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      • LE CINQUE VARIABILI CHE DEFINIRANNO IL NOSTRO FUTURO

      LE CINQUE VARIABILI CHE DEFINIRANNO IL NOSTRO FUTURO

      Alla fine degli anni Trenta, con la Seconda Guerra Mondiale in corso e pochi mesi prima del suo assassinio, Leon Trotsky aveva già una visione di ciò che avrebbe fatto il futuro Impero del Caos.

      “Per la Germania si trattava di ‘organizzare l’Europa’. Gli Stati Uniti devono ‘organizzare’ il mondo. La storia sta mettendo l’umanità di fronte all’eruzione vulcanica dell’imperialismo americano… Con qualche pretesto e qualche slogan gli Stati Uniti interverranno nel tremendo scontro per mantenere il loro dominio mondiale”.

      Sappiamo tutti cos’era successo dopo. Ora ci troviamo sotto un nuovo vulcano che nemmeno Trotsky avrebbe potuto immaginare: il declino degli Stati Uniti di fronte alla “minaccia” Russia-Cina. E, ancora una volta, l’intero pianeta dipende da importanti mosse nello scacchiere geopolitico.

      I neoconservatori straussiani a capo della politica estera degli Stati Uniti non potrebbero mai accettare che la Russia e la Cina aprano la strada ad un mondo multipolare. Per ora abbiamo l’espansionismo perpetuo della NATO come strategia per indebolire la Russia e Taiwan come strategia per debilitare la Cina.

      Eppure, negli ultimi due anni, la feroce guerra per procura in Ucraina ha solo accelerato la transizione verso un ordine mondiale multipolare, guidato dall’Eurasia.

      Con l’aiuto indispensabile del Prof. Michael Hudson, riassumiamo brevemente le 5 variabili chiave che stanno condizionando l’attuale transizione.

      I perdenti non dettano le condizioni

      1. Lo stallo: questa è la nuova e ossessiva narrazione statunitense sull’Ucraina – al cubo. Di fronte all’imminente, cosmica umiliazione della NATO sul campo di battaglia, la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato hanno dovuto – letteralmente – improvvisare.

      Mosca, tuttavia, non si è affatto preoccupata. Il Cremlino aveva fissato le condizioni molto tempo fa: resa totale e no all’ingresso dell’Ucraina nella NATO. “Negoziare”, dal punto di vista della Russia, significa accettare queste condizioni.

      E, se teste pensanti a Washington opteranno per mettere il turbo alle forniture militari a Kiev, o per scatenare “le più atroci provocazioni per cambiare il corso degli eventi”, come ha affermato questa settimana il capo dell’SVR, Sergey Naryshkin, bene.

      La strada da percorrere sarà sanguinosa. Nel caso in cui i soliti sospetti mettano da parte il popolare Zaluzhny e installino Budanov a capo delle Forze Armate dell’Ucraina, l’AFU sarà sotto il totale controllo della CIA – e non dei generali della NATO, come avviene tuttora.

      Questo potrebbe impedire un colpo di stato militare contro il fantoccio in felpa di Kiev. Ma le cose si faranno molto più brutte. L’Ucraina passerà alla guerriglia totale, con due soli obiettivi: attaccare i civili russi e le infrastrutture civili. Mosca, ovviamente, è pienamente consapevole dei pericoli.

      Nel frattempo, l’eccesso di chiacchiere nei luoghi più disparati suggerisce che la NATO potrebbe addirittura prepararsi ad una spartizione dell’Ucraina. A prescindere dalla forma che potrebbe assumere, non sono i perdenti a dettare le condizioni: è la Russia a farlo.

      Per quanto riguarda i politici dell’UE, è prevedibile che siano in preda al panico più totale, convinti che, dopo aver fatto piazza pulita dell’Ucraina, la Russia diventerà ancora di più una “minaccia” per l’Europa. Stupidaggini. Non solo Mosca se ne frega di quello che “pensa” l’Europa; l’ultima cosa che la Russia vuole o di cui ha bisogno è annettere gli isterici dei Paesi Baltici o dell’Europa orientale. Inoltre, persino Jens Stoltenberg ha ammesso che “la NATO non vede minacce da parte della Russia verso alcuno dei suoi territori”.

      2. BRICS: dall’inizio del 2024, questo è il Grande Quadro: la presidenza russa dei BRICS+  che funziona come un acceleratore di particelle verso il multipolarismo. Il partenariato strategico Russia-Cina aumenterà la produzione effettiva in diversi campi, mentre l’Europa sprofonderà nella depressione, scatenata dalla tempesta perfetta delle sanzioni contro la Russia e della deindustrializzazione tedesca. E non è finita qui, perché Washington sta ordinando a Bruxelles di sanzionare la Cina in tutti i settori.

      Come afferma il Prof. Michael Hudson, siamo nel bel mezzo della “spaccatura del mondo e della svolta verso la Cina, la Russia, l’Iran, i BRICS”, uniti nel “tentativo di invertire, annullare e far retrocedere l’intera espansione coloniale degli ultimi cinque secoli”.

      Oppure, come ha detto il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, questo processo dei BRICS che si lasciano alle spalle i prepotenti occidentali, il cambiamento dell’ordine mondiale è come “una rissa in un parco giochi – che l’Occidente sta perdendo”.

