Durante la campagna elettorale per le presidenziali degli Stati Uniti del 2024 la promessa di introdurre alti dazi alle importazioni è stata centrale nei discorsi di Donald Trump. Le motivazioni del ricorso ad alti dazi sono numerose. In primo luogo, l’introduzione di alti dazi è mirata alla riduzione del deficit commerciale statunitense che ha superato la cifra enorme di 1.151 miliardi di dollari nel 2023 e alla reindustrializzazione degli Usa che negli ultimi vent’anni, con la globalizzazione, hanno subito una forte delocalizzazione delle produzioni manifatturiere all’estero.
Inoltre, Trump mira a finanziare la riduzione delle imposte, specialmente quelle dirette alle imprese, con il ricavato dell’imposizione dei dazi, e a sostenere la sicurezza nazionale, reinternalizzando la produzione di componenti strategici per la difesa. Infine, i dazi possono essere utilizzati come strumento di pressione geopolitica non solo sugli avversari ma anche sugli alleati, in particolare per distogliere alcuni paesi, in particolare i Brics, dall’abbandonare il dollaro come moneta di scambio e di riserva internazionale, aspetto che contribuisce a rendere centrale l’economia degli Usa a livello mondiale.
I dazi avranno un riflesso sull’economia degli Usa e dei paesi contro il cui export sono stati elevati. Per questa ragione è importante valutare l’entità dell’impatto dei dazi sull’economia italiana. Qui di seguito prendiamo in esame le previsioni di alcuni centri studi, che delineano i vari scenari di previsione.
Secondo uno studio della banca del Fucin, l’impatto negativo dell’innalzamento dei dazi sarà riscontrabile soprattutto nel breve periodo, mentre l’imposizione generalizzata di dazi da parte degli Usa non costituirebbe una minaccia esistenziale per le esportazioni italiane per due ordini di motivi.
Il primo risiede nel ruolo del dollaro come riserva globale di valore e moneta di scambio internazionale, che lo rafforza nei confronti delle altre valute, specie nelle situazioni di incertezza. Infatti, subito dopo la vittoria di Trump, il dollaro si è apprezzato contro le altre valute. Come avvenuto durante il precedente mandato di Trump (2017-2020), si prevede che anche questa volta proseguirà l’apprezzamento nei confronti delle principali valute internazionali, euro compreso, la cui svalutazione potrebbe arrivare fino al 10%, secondo proiezioni di Goldman Sachs. In questo modo, il dollaro forte contribuirebbe a bilanciare gli effetti dei dazi sul costo finale dei prodotti italiani per gli acquirenti statunitensi. Tuttavia, gli ultimi dati, che riportano una svalutazione del 5% dollaro dall’inizio dell’anno rispetto a un paniere di valute in cui c’è anche l’euro, negano che il dollaro si stia rafforzando, contraddicendo, almeno per il momento, le previsioni che il dollaro forte possa contrastare l’effetto dei dazi.
Un altro fattore che stempererebbe le preoccupazioni per i dazi statunitensi è la composizione delle esportazioni italiane, formata da produzioni manifatturiere altamente sofisticate e con un forte grado di specializzazione, come, oltre ai prodotti tradizionali del Made in Italy, macchinari, mezzi di trasporto, e articoli farmaceutici. È, quindi, presumibile che gli Usa nel breve-medio periodo non saranno in grado di rimpiazzare le forniture italiane posizionate entro nicchie di mercato difficilmente contendibili. Anche la sostituzione delle importazioni italiane con produzioni domestiche risulterebbe difficile a causa del basso tasso di risparmio nazionale degli Usa. Infine, i dazi andrebbero a colpire allo stesso modo anche i concorrenti dell’Italia che si troverebbero ad affrontare le stesse difficoltà.
Un’altra analisi, sempre per quanto riguarda l’Italia, è stata svolta dallo Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno) , che delinea due scenari, uno che prevede dazi al 10% su tutti i prodotti e uno con dazi al 20%, che è quello attualmente in atto. Nel primo scenario l’export si ridurrebbe del -4,3%, con una contrazione in valore di 2,9 miliardi di euro, nel secondo scenario la riduzione dell’export sarebbe del -8,6%, con una contrazione di 5,8 miliardi di euro. Per quanto riguarda i settori produttivi, a essere maggiormente colpiti sarebbero i beni che presentano una maggiore sostituibilità, cioè quelli agroalimentari, farmaceutici e chimici, che nello scenario con dazi al 20% si contrarrebbero tra il -13,5% e il -16,4%. Per i beni tipici del Made in Italy e perciò meno sostituibili, come la moda e il mobilio, la contrazione sarebbe del -2,6%, sempre nel secondo scenario. Una posizione intermedia occuperebbero, invece, la meccanica e i mezzi di trasporto che calerebbero del -10%. Dal momento che l’export del Mezzogiorno di concentra su agroalimentare e automotive, qui la contrazione dell’export sarebbe maggiore rispetto al Centro-Nord: -4,7% contro -4,2% nel primo scenario e -9,3% contro -8,5% nel secondo scenario.
