersene conto anche il Ministro Giorgetti (2). D’altronde, un recente rapporto dell’Istituto Bruegel, un accreditato centro di ricerca dichiaratamente filoeuropeista, dimostra cifre alla mano che l’Italia, data la sua situazione finanziaria, sarà il primo Paese a cadere vittima delle procedure aggravate previste dalla riforma e del conseguente commissariamento (3).
Secondo mito
Il comportamento schizoide tenuto rispetto alla riforma del nuovo Patto di Stabilità e Crescita (approvata) e su quella del MES (respinta) dimostra che la maggioranza di governo è confusa, debole, divisa e non ha un indirizzo politico coerente nei confronti dell’Unione europea.
Questo mito si basa su un’altra ipotesi fallace, in quanto priva di basi scientifiche, e cioè che i rappresentanti di un partito tengano necessariamente le stesse identiche posizioni politiche a prescindere dalla sede istituzionale (assemblea legislativa o esecutivo, arena locale, regionale, nazionale o internazionale) in cui svolgono le loro funzioni. Falso!
Anche qui è opportuno un richiamo alla scienza politica. Nel 2009 il politologo irlandese Peter Mair ha pubblicato un importante saggio (4) sugli effetti che la globalizzazione economica e finanziaria, la crescente interdipendenza tra gli stati nazionali e la sempre maggiore importanza delle organizzazioni internazionali hanno avuto sulle logiche di comportamento dei partiti politici nelle democrazie contemporanee. Mair distingue il “governo rappresentativo” (representative government), interprete delle preferenze e degli interessi dei cittadini che lo hanno eletto e il “governo responsabile” (responsible government), soggetto alle pressioni esercitate dalle imprese multinazionali, dalla finanza globale e dalle organizzazioni internazionali.
Il punto fondamentale è che questi due tipi di vincoli – quelli interni, posti dalle domande politiche dei cittadini, e quelli esterni, imposti sull’arena internazionale dai mercati e dalle istituzioni internazionali – sono diversi e spesso divergono. Quindi, un governo democraticamente eletto si trova di fronte al dilemma se essere rappresentativo oppure responsabile.
Tra le due opzioni non ce ne è una ottimale. Se un governo è più rappresentativo che responsabile va incontro a rischi e costi sull’arena internazionale. Qui possiamo richiamare alla memoria quanto accaduto alla Grecia in occasione del referendum sul terzo memorandum. Ma è anche sufficiente ricordare quanto detto dal Ministro Giorgetti all’indomani della mancata ratifica della riforma del Mes: “Ce la faranno pagare” (5). Se, invece, un governo è più responsabile che rappresentativo, genera una crisi di legittimazione democratica con conseguenti tensioni sociali e politiche. E, anche qui, ricordiamo i sommovimenti di piazza che si ebbero in Grecia e in altri Paesi europei in risposta alle politiche di austerità.
La difficile scelta tra rappresentatività e responsabilità, tra politiche popolari ma scomode da tenere sull’arena internazionale e politiche impopolari ma rispettose della disciplina imposta dai mercati e dalle organizzazioni internazionali, dipende da vari fattori. Qui ce ne interessa uno in particolare, cioè la sede istituzionale in cui si svolgono i processi decisionali. È evidente che quanto più questa sede è prossima sia geograficamente che politicamente agli elettori, tanto più prevarrà l’imperativo della rappresentatività e, parallelamente, quanto più questa sede è distante e remota tanto più sarà possibile mostrarsi responsabili verso i propri interlocutori, cioè comportarsi come Adulti nella stanza per riprendere il titolo del bel libro di Yanis Varoufakis (6).
