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      • ORA I TAMBURI DI GUERRA CON LA CINA RULLANO PIÙ FORTE

      ORA I TAMBURI DI GUERRA CON LA CINA RULLANO PIÙ FORTE

      Prosegue, con quest’articolo di Caitlin Johnstone, la serie iniziata ieri dedicata al confronto Cina/USA relativamente a Taiwan, territorio cinese secessionista per i primi, risorsa strategica, punta di lancia, nei fatti, puntata dagli USA alla gola della Cina. Indubbiamente interessante la differenza dei toni duri di Xi in questo articolo rispetto a quelli concilianti (probabilmente anche melliflui) con i quali si è riferito a Taiwan e, ovviamente, ancor più interessante la somiglianza della situazione con quella della Russia nei confronti dell’Ucraina. In entrambi i casi l’aggressività e, soprattutto, l’arroganza statunitense (con un’abbondante dose di chutzpah, nell’accezione più deleteria del termine) imbevuta di questo “eccezionalismo” col quale pretendono di giustificarla, la fanno da padrone

       

      Caitlin Johnstone – substack.com – 13 marzo 2023

       

      Negli ultimi giorni i commenti sia di Washington che di Pechino sono diventati improvvisamente molto più taglienti e aggressivi, tanto che si parla di guerra calda non solo come una possibilità reale, ma in molti casi come una probabilità. Vediamo alcuni dei più significativi sviluppi recenti.

       

      Pechino commenta l’accerchiamento degli Stati Uniti

      Il governo cinese ha finalmente abbandonato i suoi soliti commenti moderati sul modo in cui l’impero sta aggressivamente accerchiando la RPC con macchine da guerra in modi in cui Washington non permetterebbe mai di essere accerchiata e conducendo una guerra economica che essa stessa non tollererebbe mai.

      “I Paesi occidentali – guidati dagli Stati Uniti – hanno attuato contro di noi un contenimento, un accerchiamento e una soppressione a tutto campo, ponendo sfide senza precedenti allo sviluppo del nostro Paese“, ha dichiarato la scorsa settimana il Presidente Xi Jinping in un discorso.

      Il giorno successivo il nuovo ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, ha fatto seguito ai commenti di Xi con un avvertimento di “conflitto e scontro” se le aggressioni e l’accerchiamento degli Stati Uniti dovessero continuare.

      “Se gli Stati Uniti non tirano il freno, ma continuano a percorrere la strada sbagliata, nessun guardrail potrà impedire di uscire di strada e ci saranno sicuramente conflitti e scontri“, ha dichiarato, aggiungendo: “Chi sopporterà le conseguenze catastrofiche? Questa competizione è un azzardo sconsiderato la cui posta in gioco sono gli interessi fondamentali dei due popoli e persino il futuro dell’umanità“.

       

      Una delle narrazioni più esilaranti dell’impero che oggi ci viene chiesto di credere è che gli Stati Uniti stiano accerchiando militarmente il loro rivale numero uno, la Cina, dall’altra parte del pianeta, a scopo difensivo. Gli Stati Uniti sono chiaramente gli aggressori in questa situazione di stallo e la Cina sta reagendo in modo difensivo a queste aggressioni.

      Questi commenti arrivano non molto tempo dopo che il portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese, Mao Ning, ha lanciato un severo avvertimento agli Stati Uniti affinché “smettano di camminare sul filo del rasoio, smettano di usare la tattica delle ‘fettine di salame’, smettano forzare i limiti e smettano di seminare confusione e di cercare di ingannare il mondo su Taiwan“, definendo la questione di Taiwan “la prima linea rossa che non deve essere oltrepassata” nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Come abbiamo detto in precedenza, questi avvertimenti sempre più frequenti sulla “linea rossa” sono molto simili a quelli che venivano lanciati con sempre maggiore urgenza da Mosca prima che la scriteriata politica statunitense provocasse l’invasione dell’Ucraina.

