Stéphane lavora svogliata in una fabbrica di conserve alimentari. Ogni sera rincasa in una camera subaffittata e nel tempo libero fa visita alla sua compagna in prigione. La vita non le ha fatto sconti ma è sempre disposta a sfidarla. Una sera decide di contattare il padre che non ha mai conosciuto. Dall’altra parte del filo, l’uomo accetta di incontrarla. Serge è un ricco imprenditore della Costa Azzurra e Stéphane vuole la sua parte, con buona pace della figlia legittima e dell’eccentrica consorte. Ma quel padre carismatico e generoso tradisce presto un lato oscuro. Stéphane non è da meno e forse non è nemmeno chi dice di essere.
Dopo Irréprochable, thriller provinciale su una cattiva ragazza, e L’ultima ora, thriller ‘scolare’ su un professore destabilizzato dai suoi studenti, Sébastien Marnier resta fedele al genere, senza rinchiudersi nelle sue forme, e firma un thriller familiare sulla fine del patriarcato.
Sullo schermo convoca Claude Chabrol e Billy Wilder, quello di Viale del tramonto. E in quella atmosfera mortifera di argenti e decadenza, un gineceo degenerato avanza nel suo piano criminale: uccidere il maschio alfa. A colpi di usurpazione e scambi di identità, L’origine del male costruisce il suo racconto sulla figura del ‘parassita perturbatore’. Un corpo estraneo che insinua l’opera di Marnier e un ambiente chiuso dal di dentro.
Se ieri era un supplente chiamato a rimpiazzare un collega in una classe di allievi insostenibili, oggi è una mistificatrice della classe operaia a infiltrare la borghesia imprenditoriale e a fare saltare i suoi equilibri. Perché L’origine del male tesse una riflessione più insinuante, e più solidamente incarnata, sulla società e sul prezzo delle ingiustizie istituite.
Il furto di identità è il grande affaire del film, un film à suspense che soffre di una certa ridondanza ma che può contare su un gruppo di attori saldi e formidabilmente opachi. Come la Costance di Marina Foïs (Irréprochable), la protagonista di Laure Calamy regredisce avanzando fino a farsi immobile nel finale che la inchioda alle sue bugie. La radiosa attrice di Chiami il mio agente! mette in sordina il capitale simpatia ma mantiene la sua dimensione comica in questa performance tragica. Assunta la sua ordinaria energia come una seconda pelle, il risultato è un personaggio scaltro e sempre in agguato negli angoli, dove attende con (im)pazienza di balzare sulla preda.
Per la sua eroina, che inventa un’altra vita per impressionare il mondo, Marnier trasloca ancora una volta lontano dal centro (abitato). Il racconto approda su una ‘riviera azzurra’ dove tutto si tinge di noir, dove Stéphane si sistema, mente, fugge, ritorna e si incrina rivelando il mostro, un mostro di imperturbabilità malata e senza limiti.