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      • Valori e guerre

      Valori e guerre

      Un insieme di umani solitamente costituisce un Popolo quando i singoli individui, o la stragrande maggioranza di loro, condividono un territorio, una lingua, una valuta, un sistema legislativo che definisce l’ordine sociale e regola l’organizzazione sociale. Anche l’etnia può contribuire al consolidamento dell’identità di un Popolo, che in ogni caso condivide anche una cultura popolare in divenire, fondata su usi, costumi, religioni ereditati dalle generazioni precedenti, ma comunque sensibile e adattativa ai cambiamenti insiti nelle dinamiche attuali.

      L’identità di Popolo è una forma di coesione evoluta delle primordiali società tribali, compatibile però con una estensione demografica enormemente maggiore, che esclude di fatto la possibilità di una conoscenza reciproca tra tutte quante le persone appartenenti ad uno stesso Popolo.

      La cultura popolare comprende necessariamente dei valori universali ma personalizzati dalla stessa identità di Popolo, che si distingue in varia misura da quella degli altri Popoli che abitano lo stesso pianeta.

      Si dice, non senza ragione, che sono proprio le differenze valoriali, oltre ovviamente ai conflitti d’interesse, a causare antagonismo tra Popoli, che se non risolto civilmente sfocia in ostilità e guerre.

      Da qui il ragionamento semplicistico che basta ridimensionare le identità di popolo per contrastare le guerre, cosa che sa fare molto bene il processo di globalizzazione, prima commerciale e poi culturale, con la distruzione e sostituzione dei valori tradizionali locali.

      In realtà le differenze identitarie tra i Popoli costituiscono una ricchezza per la civiltà umana, un po’ come la biodiversità in natura. E il coltivare valori condivisi costituisce un potente stimolo al benessere ed al progresso sociale e spirituale della popolazione. Pertanto l’orgoglio di appartenere al proprio popolo non va demonizzato, ma coltivato a certe condizioni, che impediscano il formarsi di una volontà di privilegio e sfruttamento di qualsiasi altro popolo.

      Comprendere quali siano queste condizioni richiede opportuni approfondimenti non sempre facili, tuttavia un criterio generale può essere quello della legittimità, che vale sia per i valori che per gli interessi materiali.

      Per legittimità non intendiamo la conformità alle leggi vigenti, ma al contrario il criterio primario e vincolante delle leggi emanate dalle istituzioni preposte a tale funzione, solitamente codificato nella Costituzione di ogni Stato.

      La parola “valore” ha molti significati, compreso il valore commerciale di merci e servizi scambiati sui mercati più o meno liberi. Questa accezione del termine riveste un ruolo fondativo dei commerci interni ed esteri, che sono considerati l’energia propulsiva dello sviluppo sociale e della formazione e distribuzione di ricchezza, tant’è che prevalgono in tutto il mondo fino a determinarne la tendenza alla globalizzazione, come accennato sopra. Tuttavia l’ipertrofia dei commerci a scopo di lucro rappresenta anche il cedimento dell’animo umano alle logiche del benessere materiale, tecnologicamente assistito, che tutto ingloba, come un buco nero, fino a sfociare nella perdita dei valori umani autentici lungo un percorso che punta dritto ad un nichilismo di stampo materialista, tipico delle ideologie striscianti ma purtroppo prevalenti in varia misura in ogni angolo del pianeta.

      I valori ai quali è rivolto questo ragionamento sono invece quelli più spirituali, che trascendono il valore venale e non sono perciò monetizzabili ne riducibili ad oggetto di scambio. Un esempio pratico particolarmente provocatorio che amo fare in proposito è racchiuso nel motto fascista “Dio, Patria e Famiglia”. Lungi da me ogni tentazione di apologia del fascismo, ma questi tre concetti di per sé costituiscono innegabilmente un esempio di valori positivi per molti versi, che andrebbero tutelati dagli attacchi feroci della propaganda globalista. Dio è morto, la Patria è diventata sinonimo di bieco nazionalismo e la Famiglia subisce gli insulti del tempo, ai tempi della liberazione dai tabù del conformismo sociale ideologicizzato, tipico del ‘900.

      Ci sono volute varie rivoluzioni culturali, a interpretazione della modernità, per arrivare a queste conclusioni, che però ora si rivelano aberranti e contrarie all’essenza autentica dell’esistenza di noi poveri mortali.

      Altra questione dirimente è quella del libero arbitrio, che pare debba essere una proprietà irrinunciabile della coscienza. Che nella dimensione dell’identità di Popolo si traduce immediatamente nel concetto di libera sovranità. E già qui casca qualche asino pesante, come l’ideologia liberale che pone al centro il valore della libertà a 360° nel mentre predica una teoria economica destinata alla sperequazione massima di redditi e ricchezze, fino a maturare un dispotismo totalizzante di pochissimi verso i più, grazie alla potenza della ricchezza, concentrata oltre ogni ragionevole limite, che assorbe ogni altro potere istituzionale e non.

