Sui media tradizionali si è parlato molto di come la guerra con la Russia, iniziata il 24 febbraio 2022, ha forgiato l’Ucraina in una nazione sotto la brillante guida del presidente Zelensky. Questa nazione avrebbe trovato fiducia in se stessa nella sua apparente capacità di resistere all’invasione armata da parte del potente vicino orientale e persino di contrattaccare con un certo successo, misurabile nei grandi guadagni territoriali nell’oblast di Kharkov prima e in quello di Kherson poi. La nuova nazione ucraina sta condividendo le difficoltà e ci dicono che la speranza della vittoria la tiene unita, per ora.
Del fatto che un quarto della popolazione ucraina abbia abbandonato il paese non si parla. Non sto contando solo quelli che sono fuggiti in occidente, ma anche quelli che sono fuggiti in Russia. E perché si dovrebbe discutere il significato di questo fatto? Un quarto della popolazione dei tre Stati Baltici, un quarto dei Rumeni e dei Bulgari erano espatriati all’inizio degli anni ’90, dopo il crollo delle economie dei loro Paesi a seguito alla rottura dei legami commerciali con la Russia e mentre questi Paesi tentavano, inizialmente senza successo, di integrarsi nei mercati europei. Che gli Ucraini fuggano ora da una guerra mentre quelli di prima fuggivano dalla povertà, il risultato finale per chi rimane non cambia: è una specie di pulizia etnica autoinflitta che sfocia nella costituzione di una nazione che, dopo la crisi, sarà politicamente più omogenea.
Nel frattempo, dall’inizio della “Operazione militare speciale,” nessuno ha parlato di come in Russia si stia formando una nuova nazione. La cosa ovviamente non deve sorprendere, dato che i centri di studio nelle università americane ed europee hanno ormai smesso di essere centri di studio sulla Russia, che era la loro funzione quando erano stati creati e per cui hanno continuato a ricevere finanziamenti dall’inizio della Guerra Fredda, nel 1949. L’Harriman Institute della Columbia University e il Davis Center (ex Centro di ricerca sulla Russia) di Harvard sono diventati in tutto e per tutto centri di studio sull’Ucraina. Non importa che ad Harvard avessero già un centro di ricerca sull’Ucraina, istituito e sponsorizzato separatamente fin dagli anni ’70. Ma, come accade spesso, gli amministratori delle università seguono il profumo dei soldi e il corpo docente si accoda.
Gli studi sulla nazione ucraina che sta emergendo avranno comunque vita breve. Nella forma attuale, questa nazione gestita da ultranazionalisti è condannata a morte dalla sconfitta che inevitabilmente subirà sul campo di battaglia, cui farà seguito la rimozione dal potere di coloro che hanno condotto il Paese sulla strada – sbagliata – della pulizia etnica e del genocidio. Nel frattempo, la Nuova Russia, anch’essa plasmata dalle sfide di una guerra totale, rimarrà con noi ancora per molto tempo. Lo vedremo nei mutevoli equilibri geopolitici e militari globali. Consiglierei ai nostri studiosi negli Stati Uniti e in Europa di pensare bene a come impiegare il proprio tempo, se vorranno avere una qualche rilevanza nelle decisioni di politica internazionale del prossimo futuro.
In questo articolo mi limiterò a delineare alcune aree di particolare interesse per la trasformazione che vedo profilarsi nella società russa, nella sua economia e nella sua posizione internazionale, così come questa Nuova Russia viene formata dalla guerra.
Il consolidamento della società è un tema molto discusso in questi giorni nei talk show russi. Una delle ragioni del consolidamento sta nella “pulizia politica,” ovvero nella partenza volontaria o nell’allontanamento dei liberali innamorati dell’occidente che, negli anni ’90, in gran parte disprezzavano i loro concittadini e, per quanto possibile, passavano le loro vacanze in Europa o negli Stati Uniti.
Uno dei più egregi esempi di questi esiliati volontari e che ha lasciato il Paese giusto in tempo per evitare di essere trascinato in tribunale con l’accusa di corruzione, era stato Anatoly Chubais. Chubais aveva costruito la sua fama – o infamia – negli anni ’90 come direttore dei programmi di privatizzazione che avevano contribuito a creare la cerchia dei cosiddetti oligarchi, quelli che avevano dominato la vita politica russa fino a quando non erano stati “domati,” imprigionati o espulsi dal Putin nei primi anni del nuovo millennio. C’erano naturalmente qualche centinaia o migliaia di personaggi di minore rilievo e potere che avevano fatto da contrappeso alle forze nazionalistiche durante l’intera presidenza Putin e che avevano goduto di uno status di intoccabilità in istituzioni come la Scuola Superiore di Economia di Mosca o il Centro Eltsin di Ekaterinburg.
Questo Centro aveva subito per anni gli attacchi politici del regista e commentatore russo Nikita Mikhalkov nel suo programma televisivo Besogon. Le accuse di Mikhalkov nei confronti del Centro Eltsin riguardavano la diffusione di propaganda sovversiva e la sua collusione con il consolato americano a Ekaterinburg.