       

      Impegnarsi in una guerra con la Cina per Taiwan

      Giovedì scorso il capo ufficiale del cartello dei servizi segreti statunitensi dichiarazioni davanti alla Commissione Intelligence della Camera che sembrano aver messo il chiodo finale alla questione “dell’ambiguità strategica” di Washington sull’eventualità che gli Stati Uniti entrino in guerra con la Cina in difesa di Taiwan.

      Alla domanda del deputato Chris Stewart sulle affermazioni sempre più esplicite del presidente Biden, secondo cui gli Stati Uniti entrerebbero in guerra con la Cina per Taiwan, il direttore dell’intelligence nazionale Avril Haines ha affermato che, nonostante le ripetute dichiarazioni della Casa Bianca, è chiaro alla Cina che questa è la politica effettiva di Washington sulla questione di Taiwan.

      “In questo caso specifico, penso che sia chiaro ai cinesi quale sia la nostra posizione sulla base dei commenti del Presidente“, ha detto Haines.

       

       

       

      I funzionari statunitensi parlano di guerra con la Cina come se fosse una conclusione scontata

      È stato registrato un netto aumento della retorica dei funzionari statunitensi sul fatto che una guerra con la Cina è qualcosa che inevitabilmente accadrà, o addirittura è già in corso.

      Nel corso di un’audizione della Commissione Intelligence del Senato, mercoledì scorso, il senatore John Cornyn ha espresso il timore che le difficoltà nel ricostituire le scorte di armi derivanti dalla guerra per procura in Ucraina indichino che gli Stati Uniti potrebbero non essere ancora “pronti” a combattere una “guerra a fuoco in Asia”.

      “Penso che la guerra in Ucraina abbia dimostrato la debolezza della nostra base industriale quando si tratta di ricostituire le scorte delle armi che forniamo agli ucraini“, ha detto Cornyn. “Nella Seconda guerra mondiale siamo diventati l’arsenale della democrazia e abbiamo salvato la Gran Bretagna e l’Europa, ma se fossimo coinvolti in una guerra di fuoco in Asia, non saremmo pronti“.

      “So com’è la guerra: siamo in guerra“, ha detto giovedì il deputato Tony Gonzales durante un’audizione sulla sicurezza interna della Camera.

      “Voglio dire, questa è una guerra, forse una guerra fredda. Ma questa è una guerra con la Cina“, ha aggiunto Gonzales, citando cose come gli aerei cinesi che intercettano gli aerei statunitensi al confine con la Cina e la Cina che “invade Taiwan attraverso il suo cyberspazio” come prova che gli Stati Uniti sono “in guerra” con la RPC.

       

       

      Una guerra diretta tra potenze nucleari

      La macchina da guerra statunitense sta rendendo sempre più esplicito che la sua posizione su Taiwan è molto diversa da quella sull’Ucraina, in quanto impegnerà direttamente le truppe americane a combattere una guerra calda con la Cina per Taiwan. Questo è particolarmente preoccupante perché l’accerchiamento militare e le provocazioni degli Stati Uniti relativamente a Taiwan rendono sempre più probabile questa guerra, così come le provocazioni occidentali hanno reso più probabile la guerra in Ucraina.

      “Inviare più armi a Taiwan non è una ‘deterrenza’, è una provocazione“, ha twittato Dave DeCamp di Antiwar, che ha documentato le provocazioni statunitensi a Taiwan in modo più approfondito di chiunque altro io conosca. “È ormai chiaro che l’aumentato sostegno militare degli Stati Uniti a Taiwan renderà più probabile un attacco cinese. Chiunque vi dica il contrario si sbaglia o vi sta ingannando di proposito“.

      In effetti Geoffrey Roberts, professore dello University College di Cork (Irlanda) ha sostenuto che Putin ha scelto di intraprendere una “guerra preventiva” contro l’Ucraina, calcolando che il modo in cui l’Occidente la stava trasformando in una grande potenza militare significava che doveva essere affrontata per tempo prima che diventasse una grande minaccia. La stessa cosa potrebbe facilmente accadere con Taiwan.