      Il libero arbitrio implica però la capacità di ragionare, di testa e di cuore, in un contesto di autentica libertà di espressione scevra da condizionamenti e imposizioni limitanti. Cosa che ora gli italiani dimostrano di non avere, privi come sono di autonomia di pensiero e strumenti di libera informazione di massa. Rimane però ai Popoli un’altro dono divino, che è il “ragionare di pancia”, basato più sulla percezione diretta della propria esperienza esistenziale che non sulla logica e la veridicità dei fatti narrati a reti unificate. Ed è qui anche l’ultima trincea difensiva dei valori, maturati negli affetti e nelle sofferenze del vivere quotidiano. Non è solo un retaggio della nostra bimillenaria cultura cristiana, ma una caratteristica comune della gente povera e onesta a tutte le latitudini, cioè della stragrande maggioranza del genere umano.

      E’ ragionando di pancia che i Popoli europei condannano la guerra montante a loro danno, contrariamente alla propaganda ed all’agire dei loro governanti guerrafondai, proni al volere di un potere finanziario apolide ben rappresentato dai deep state soprattutto anglofoni e dei loro infiltrati mentori sionisti.

      E’ una battaglia all’ultimo sangue, per la sopravvivenza, tra la forza della maggioranza che potenzialmente tutto può ciò che veramente vuole e la forza del denaro concentrato che tutto corrompe e sovrasta col ricatto del debito, pur di riuscire a reiterare i crimini di cui si nutrono gli stessi concentratori di ricchezza. Sono due sopravvivenze diverse e contrapposte, come il bene e il male assoluti, l’evoluzione e l’estinzione che ne conseguono. Nessuno è in grado di predire con certezza come finirà a breve la singolar tenzone, ma tutti sono in grado di nutrire fede e fiducia in ciò che sentono più vero, che è poi quanto basta per poter sconfiggere la cultura di una morte senza ritorno, senza amore e senza speranza.

      In definitiva la legittimità delle regole autoimponibili la si può valutare solo a livello animico, in conformità ad un qualche tipo di etica, come ad esempio l’etica della responsabilità. Occorre sentirle nel profondo le verità essenziali, liberandosi da corazze e condizionamenti che ingabbiano lo spirito libero della vita che possiamo sperimentare attraverso il nostro stesso corpo, strumento meravigliosamente complesso e coerente, evolutosi in milioni di anni di sperimentazione della vita biologica. E’ in quella cassaforte nascosta dentro di noi che possiamo ritrovare la trascendenza dei valori autentici della vita, che è amore dirompente e vittorioso sugli odi accumulati da offese, umiliazioni e sofferenze senza limiti, spesso inflitte da esseri profondamente malati nell’anima e senza speranza di redenzione.

      Verità, giustizia, libertà sono valori assoluti e irrinunciabili, che vanno però interpretati con coscienza, e verificati alla luce degli errori della storia. Ma il tutto ruota sempre attorno alla personalità, la nostra, il nostro unico e irripetibile marchio di fabbrica, interpretato nell’arco di una breve esistenza, che ha un principio e una fine per tutti, e questa è cosa certa, un sistema di riferimento obbligato.

      Non è uccidendo i valori che si inibiscono le guerre, anzi è vero il contrario. Perciò coltiviamoli con amore i valori che sentiamo più autentici e proprietari, anche se sappiamo che non saranno per sempre, in un divenire però sempre governato da luce e speranza. Una speranza proiettata, più che nel futuro, nell’infinità trascendente del nostro stesso presente storico, come può esserlo stato e lo potrà essere per i nostri avi e i nostri posteri, tutti membri di un’unica meravigliosa famiglia umana che accoglie la nostra esistenza senza mai tradirla, in quanto parte essenziale al servizio di un tutto in lenta ma costante evoluzione.

      Salvo momenti storici cruciali, come quello che stiamo vivendo ora, quando gli eventi accelerano spaventosamente, sovrastandoci e facendoci precipitare o risorgere in un contesto di apparente impotenza. Ma non è così, in realtà gli esiti dipendono soltanto da noi, sia quando decidiamo di agire, sia soprattutto quando rivolgiamo lo sguardo e l’attenzione dentro noi stessi. Solo così infatti potremo poi osservare il mondo senza lenti deformanti, e solo così potremo contribuire a cambiarlo in meglio, riconoscendo tutti i valori reali che possiamo promuovere e fare nostri, di tutti.

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