Nel 1992 ricevetti il premio Giuseppe Pedriali per opere che favoriscono la produzione industriale italiana. In quella occasione feci una presentazione a studenti e docenti delle scuole superiori di Forlì dove spiegai la mia classificazione dei Paesi in serie A, B, e C. Sono nella serie A i Paesi capaci di produrre e utilizzare tecnologie avanzate, nella serie B ci sono quelli che utilizzano solo le tecnologie avanzate, nella serie C ci sono quelli che non producono ne utilizzano tecnologie avanzate. Illustrai il concetto facendo l’esempio degli aerei, e spiegai che costruire un aereo è alquanto diverso dall’utilizzo e anche dalla sua guida. Ripresi il concetto in modo più accurato in un libro di grande insuccesso che scrissi nel 1995. Il titolo è “La Questione Occupazione”. Nel primo capitolo: Classificazione delle Società scrivevo:
… La distinzione più importante è tra la serie A e la serie B: ovvero, tra chi produce e chi consuma beni ad alto contenuto tecnologico. Appare evidente che per produrre alta tecnologia servono competenze maggiori (e diverse) di quelle richieste per il suo consumo (e questo è ben noto a chi, ad esempio, progetta e usa microprocessori). Inoltre, le tecniche usate dai paesi di serie A sono tali che, per l’utilizzo di prodotti avanzati, siano richieste competenze sempre minori: uno degli obiettivi dei produttori è, infatti, quello di rendere l’alta tecnologia “user friendly”, ovvero da utilizzare senza speciali competenze (si veda, ad esempio, il caso degli apparecchi fotografici).
È poi strategicamente importante (almeno, dal punto di vista della serie A) che si stabilisca e si conservi una certa separazione tecnologica tra le due categorie. Come è noto, ogni produttore ha bisogno di molti acquirenti, possibilmente “affezionati” o, meglio, non in grado di trovare fornitori alternativi. Questo principio vale anche per le società: quelle di serie A hanno bisogno di vendere le proprie tecnologie a tante società di serie B che, da un lato, debbano possedere le risorse finanziarie necessarie per pagare i prodotti acquistati e, dall’altro, debbano rimanere a un limitato livello di sviluppo per non trasformarsi in potenziali (e pericolosi) concorrenti.
Il trasferimento di beni tra serie A e B (e viceversa) è sempre caratterizzato da benefici economici per la serie A. Il differenziale serve a pagare (con una certa larghezza) il costo di generazione della conoscenza e a finanziarne la trasformazione in beni ad elevato contenuto tecnologico. È allora importante che il flusso economico da serie B a serie A rimanga continuo e regolare.
Per contro, il trasferimento di beni tra serie A e C è scarso e inessenziale; la serie C è ormai di importanza trascurabile per la serie A: le materie prime che prima erano un elemento rilevante della produzione industriale ora sono poco significative per generare alta tecnologia (che è ad alto contenuto di know-how e a basso contenuto di materiale); in aggiunta, gli alti costi dei prodotti avanzati rendono minimi i rapporti commerciali tra serie A e serie C. Si hanno invece importanti scambi tra serie B e C in particolare per quanto riguarda i prodotti a basso costo e basso contenuto di conoscenza.
La classificazione è importante anche per spiegare alcune determinazioni politiche che, altrimenti, sarebbero incomprensibili (e incredibili). Per conservare una posizione dominante le regioni di serie A debbono controllare lo sviluppo conoscitivo delle regioni di serie B. Gli strumenti usati sono molteplici e articolati ma, sempre, hanno bisogno di un aiuto sul posto. Un tale tipo di aiuto viene fornito da componenti politiche o imprenditoriali locali (i collaborazionisti) che, per benefici di vario tipo, favoriscono azioni contro gli interessi nazionali o regionali. Basta allora ripercorrere la storia, anche recente, per trovare molte tracce di attività collaborazionistiche: vendite o distruzioni di aziende con alto contenuto conoscitivo, tagli a finanziamenti per lo sviluppo, uso scellerato di fondi per la ricerca, impedimenti burocratici, azione depistante di certe forme di pubblicità, ecc.