      Bye Bye, Soft Power

      3. L’Imperatore Solitario: lo “stallo”, cioè il fatto di aver perso una guerra, è direttamente collegato al suo compenso: l’Impero che schiaccia e rimpicciolisce un’Europa vassalla. Ma, anche esercitando un controllo quasi totale su tutti questi vassalli relativamente ricchi, si perde definitivamente il Sud globale: se non tutti i loro leader, certamente la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica. La ciliegina su questa torta avvelenata consiste nel sostenere un genocidio seguito dall’intero pianeta in tempo reale. Bye bye, soft power.

      4. De-dollarizzazione: in tutto il Sud globale hanno fatto i conti: se l’Impero e i suoi vassalli dell’UE possono rubare oltre 300 miliardi di dollari di riserve estere russe – da una potenza nucleare/militare di prim’ordine – possono farlo con chiunque, e lo faranno.

      Il motivo principale per cui l’Arabia Saudita, ora membro dei BRICS 10, è così accondiscendente sul genocidio a Gaza è perchè le sue ingenti riserve di dollari sono ostaggio dell’Egemone.

      Eppure, nel 2024 i membri della carovana che si allontana dal dollaro USA continueranno ad aumentare: ciò dipenderà dalle cruciali deliberazioni all’interno dell’Unione Economica Eurasiatica (EAEU) e del BRICS 10.

      5. Il giardino e la giungla: ciò che Putin e Xi hanno essenzialmente detto al Sud globale – compreso al mondo arabo ricco di energia – è abbastanza semplice. Se volete migliorare il commercio e la crescita economica, a chi vi rivolgete?

      Torniamo così alla sindrome del “giardino e della giungla”, coniata per la prima volta dall’orientalista della Gran Bretagna imperiale Rudyard Kipling. Sia il concetto britannico del “fardello dell’uomo bianco” che quello americano del “destino manifesto” derivano dalla metafora del “giardino e della giungla”.

      Il NATOstan, e non solo, dovrebbe essere il giardino, il Sud globale la giungla. Ancora Michael Hudson: allo stato attuale, la giungla sta crescendo, ma il giardino non cresce “perché la sua filosofia non è l’industrializzazione. La sua filosofia è quella di puntare sulle rendite di monopolio, cioè sulle rendite che si fanno ad occhi chiusi e che non producono alcun valore. Si ha solo il privilegio di poter incassare denaro su una tecnologia di monopolio che si possiede“.

      La differenza oggi, rispetto ai decenni passati di pasti gratis imperiali, è “un immenso spostamento del progresso tecnologico”, dal Nord America e dagli Stati Uniti verso la Cina, la Russia e alcuni centri specifici dell’Asia.

      Guerre per sempre. E nessun piano B

      Se, alla ricerca dello scenario più probabile, combiniamo tutte queste varianti – stallo, BRICS, Imperatore Solitario, de-dollarizzazione, giardino e giungla – è facile capire che l’unica “via d’uscita” per un Impero messo all’angolo è, che altro, il modus operandi predefinito: guerre per sempre.

      E questo ci porta all’attuale portaerei americana in Asia occidentale, totalmente fuori controllo ma sempre sostenuta dall’Egemone, che punta ad una guerra su più fronti contro l’intero Asse della Resistenza: Palestina, Hezbollah, Siria, milizie irachene, Ansarullah nello Yemen e Iran.

      In un certo senso siamo tornati all’immediato post-11 settembre, quando ciò che i neoconservatori volevano veramente non era l’Afghanistan, ma l’invasione dell’Iraq: non solo per controllare il petrolio (cosa che, alla fine, non è avvenuta) ma, secondo l’analisi di Michael Hudson, “per creare essenzialmente la legione straniera dell’America sotto forma di ISIS* e al-Qaeda** in Iraq”. Ora, “l’America ha due eserciti che usa per combattere nel Vicino Oriente, la legione straniera ISIS*/al-Qaeda** (legione straniera di lingua araba) e gli israeliani“.

      L’intuizione di Hudson sull’ISIS* e Israele come eserciti paralleli è impagabile: entrambi combattono l’Asse della Resistenza, e non si combattono mai a vicenda (corsivo mio). Il piano dei neoconservatori straussiani, per quanto pacchiano, è essenzialmente una variante della “lotta all’ultimo ucraino”: “combattere fino all’ultimo israeliano” sulla via del Santo Graal, che è bombardare, bombardare, bombardare l’Iran (copyright John McCain) e provocare un cambio di regime.

      Così come il “piano” non ha funzionato in Iraq o in Ucraina, non funzionerà contro l’Asse della Resistenza.

      Ciò che Putin, Xi e Raisi hanno spiegato al Sud globale, sia in modo esplicito che piuttosto sottile, è che ci troviamo proprio nel punto cruciale di una guerra di civiltà.

      Michael Hudson ha fatto molto per ridurre in termini pratici una lotta così epica. Ci stiamo dirigendo verso quello che ho descritto come tecno-feudalesimo – un turbo-neoliberismo guidato dall’IA alla ricerca di rendite? O ci stiamo dirigendo verso qualcosa di simile al capitalismo industriale delle origini?

      Michael Hudson definisce un traguardo di buon auspicio “aumentare gli standard di vita invece di imporre l’austerità finanziaria del FMI sul blocco del dollaro“; ideare un sistema che Big Finance, Big Bank, Big Pharma e quello che Ray McGovern aveva memorabilmente definito il MICIMATT (complesso militare-industriale-congressuale-intelligence-mediatico-universitario-tank tank) non possano controllare. Alea jacta est.

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