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      • Un fulmine a ciel sereno

      Un fulmine a ciel sereno

      Ieri il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha d’improvviso dato le dimissioni: “La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più. È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo” [1], ha annunciato al Consiglio dei Ministri riferendosi alla scelta dei senatori del M5S di non votare la fiducia sul Decreto Legge Aiuti ieri a Palazzo Madama.

      In Senato si è consumato un tradimento imperdonabile, che ha fatto cadere tutte le certezze necessarie per proseguire nel programma di riforme utili per affrontare questo difficile momento storico. Draghi ha perso, il Parlamento non lo segue più e per lui non c’è altra strada da prendere che quella dimissioni. Per colpa di “irresponsabili” non c’è più la maggioranza per governare.

      No aspetta un attimo…ma non è esattamente così! Draghi ha tutti i numeri per poter andare avanti. E allora di che stiamo parlando? Dell’ennesimo spettacolo messo in piedi a regola d’arte per gli italiani broccoloni; ecco di cosa stiamo parlando. davvero pensate che l’avvocato del popolo italiano, come amava definirsi, ha fatto tutto ciò per noi?

      Analizziamo i numeri

      Fino a ieri il governo Draghi era sostenuto alla Camera da 559 deputati su 629 (non 630 poichè è morto un deputato di Forza Italia e non è mai stato rimpiazzato) e al Senato da 274 senatori su 321. Praticamente era il padrone indiscusso del Parlamento, e quella flebile (e in molti casi fasulla) opposizione non ha mai avuto modo di incidere. D’altronde lo aveva fatto capire prima del suo insediamento: o così o niente. Non è mica un politicante che deve stare lì a contrattare con i vari partiti. Lo abbiamo (lo hanno) chiamato per fare un lavoro e voleva farlo senza avere problemi.

      E infatti fin ora così è stato, con qualsiasi sua volontà che è diventata legge, il tutto giustificato dalla terribile crisi in cui si trovava il nostro Paese quando è diventato Premier (emergenza pandemica), e nella quale – guarda caso – continuiamo a trovarci (emergenza guerra) e dalla quale solo lui ci può salvare. “Quello che facciamo lo facciamo per gli italiani” – è la frase che si sente dire continuamente dai vari partiti – “mettiamo da parte le nostre divergenze e lavoriamo per superare l’emergenza”…si ma quale delle tante?

      Il M5S, il “Partito di Conte” come ha definito chiaramente Di Maio [2] – che nel frattempo si è fatto un suo partito con un’operazione di palazzo – per salvare la faccia e non scomparire alla prossima tornata elettorale ha però deciso di dire basta, e di non appoggiare più il “governo dei Migliori” a scatola chiusa.

      Come dicevamo quindi, ieri, giovedì 14 luglio, i senatori del M5S hanno deciso di non presenziare in aula al momento del voto sul Decreto Legge Aiuti (già approvato alla Camera), sul quale era stata posta da Draghi la fiducia, tenendo fede a quanto in precedenza aveva annunciato Conte [3]. Risultato? Il Decreto Legge è passato lo stesso con 172 voti favorevoli (su 212 presenti) dei 321 seggi totali.

      Matematicamente parlando, hanno votato a favore del provvedimento il 53,58% dei senatori totali (81,13% di quelli presenti). Insomma una maggioranza risicata ma sicuramente una maggioranza.

      Rimanendo a Palazzo Madama però la lettura della situazione è diversa, e per Draghi addirittura migliore rispetto alle percentuali appena esposte. Come dicevamo, il governo fino a ieri godeva dell’appoggio di 274 senatori su 321. Se il M5S dovesse davvero passare all’opposizione, Draghi si ritroverebbe con 61 senatori in meno, quindi 213 su 321. In percentuale? Marione nazionale godrebbe comunque della fiducia del 66,35% del Senato. Non certamente una percentuale risicata che lo costringerebbe a scendere a patti con le forze avversarie.

      Passiamo ora alla situazione alla Camera, dove anche lì il nostro Presidente del Consiglio dovrebbe dormire sogni tranquilli. Prima di questa “storiaccia”, Draghi aveva una maggioranza immensa, con 559 deputati su 629 pronti a votare si a tutto. Con la fuoriuscita dei 5 Stelle, il numero dei deputati che sosterebbe il governo passerebbe a 455 su 629. Draghi si dovrebbe quindi accontentare di avere il 72,33% della Camera ai suoi ordini invece dell’88,87%…poveretto.

      Cosa potrebbe succedere adesso

      Stiamo assistendo a quella che in gergo viene definita una crisi di governo extraparlamentare, che avviene quando il Presidente del Consiglio rassegna le dimissioni senza aver ricevuto il voto di sfiducia da parte del Parlamento. Dimissioni che, come sappiamo, sono state respinte dal Presidente della Repubblica ieri nel tardo pomeriggio.

      Più in generale, però, siamo semplicemente di fronte al capriccio di un uomo che fin ora ha sempre trovato la strada spianata davanti a se durante questi mesi di governo e adesso, alla prima delegittimazione, ha deciso di andare a piangere dal papino Mattarella, che lo ha rassicurato dicendogli di andarsi a prendere il Parlamento mercoledì prossimo, poichè, come abbiamo visto, numeri alla mano lo può fare.

      Nel frattempo i vari leader dei partiti “responsabili” si sono sbizzarriti, accusando Conte e i 5 Stelle di aver tradito la fiducia non solo del governo ma anche quella degli italiani, che adesso rischiano un traghettatore che non potrà prendere le dovute misure per proteggerci dalla crisi energetica e dei prezzi che ci sta travolgendo.

      Per tutto il mondo della sinistra non c’è altro Premier di Draghi e la cosa migliore sarebbe un Draghi Bis. Stesso discorso anche per Forza Italia che, a differenza di Salvini e Meloni, non auspica di andare al voto. Di Maio che ve lo dico a fare, ovviamente sta con Draghi e non ci aspettavamo altro. Sul M5S vari dubbi aleggiano. Non aver votato il Decreto Legge non vuol dire necessariamente voltare le spalle al governo di unità nazionale, anche se attualmente avanza anche l’ipotesi del ritiro dei Ministri prima di mercoledì (giorno in cui Draghi si presenterà alle Camere).

      Venendo a noi italiani, popolo di lavoratori (precari) poco avvezzi all’analisi politica che vada oltre le chiacchiere da bar, ho visto ieri tantissime persone festeggiare per le dimissioni di Draghi. Mi chiedo in cosa queste persone abbiano sperato, quale barlume si sia acceso in loro. Certo sentire che il dragone si voleva dimette fa effetto è vero, ma nella condizione attuale, con questi parlamentari, oltre un rimpasto “all’italiana” non c’è molto altro che potrebbe accadere e che accadrà.

      La strada per la liberazione è ancora molto lunga e ardua, e passa attraverso degli step ben precisi, primo tra tutti quello di ricostruire un popolo, elevandolo dall’ignoranza in cui ha sguazzato in questi ultimi decenni. Solo in quel momento scelte consapevoli porteranno a rappresentanti (del popolo e non degli interessi finanziari) validi. Per il momento che ci sia Draghi, Conte, Meloni o – addirittura – Amato [4] al governo poco cambia.

      Ovviamente attendiamo con ansia gli sviluppi di questi giorni e soprattutto mercoledì per vedere cosa succederà.

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