Qualche giorno fa Guido Crosetto, il nostro ministro della Difesa, ha pianto miseria ed ha preso le distanze dalla proposta del segretario NATO Stoltenberg di erogare quaranta miliardi annui di aiuti all’Ucraina. Secondo Crosetto già facciamo fatica ad arrivare al 2% del PIL di spesa militare, perciò non possiamo permetterci un’ulteriore quota di tre miliardi e mezzo all’anno da gravare sul nostro bilancio. Crosetto ha fatto anche notare che a Bruxelles non c’è solo la sede della NATO ma anche quella dell’Unione Europea (guarda un po’ la coincidenza), e che quindi siamo vincolati ad un Patto di Stabilità che ci impedisce di allargarci troppo. Insomma, NATO e UE potrebbero anche mettersi d’accordo tra loro prima di venire a battere cassa da noi. Dopo questo sussulto di effimera ribellione,
Crosetto ha però preso atto con umile rassegnazione che, mentre a Stoltenberg, von der Leyen, Meloni e Mattarella spetta l’onore dei proclami roboanti, a lui tocca l’onere di rassettare e far quadrare i conti.
A conferma di questa misera condizione, qualche giorno fa c’è stato un incidente che ha riguardato proprio Crosetto, il cui aereo ha dovuto attuare un atterraggio di emergenza all’aeroporto di Ciampino. Secondo le fonti ufficiali il velivolo sarebbe di un modello obsoleto, ed avrebbe dovuto essere già dismesso e sostituito; purtroppo non è stato possibile per motivi di bilancio. Una scelta davvero drammatica, visto che ha messo in pericolo l’incolumità addirittura del titolare del dicastero della Difesa. Crosetto ha personalmente rischiato il martirio per conciliare i sacri vincoli di bilancio imposti dal Patto di Stabilità con i sacri impegni NATO.
Questa malinconica situazione di nozze coi fichi secchi coinvolge persino la missione navale “Aspides” nel Mar Rosso, di cui l’Italia ha il comando. Alla missione partecipano diciannove paesi, ma dall’inizio della missione a febbraio le navi effettivamente impiegate non sono mai state più di quattro o cinque alla volta, e va considerato tutto grasso che cola. La nave belga avrebbe dovuto arrivare ad aprile, ma problemi tecnici ne hanno ritardato di molto la partenza.
Il registro patetico informa ormai di sé un po tutta la missione occidentale nel Mar Rosso. Un articolo strappalacrime del “Washington Post” si incarica di smentire le voci di un affondamento della portaerei “Eisenhower”. Il giornalista ci fa sapere che c’è un po’ di ruggine qua e là, ma la gloriosa portaerei è ancora a galla. Un dettaglio particolarmente deamicisiano è che il comandante si preoccupa di tenere alto il morale dell’equipaggio, dato che ha scoperto che i suoi marinai hanno bisogno di sentirsi apprezzati per rendere al meglio. Una pacca sulla spalla può fare miracoli. Secondo l’articolo, l’unico neo in questa narrativa edificante sarebbe che nella guerra asimmetrica contro gli yemeniti la US Navy ha speso almeno un miliardo di dollari, a fronte di un avversario che riesce a danneggiare la navigazione con armi a bassissimo costo.
In una recente intervista a TgCom24 Crosetto, con una grave amarezza nell’espressione del viso, ha dichiarato che siamo sull’orlo del baratro, e che Putin va fermato e costretto al tavolo negoziale (ovviamente a riconoscere i termini della sua cocente sconfitta). Il ministro ha aggiunto che gli USA non vogliono essere più i soli a spendere e perciò dobbiamo farlo anche noi. Il guaio è che siamo in grave ritardo e che abbiamo scoperto di non avere più neanche la capacità produttiva, perciò ci vorranno anni per mettersi al passo. D’altra parte Putin in questo 2024 celebrerà il suo settantaduesimo compleanno; quindi, se vuole soddisfare la sua bizza senile di riconquistare l’impero sovietico, dovrà pur darsi una mossa alla svelta. Non è detto quindi che la NATO e l’UE possano contare sugli anni e i lustri di cui sperano di disporre. Occorreva ricordare agli USA che De Amicis è roba nostra, perciò Crosetto aggiunge che l’unica nota lieta nel quadro buio e dolente da lui descritto, sarebbe l’universale stima e benevolenza da cui sono circondati i nostri carabinieri nelle loro missioni all’estero. Quando sai toccare il cuore della gente non hai nemmeno bisogno di spararle addosso.
Crosetto si sta dando da fare per poter partecipare al progetto franco tedesco “Main Ground Combat System”, cioè un carro armato di ultimissima generazione, un concentrato di nuove tecnologie, compresa l’AI che sia capace di superare le figure di merda dei carri Leopard e Leclerc sul suolo ucraino. Attualmente il progetto è chiuso a nuovi azionisti, ma il ministro della Difesa francese Lecornu ha fatto sapere di aver avuto “conversazioni interessanti” con Crosetto, e pare che si sia fatto scappare una mezza promessina, poi abbia persino firmato una “lettera d’intenti” con lui; una specie di letterina di Natale come quelle dei bambini di una volta. Crosetto può quindi ora legittimamente sperare di partecipare ad un progetto che, si spera, possa dare qualche risultato per il 2035.
Tra Crosetto e Putin, il russo è Putin; eppure il personaggio più cechoviano tra i due è proprio Crosetto, che ormai sembra zio Vanja. La narrazione del nostro ministro della Difesa si gioca infatti tutta su questo dramma, fatto di atmosfere autunnali, slanci repressi, speranze consumate, ambizioni frustrate, esistenze sacrificate all’ombra di persone egoiste e irriconoscenti. Secondo Crosetto tra i principali compiti di un ministro c’è quello di commuovere il pubblico pur di strappare un po’ più di fondi per la Difesa. Il rischio invece è di farlo imbestialire. Secondo alcuni la condizione attuale di Crosetto è quella del Cireneo, cioè di colui che deve sostenere in pubblico il peso di una narrativa bellicista piena di buchi e di incongruenze; perciò andrebbe apprezzato che, per dissimulare le contraddizioni, conduca la sua recita ispirandosi al teatro di Cechov, invece che ai film di Pierino, come sta facendo la Meloni. Se non fosse per l’incremento dei profitti di Leonardo Finmeccanica, di cui Crosetto era (era?) consulente, verrebbe quasi da piangere sul triste destino del nostro ministro della Difesa.