Lo Svimez ha calcolato anche l’impatto dei dazi su Pil e occupazione italiani. Nel caso di dazi al 10% la perdita del Pil sarebbe di 1,9 miliardi (-0,1%) e quella di posti di lavoro sarebbe di 27mila unità di lavoro a tempo pieno. Nel caso di dazi al 20% il Pil si contrarrebbe di 3,8 miliardi mentre i posti di lavoro a rischio sarebbero 57mila. Infine, se l’amministrazione Trump decidesse di imporre dazi al 100% sull’automotive, mantenendo al 20% la tariffa sugli altri beni, l’impatto dei dazi sull’economia italiana sarebbe ancora maggiore, soprattutto sul Mezzogiorno. In questo caso la contrazione dell’export sarebbe di 8 miliardi (-12%), comprensiva di una riduzione dell’export di auto del valore di 2,9 miliardi, provocando un calo del Pil di 5,4 miliardi (-0,3%) e una perdita di 76mila posti di lavoro.
Anche Prometeia ha elaborato delle previsioni sull’Italia . Secondo questo istituto di ricerca, nel 2023 il costo dei dazi fronteggiati dall’Italia è stato di 2 miliardi di euro. Con i nuovi scenari, il costo dei dazi salirebbe tra i 4 e i 7 miliardi. La prima cifra corrisponde ad un aumento di 10 punti percentuali solo su prodotti che sono già sottoposti a dazi. La seconda cifra risulta da un aumento generalizzato di 10 punti percentuali su tutti i prodotti. Tra i maggiori paesi europei, la Germania subirebbe un impatto superiore a quello dell’Italia, mentre Francia e Spagna ne subirebbero uno inferiore. Per quanto riguarda i settori manifatturieri, in caso di aumenti limitati a prodotti già colpiti da dazi sarebbero la moda e l’agroalimentare a essere maggiormente penalizzati. Invece, nell’ipotesi di aumenti generalizzati sarebbero i prodotti a alta e media intensità tecnologica (farmaceutica e meccanica) a subire più intensamente l’impatto dei dazi.
Secondo Prometeia la strada dei dazi rimane scarsamente praticabile, per varie ragioni. In primo luogo, per le ritorsioni dei partner esteri. In secondo luogo, i dazi sono controproducenti per le aziende statunitensi che importano 1,5mila miliardi di beni di investimento e intermedi, soprattutto nel settore automotive dal Messico e dal Canada.
Infine, i dazi prospettati da Trump presentano varie anomalie: applicano una stessa tariffa a settori manifatturieri diversi, colpiscono con l’inflazione e la conseguente perdita di potere d’acquisto i più poveri (il 20% più basso vedrebbe ridursi il reddito del 2,5%), mentre la rimodulazione prospettata da Trump sotto il profilo fiscale è insostenibile, dal momento che i dazi medi dovrebbero più che triplicare per coprire anche solo una diminuzione del 10% delle entrate sui redditi delle persone fisiche.
Infine, come ricorda l’Istat nel Rapporto sulla competitività dei settori, nelle stime di Intesa San Paolo (2025), per l’economia italiana si utilizzano diverse elasticità della domanda statunitense al prezzo dei beni importati e si ipotizza che, su ogni bene, venga applicato un dazio al 10 per cento, mentre si lasciano invariate le aliquote correnti nel caso in cui esse siano già superiori a tale soglia. L’impatto di dazi orizzontali sul Pil italiano sarebbe inferiore a 4 decimi di punto, indipendentemente dal grado di elasticità utilizzato. La perdita di export sarebbe quantificabile in circa 3 miliardi di euro, quasi un miliardo rappresentato da macchinari e relativa componentistica (circa il 5 per cento dell’export totale del settore negli Stati Uniti), mezzo miliardo per veicoli leggeri (come automobili e motocicli) e 370 milioni per la farmaceutica.
Ad ogni modo, l’impatto effettivo dei dazi statunitensi sull’economia italiana rimane ancora incerto. Bisogna, infatti, tenere conto dell’evoluzione di due variabili ancora piuttosto incerte.
La prima, come si è accennato sopra, è il dollaro. Se questo, a differenza di quanto sta facendo ora, si rafforzerà rispetto all’euro, allora il potere d’acquisto del consumatore americano rispetto ai prodotti importati dall’Italia aumenterà, attutendo l’impatto dei dazi. Se, invece, il dollaro continuerà a svalutarsi, come vorrebbe Trump, le esportazioni statunitensi verranno facilitate, mentre diventeranno più costose le importazioni dall’Italia, accentuando l’effetto negativo dei dazi.
La seconda variabile è rappresentata dalla disponibilità dell’amministrazione Trump a negoziare condizioni migliori per la Ue, riducendo o revocando i dazi del 20%. Del resto, lo stesso Trump ha detto che sarebbe stato disponibile a rinegoziare le tariffe con chiunque volesse fare concessioni importanti agli Usa. In ogni caso, la Ue e soprattutto l’Italia, all’interno della Ue, stanno assumendo una posizione morbida nei confronti dei dazi Usa, dicendo di voler evitare rappresaglie che innescherebbero una guerra commerciale.
Questo, come la disponibilità ad acquistare più gas naturale liquefatto o più titoli di stato dagli Usa, forse potrebbe disporre Trump ad ammorbidire i dazi. Inoltre, è notizia di questi giorni la proposta della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di portare a zero le tariffe reciproche tra Usa e Ue. Dall’altra parte, c’è, però, la netta sensazione che questa volta Trump faccia sul serio. Quindi, bisognerà vedere nel futuro se ci saranno spazi di manovra per ridurre o addirittura annullare i dazi sulle importazioni statunitensi dall’Ue e dall’Italia.