Già dal titolo si capisce lo stato d’animo che permea tutto questo disco: tristezza, teen ager spleen, insicurezza e piccoli disastri amorosi nell’epoca dei social network, o meglio, degli anti-social come li definisce in “7 days” rivolgendosi direttamente a Dio e ricordando i trolling a cui è stata sottoposta dopo aver vinto il Grammy (“Does he hang his head at all the greed that we possess? / As the anti-social media perpetuates the mess”).
Le canzoni sono tutte scritte dalla ventiduenne di origine italiane, mentre la produzione è in gran parte in mano a Pop & Oak: si va dal midtempo Motown di “Comfortable” al reggae “Trust my lovely”, c’è un po’ di pop-retro Winehouse (“Not today”), chitarrine alla XX (“All we know”) R’n’B (“Growing Pains” – “7 Days”) e brani acustici come “I do not want to” e “A little more” che la pone come una credibile versione femminile di Ed Sheeran.
Alessia Cara è brava, sicura di sé e credibile nel mescolare spleen adolescenziale con messaggi di imbarazzante sincerità un po’ naif (“And I talk in circles, but at least I say what I mean”), vita da popstar nelle camere d’albergo (in “Wherever I am”) e ironia (“And I’m not Bowie, Prince or Queen / But at least I do what I dream” canta in “Girl next door”).
Pur non avendo un look appariscente e riconoscibile – e forse è proprio questo uno dei suoi punti forti – Alessia Cara rischia di essere una delle prossime superstar pop con qualcosa da dire.