Il Centro Eltsin è tuttora sotto il patrocinio della vedova di Eltsin, Naina, e lei, come anche la vedova e la figlia di Anatoly Sobchak, che era stato sindaco di San Pietroburgo, e altre figure odiose del periodo di Boris Nikolaevich Eltsin al potere, hanno tutte goduto della protezione personale di Putin. A differenza dei leader occidentali, Vladimir Putin non si è mai rimangiato la parola data e la protezione della “famiglia” faceva parte dell’accordo che gli aveva dato la presidenza nel 1999.
Da 18 mesi il programma di Mikhalkov non andava più in onda, forse a causa delle sue denunce sul Centro Eltsin. Ma, dopo l’inizio della guerra, Mikhalkov è stato riabilitato ed è anche possibile trovare recenti trasmissioni di Besogon su YouTube, e la sua linea di pensiero è stata ripresa, tra gli altri, da Vladimir Solovyov [nel suo programma televisivo]. E così il Centro Eltsin oggi viene nuovamente denunciato e chiamato ”Centro di sedizione Eltsin” dai commentatori politici di destra della televisione di Stato. La maggior parte dei direttori del centro si trova ora all’estero, in un esilio autoimposto.
La Scuola Superiore sta venendo ripulita dai suoi elementi peggiori, dal punto di vista della nuova leadership nazionalista russa. E così succede un po’ in tutto il Paese. Non cercherò di giudicare qui la legalità o l’efficacia dei processi in corso. Ma che stiano avvenendo è indiscutibile. E che questa “pulizia” riceva il sostegno della maggior parte della popolazione russa è altrettanto indiscutibile.
Ma il consolidamento della società russa è degno di nota non tanto per le scorie che sta espellendo, quanto per i legami più stretti che si stanno creando nella popolazione in generale, basati su una nuova fiducia in se stessi e sul sostegno allo sforzo bellico in Ucraina.
Negli articoli precedenti avevo parlato del fenomeno del volontariato in tutta la Federazione Russa per la raccolta di contributi in denaro e in natura a sostegno dei soldati russi. Avevo parlato delle lettere ai soldati da parte dei bambini delle scuole, del cibo e del vestiario inviati al fronte da ONG locali di recente costituzione. A questo aggiungo la nascita di un altro tipo di volontariato, notevole per portata e per i personaggi coinvolti. Si tratta di membri della Duma, amministratori e legislatori provenienti dalle regioni più svariate, dalla Russia europea alla Siberia, la Kamchatka e l’Estremo Oriente. A questi volontari viene impartito un addestramento militare in unità specializzate, tra cui una denominata “Akhmat,” in onore del padre del leader ceceno Ramzan Kadyrov e sotto la sua diretta supervisione.
Il tempo trascorso nel Donbass da questi volontari, anche se non direttamente impegnati in battaglia, non è privo di rischi. Una settimana fa abbiamo appreso delle ferite quasi mortali riportate da Dmitry Rogozin, un tempo ambasciatore della RF presso la NATO qui a Bruxelles e, per alcuni anni, a capo di Roskosmos [L’Agenzia Spaziale di Stato]. Non sappiamo quali compiti stesse svolgendo nel Donbass come volontario, ma sappiamo che è stato ferito in un bombardamento e che ha dovuto subire un’operazione per rimuovere frammenti di schegge dalle vertebre del collo.
Nel frattempo, le stesse città russe, a partire da Mosca e San Pietroburgo, hanno contribuito con la loro forza lavoro allo sforzo bellico, una cosa che non leggerete sul Financial Times. Nel periodo successivo alla mobilitazione di settembre, in assenza delle condizioni per una grande offensiva contro l’esercito ucraino, i Russi si erano messi al lavoro per evitare ulteriori sfondamenti ucraini lungo i 1.000 km di fronte, come era accaduto nell’oblast’ di Kharkov verso la fine della scorsa primavera. Si sono trincerati e hanno creato seconde e terze linee di difesa costituite da una serie di trincee e casematte realizzate a regola d’arte. E chi ha fatto gran parte di tutto il lavoro? 20.000 dipendenti comunali inviati nel Donbass dal sindaco di Mosca, Sobyanin, e altri 10.000 dipendenti comunali inviati da San Pietroburgo.
Le notizie di queste opere di volontariato suscitano sentimenti di orgoglio in tutta la Russia. Allo stesso tempo, la resistenza del Paese di fronte alla guerra economica imposta dall’occidente è evidente a tutti. La politica di sostituzione delle importazioni si è trasformata in un ampio programma di reindustrializzazione. I telegiornali riportano ogni giorno notizie di questi “miracoli economici.”