Sono evidenti in Italia (ma anche in altri Paesi di serie B) svariate attività per facilitare l’acquisto di tecnologia avanzata; al contrario, sono invece molto rare quelle che facilitano lo sviluppo di tecnologia avanzata. Non abbiamo produttori di computer ma facciamo in modo che il computer sia indispensabile per il comune cittadino. La transizione digitale è imperativa, anche se i vantaggi sono, spesso, inesistenti. Il tutto è aiutato da un gran numero di sviluppatori di applicazioni e programmi che rendono l’oggetto “utile e user friendly“. Non produciamo telefonini ma tutto ora si basa su di esso e non averlo è una bestemmia. Anche questo oggetto è “user friendly“, tale da consentire a vecchietti di passare il tempo chattando e interagendo sui social, anche se poi diventano matti per prenotare una visita medica.
Una seconda osservazione riguarda la vendita o la distruzione di aziende ad alto contenuto conoscitivo. A Firenze c’era, di fronte alla Leopolda dall’altra parte dell’Arno, la Nuovo Pignone fondata nel 1842. L’industria dopo alterne vicende venne controllata da ENI. Lo stabilimento di Firenze aveva acquisito negli anni 1990 competenze nei settori compressori alternativi, centrifughe e assiali, turbine a gas e a vapore. Tutte cose di grande rilevanza tecnologica. Nel 1993, ENI il cui Amministratore Delegato era Franco Bernabè. vendette la Nuovo Pignone alla americana General Electrics che operava in Europa con la francese Alstot e l’inglese GEC. La lettera dell’allora Presidente Franco Ciatti inviata a Bernabè e disponibile su Wikipedia, illustra chiaramente il danno strategico: tecnologia dei compressori esportata in UK, espropriazione del know-how, polo elettronico dismesso, Nuovo Pignone ridotto a officina al servizio dei nuovi padroni. Tutte previsioni che si sono puntualmente verificate.
A Milano c’era Italtel, fondata nel 1921. Era una ditta di comunicazioni con cui avevo un rapporto di collaborazione. Pur azzoppata da lotte sindacali e attacchi delle brigate rosse, aveva un eccezionale know-how, incluso il settore delle stazioni base per telefonia mobile, anche per la collaborazione con i laboratori CSELT di Torino. Nel 1998 è cominciato lo spezzatino della azienda, con svariate dismissioni, fino ad approdare a Telecom Italia (Colaninno, AD) che ha ceduto nel 2000 il 100% del residuo al fondo americano Clayton con partner Siemens e Cisco. Cisco ha usato il contenuto commerciale, I tedeschi di Siemens hanno imposto i loro standard, distruggendo quello proprietario e migliore di Italtel e, dopo un po’ di anni, hanno licenziato tutti gli ingegneri del centro di ricerca e sviluppo.
Esistono tanti altri esempi, anche in settori sorpassati dallo sviluppo tecnologico, come il “bianco”, o la metallurgia. I due sopra indicati, penso, sono sufficienti a illustrare il concetto.
Per quanto riguarda la ricerca, l’aver passato il controllo dei finanziamenti alla UE è stato un passo fondamentale per la permanenza dell’Italia in serie B. Prima la gestione era basata sui finanziamenti a pioggia o per appartenenza. Poi è diventata ricerca buona per gli altri. I fondi assegnati sono serviti a farci fare ricerca parcellizzata che altri europei hanno usato per le proprie industrie avanzate. Per spiegare in dettaglio servirebbero decine di pagine. Ho partecipato a progetti europei negli anni ’90 e ho una certa conoscenza diretta.
A correzione di quanto indicato nel libro del 1995 relativamente al ruolo dei paesi di serie C, si deve notare che c’è stato un significativo scambio di beni con basso contenuto tecnologico tra la serie C e A. Questo è stato per reinterpretare il ruolo degli schiavi nelle piantagioni dell’ottocento, ma realizzato in remoto.
Nel capitolo “Classificazione delle Società” dicevo poi:
Bisogna poi chiarire che la classificazione data non significa necessariamente che le regioni di serie A siano più ricche (monetariamente) di quelle di serie B. La differenza è piuttosto nel livello di maturità delle popolazioni e questo determina, nel caso della serie A, una maggiore sicurezza a lungo termine e un livello stabile di benessere. Le regioni di serie A sono “adulte”, quelle di serie B sono “infantili”. Quelle di serie A, sono pervase da grande senso di responsabilità ed hanno obiettivi chiari e comuni. Al contrario, quelle di serie B sono caratterizzate da un diffuso egoismo infantile e da individualismo.