      “La Cina è la grande protagonista“, ha twittato di recente DeCamp. “Entrambe le parti parlano come se la guerra fosse inevitabile. Non una guerra per procura, una guerra diretta tra due potenze nucleari. Non può accadere. Gli Stati Uniti devono cambiare rotta e fermare la loro espansione militare nell’Asia Pacifica, o siamo spacciati“.

      Non avrei saputo dirlo meglio. Bisogna opporsi, e opporsi con forza. Ora più che mai, l’umanità sembra essere avviata verso il dispiegamento di una catena di eventi che porta alla cosa peggiore che possa accadere.

       

      Un po’ di sanità mentale dai media tradizionali

       

       

       

      Per concludere con una buona notizia, sembra che i media imperiali non siano completamente allineati con l’agenda della guerra con la Cina (almeno non ancora). Tutto il folle accanimento di cui sopra sembra aver fatto rinsavire alcune voci influenti dei media mainstream, con argomenti sorprendentemente contrari alla guerra emersi negli ultimi giorni.

      In un articolo intitolato “Chi trae vantaggio dal confronto con la Cina?“, nientemeno che il comitato editoriale del New York Times frena con un’argomentazione fortemente statunitense, ma comunque apprezzabile, secondo cui “la posizione sempre più conflittuale dell’America nei confronti della Cina è un cambiamento significativo nella politica estera degli Stati Uniti che merita un maggiore esame e dibattito“.

      “Gli interessi degli americani sono meglio serviti enfatizzando la competizione con la Cina e minimizzando il confronto. Le banali evocazioni della Guerra Fredda sono fuorvianti“, sostiene il NYT.

      In un articolo del Washington Post intitolato “Democratici e Repubblicani sono d’accordo sulla Cina. Questo è un problema“, Max Boot (sì, quel Max Boot!) sostiene che il consenso bipartisan in politica estera sulle escalation contro Pechino è un segno che si sta preparando qualcosa di pericolosamente sconsiderato.

      “Il problema oggi non è che gli americani non sono sufficientemente preoccupati per l’ascesa della Cina. Il problema è che sono preda di isterismi e allarmismi che potrebbero portare gli Stati Uniti a una guerra nucleare inutile“, scrive Boot.

       

      Fareed Zakaria della CNN fa eco alle critiche di Boot sull’ortodossia della politica estera di Washington, affermando che “Washington ha abbracciato un ampio consenso sulla Cina che si è trasformato in un classico esempio di ‘pensiero di gruppo’ (groupthink)“.

      Un nuovo articolo del Financial Times intitolato “La Cina ha ragione sul contenimento degli Stati Uniti” riconosce che i già citati commenti di Xi Jinping sull’accerchiamento e la soppressione “tecnicamente non sono sbagliati” e afferma che scommettere sulla sottomissione della Cina nella nuova guerra fredda “non è una strategia“.

      In un articolo del Daily Beast intitolato “Le errate valutazioni della comunità della sicurezza nazionale statunitense sulla Cina“, David Rothkopf sostiene che “Abbiamo superato il bivio e siamo già, purtroppo, pericolosamente, sulla strada sbagliata” nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina.

      Resta da vedere se questi sentimenti saranno sostenuti dai media tradizionali. Anche se lo fossero, potrebbero essere solo la controparte mediatica liberale del modo in cui alcuni media di destra, come Tucker Carlson, possono obiettare alla politica estera degli Stati Uniti nei confronti della Russia fintanto che continuano a sostenere l’intrallazzo con la Cina (tutti gli organi di informazione che ho appena citato sono stati entusiasti sostenitori della guerra per procura degli Stati Uniti in Ucraina, dopo tutto). Questo potrebbe essere un altro esempio del modo in cui l’impero fa sì che il gregge mainstream discuta su come i programmi imperiali di dominio globale debbano essere attuati, piuttosto che se debbano esserlo.

      Il tempo ci dirà se dal fango dell’impero emergerà un po’ di sanità mentale riguardo alla possibilità di scatenare la più orribile guerra che si possa immaginare. Come sempre in queste cose, rimango cautamente pessimista.

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