Il governo concede crediti agevolati alle nuove imprese manifatturiere per incoraggiarne la produzione. Con la creazione di nuovi posti di lavoro altamente retribuiti, non c’è da stupirsi che il tasso di disoccupazione sia sceso vicino al 3%. Questo favorisce di per sé fiducia e orgoglio nella società russa.
Un’altra faccia della stessa medaglia è il crescente disprezzo per l’Europa e l’occidente in generale. I notiziari russi forniscono una copertura relativamente accurata e non propagandistica della crisi energetica, dell’inflazione dilagante e dell’ansia delle popolazioni europee. Questo, insieme agli atti di vandalismo perpetrati contro i monumenti russi negli stati orientali dell’UE, insieme ad altre manifestazioni di russofobia in Europa in ambito culturale e turistico, sta facendo cambiare idea anche all’intellighenzia russa, fino ad ora filo-occidentale… patrioti per necessità.
Nel mio ultimo commento sui festeggiamenti di capodanno alla televisione di stato russa, sottolineavo come il reclutamento dei quadri dirigenti del Paese sarà probabilmente fatto tra gli eroi dei campi di battaglia odierni.
Che è poi quello che era accaduto nei decenni successivi al lancio in orbita di Yuri Gagarin. Quelli che avevano seguito le orme di Gagarin avevano stabilito nuovi record e imprese nello spazio che altri Paesi, Stati Uniti compresi, erano riusciti ad eguagliare solo anni dopo. Tra questi, la prima donna nello spazio, la prima passeggiata nello spazio o la permanenza più lunga in orbita. A questi eroici uomini e donne non erano state concesse solo parate celebrative nella capitale. A loro erano stati assegnati seggi negli organi legislativi dell’URSS, anche se in gran parte cerimoniali.
Possiamo aspettarci che anche ai soldati decorati di oggi vengano offerti simili privilegi e che trovino posto negli organi legislativi e amministrativi della Federazione Russa. Ma oggi c’è molto di più da aspettarsi in termini di avanzamento. Dato che gli ufficiali hanno un’esperienza pratica e utile per la gestione di imprese commerciali, mentre gli astronauti generalmente non l’avevano e non l’hanno, potremmo aspettarci di vedere ufficiali decorati occupare posti d’onore tra i vertici della casta manageriale della Russia, che, nel frattempo, è in fase di riorganizzazione e reindustrializzazione. Non ci sarebbe del resto nulla di straordinario in questo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e dopo la Guerra di Corea, non poche posizioni dirigenziali nelle aziende americane erano andate a veterani.
Ho parlato di reindustrializzazione. E a questo riguardo ci sono anche altri cambiamenti causati dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. L’abbandono forzato dell’Europa come principale partner economico ha costretto la Russia ad espandere i legami con la Cina, l’India e il “Sud globale.” Il Financial Times e altri media occidentali stanno concedendo, a malincuore, qualche attenzione a questo tema, parlando delle nuove infrastrutture, in fase di progettazione o anche addirittura già in fase di costruzione, per aumentare le esportazioni di energia verso la Cina e l’India, ad esempio. Una settimana fa, un giacimento di gas nella Siberia orientale ha iniziato ad alimentare direttamente il metanodotto Forza della Siberia verso la Cina grazie ad una nuova condotta di 800 km appena completata.
I nostri media parlano anche della sorprendente cooperazione che si sta sviluppando tra la Russia e l’Iran per realizzare un progetto logistico nord-sud, pianificato gia’ nel 2000 ma che non era mai partito. Oggi in questo corridoio multimodale ferroviario, fluviale e marittimo, che si estende da San Pietroburgo a nord fino a Mumbai a sud attraverso l’Iran, stanno transitando le prime considerevoli forniture di cereali e la cosa promette di trasformare radicalmente le linee di approvvigionamento in Eurasia, riducendo drasticamente tempi e costi di trasporto.
Naturalmente, i cambiamenti più importanti, imposti dalla guerra in Ucraina, riguardano le relazioni estere. I nostri media hanno già speculato ampiamente sulle relazioni russo-cinesi, che i diretti interessati definiscono come più che un’alleanza. Ma ci sono nuove relazioni commerciali, politiche e militari anche tra Russia e Iran, tra Russia e Corea del Nord. E c’è l’apertura russa verso l’Africa, l’America Latina e il Sud-Est asiatico, cioè verso il “Sud globale” per la de-dollarizzazione del commercio e la promozione di un ordine mondiale multipolare.
Questi ultimi cambiamenti nel commercio globale e la promozione di un mondo multipolare hanno ricevuto, come ho detto, una certa attenzione da parte di esperti in Occidente. Ciò che resta da fare è metterli in relazione ai cambiamenti che stanno avvenendo all’interno della società russa, ovvero a quella nuova coscienza e fiducia in se stessi di cui parlavo all’inizio di questo articolo. Ci sarà molto lavoro da fare per la comunità degli esperti occidentali, una volta che la loro infatuazione per la nuova Ucraina di Zelensky sarà finita nel dimenticatoio della storia.