Ebbene, l’infantilismo è una caratteristica peculiare dei nostri concittadini. La creatività che ci distingue è prevalentemente dovuta alla spensieratezza giovanile che ci accompagna dalla culla alla tomba. (A proposito, dicevo “senso di responsabilità”, ma in forma negativa).
Scrivevo poi:
La appartenenza alle tre categorie è dinamica e in continua evoluzione; succede allora che le regioni di serie B sono in continuo inseguimento della A. Le regioni di serie C insidiano la stabilità della B producendo, con mano d’opera non qualificata, prodotti a basso contenuto tecnologico e a bassissimo costo. Per capire la evoluzione dobbiamo tenere conto dei seguenti fatti:
– le regioni di serie A sono in piccolo numero;
– la concorrenza tra regioni di serie A è limitata ed è tale da stimolare nuove scoperte e innovazioni;
– la serie B è molto affollata; la concorrenza nella serie B determina una strenua battaglia sui costi, spinge verso una esasperata produttività e porta, di conseguenza, alle riduzioni di quegli investimenti che sono necessari per generare conoscenza;
– le regioni di serie C sono afflitte da gravi problemi sociali ed economici; essi determinano anche riflessi negativi sulla occupazione nella serie B.
La spinta verso una esasperata produttività, tipica della serie B, caratterizza talvolta anche la serie A. Questa si manifesta quando i prodotti diventano maturi: la concorrenza diventa aggressiva e deve essere combattuta con l’ottimizzazione produttiva e con un conseguente sacrificio economico. Le società avanzate non possono permettersi restrizioni economiche e presto abbandonano i prodotti concorrenziali alla serie B. Continue ondate di conoscenza favoriscono poi la nascita di nuove attività che generano nuovi posti di impiego in sostituzione di quelli perduti.
Il fatto che le regioni di serie B raccolgano frange di mercato abbandonate dalla serie A viene considerato spesso con soddisfazione: il fenomeno viene chiamato di inseguimento da vicino (o quick following). In realtà il quick following non è positivo come sembrerebbe a prima vista: esso genera ostacoli alla crescita tecnologica dato che obbliga a destinare delle risorse conoscitive per lo studio di prodotti di retroguardia. È negativo anche perché il rilascio del know-how da parte dei paesi leader è sapientemente controllato ed è sempre tale da non regalare a nessuno facili promozioni.
Come accennato prima, il possesso della conoscenza non è un fenomeno statico ma in continua evoluzione. Quello che è di valore oggi lo sarà meno domani e, certamente, sarà di pochissimo valore tra breve tempo. Le società della conoscenza sono caratterizzate da una rapida obsolescenza della conoscenza stessa, o meglio richiedono un continuo aggiornamento che rende poco importanti le vecchie nozioni le quali, tra l’altro, sono difficilmente difendibili. La regola chiave è allora far procedere lo sviluppo conoscitivo ad una velocità che risulta essere insostenibile per la concorrenza. Questo significa che i benefici del vantaggio conoscitivo debbono essere sfruttati rapidamente molto prima che i concorrenti, per emulazione, possano produrre beni similari.
Talvolta, in un paese di serie B, possono nascere attività produttive basate su conoscenze emergenti; questo, pur a livello embrionale, prefigura una potenziale promozione e quindi un probabile rischio per le società di serie A. Vengono allora attivati meccanismi per eliminare o confinare il potenziale pericolo. Le tecniche impiegate sono sostanzialmente due: la concorrenza aggressiva (o dumping) e la acquisizione di aziende pericolose. Nel primo caso le leggi del mercato eliminano “naturalmente” il problema. Nel secondo caso invece si ottiene, in tempi più o meno lunghi e nel migliore dei casi, un confinamento della’ azienda acquisita a un ruolo di mera produzione.
Le considerazioni di cui sopra, che feci nel lontano 1985, spiegano un po’ perché l’Italia è la regina della serie B ma, anche chiariscono perché un paese come la Cina è riuscita nella transizione da C ad A, … e ora è brutta e cattiva.