Alla luce di queste considerazioni, sono quindi spiegabili entrambi i comportamenti tenuti dalla maggioranza di governo. Nella votazione alla Camera dei Deputati è prevalsa la logica della rappresentatività e è stata respinta la proposta di ratifica della riforma del MES. Al contrario il Ministro Giorgetti ha ceduto alla logica della responsabilità trovandosi all’EcoFin, in una sede decisionale distante dai cittadini, avendo come interlocutori diretti altri ministri e, soprattutto, sotto il giogo di accordi pregressi. A questo proposito, è istruttiva la descrizione che fa, in modo vivace e pittoresco, il Senatore Borghi Aquilini delle pressioni a cui fu sottoposto l’allora ministro Tremonti nel corso delle trattative durante le quali venne decisa la ristrutturazione del debito pubblico greco (7, da 27:20).
Per concludere, la maggioranza di governo non è divisa o spaccata, in realtà lo è molto di più l’opposizione, ma più semplicemente si è trovata a dover affrontare una difficoltà oggettiva nel gestire la tensione esistente tra l’esigenza di rispettare le domande e le preferenze politiche dei propri elettori e quella di essere riconosciuti come interlocutori affidabili – cioè acquiescenti rispetto alla “disciplina dei mercati e dei pari”, per utilizzare il gergo dei documenti della Commissione – dagli altri governi. Vale la pena ricordare, a questo proposito, quanto affermato dal Commissario europeo Paolo Gentiloni in una intervista rilasciata al Corriere della Sera il 23 dicembre 2023: “il Parlamento è sovrano, ma i Trattati si rispettano”. In quel “ma” avversativo si trova sintetizzata la contraddizione, sempre più difficile da governare, tra rappresentanza e responsabilità, tra lealtà nei confronti dei propri elettori e credibilità di fronte agli altri governi. Chi ha buona memoria ricorderà che nel 2015 l’allora Ministro delle Finanze tedesco Schäuble aveva risolto la questione in modo tranchant affermando che “le elezioni non contano”. E, infatti, in Grecia per quasi un decennio vi è stata una vera e propria sospensione della democrazia.
Terzo mito
Il terzo mito in circolazione è che la ‘logica di pacchetto’ adottata da Giorgia Meloni sia completamente fallita e, in quanto tale, sia da abbandonare. L’idea alla base della tattica del Presidente del Consiglio era di negoziare congiuntamente e contemporaneamente le due riforme, quella del Patto di Stabilità e Crescita e quella del MES, in modo tale da ottenere agevolazioni sulla prima minacciando di non ratificare la seconda. Buona idea. Tuttavia, a metà maggio 2023 il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, aveva fatto sapere pubblicamente all’Italia che la ratifica del MES non sarebbe stata oggetto di trattativa (8).
Questa dichiarazione, alla quale Giorgetti aveva risposto facendo sapere che il Parlamento italiano era contrario alla ratifica, aveva di fatto modificato la struttura dei rapporti – dei ‘giochi’ si dice tecnicamente – con l’Unione europea. Ora c’erano di fatto due trattative in corso. Una concerneva i singoli punti delle due riforme e implicava un possibile scambio di concessioni reciproche. Questa trattativa, di fatto, si collocava, dopo le dichiarazioni di Dombrovskis, all’interno di una seconda trattativa ben più rilevante la cui posta in gioco era cosa potesse o meno essere oggetto di trattativa. Per la Commissione, la ratifica del Mes non era negoziabile, era scontata. I fatti hanno dimostrato che Dombrovskis si era sbagliato.
Da tutto ciò consegue che la ‘logica di pacchetto’ può essere considerata come fallimentare solo se considerata in rapporto al primo livello di trattativa, quello delle concessioni reciproche. Se, invece, si prende in considerazione il secondo livello della trattativa, cioè quella su chi ha il diritto di stabilire cosa è negoziabile e cosa non lo è, allora la strategia utilizzata è stata vincente. Non ratificando il MES, ed utilizzando il proprio potere di veto, la maggioranza di governo e il Movimento 5 Stelle, hanno sfidato chi voleva stabilire unilateralmente quali temi possano essere oggetto di trattativa e decisione all’interno dell’Unione. E hanno vinto questa sfida dimostrando che in Europa “c’è chi dice no”. Era ora!