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      • Ecco perché la Cina sta lasciando in mutande gli USA

      Ecco perché la Cina sta lasciando in mutande gli USA

      I dati dei sondaggi mostrano chiaramente che gli americani preferiscono il capitalismo al socialismo. In effetti, non c’è nemmeno una differenza. Un sondaggio Gallup del 2021 aveva rilevato che il 60% degli americani vede positivamente il capitalismo, mentre solo il 38% pensa lo stesso del socialismo. Un sondaggio Rasmussen/Heartland del 2025 ha riportato una disparità ancora maggiore, con un impressionante 71% che ha dichiarato di preferire l’economia di libero mercato al socialismo, che ha raccolto un misero 12% di consensi. La chiara implicazione di questi sondaggi è che gli americani sono in maggioranza favorevoli al capitalismo rispetto a un sistema di governo in cui lo Stato esercita un maggiore controllo sulle industrie chiave e sulla distribuzione della ricchezza.

      Tuttavia, c’è motivo di credere che questi sondaggi non forniscano un’immagine accurata di come la gente si senta realmente. Se, ad esempio, controlliamo i risultati di altri sondaggi, scopriamo che gli atteggiamenti verso i due sistemi sono più ambivalenti di quanto si possa pensare. Quello che i sondaggisti americani hanno scoperto è che, indipendentemente dal partito al potere, la stragrande maggioranza delle persone non si sente rappresentata e non pensa che le questioni “che le stanno a cuore” vengano affrontate. Nel 2025, ad esempio, la maggioranza degli americani ritiene che il Paese stia andando nella direzione sbagliata:

      Un sondaggio Reuters/Ipsos (25 aprile 2025) ha rilevato che meno di un americano su tre crede che il Paese stia andando nella giusta direzione, con una maggioranza che esprime preoccupazione per l’economia, le tariffe e l’estremismo politico.

      Il sondaggio quotidiano di Morning Consult (12 maggio 2025) ha rilevato che il 56% degli adulti statunitensi ritiene che il Paese sia sulla strada sbagliata….

      Un sondaggio Ipsos del dicembre 2024 ha mostrato che il 69% degli Indipendenti, il 59% dei Repubblicani e il 78% dei Democratici ritengono che il Paese sia sulla strada sbagliata.

      I risultati erano stati altrettanto negativi sotto il presidente Joe Biden, come ci si poteva aspettare. Ciò suggerisce che i propri pregiudizi “filosofici” (se si preferisce il capitalismo al socialismo) contano meno della percezione che il governo stia o no attuando le politiche che servono gli interessi del popolo. Quando si parla di governo, le persone tendono a essere più pragmatiche che ideologiche. In breve, l’efficacia ha la meglio sul dogma.

      Secondo questo criterio, il governo “comunista” cinese è tra i più popolari al mondo. I sondaggi di opinione mostrano costantemente livelli straordinariamente alti di sostegno al governo centrale. Questo può sorprendere molti americani che pensano di vivere nel “Paese più libero del mondo”, ma è comunque vero. I cinesi sostengono in larga misura il loro governo, non lo considerano autoritario e ritengono che stia facendo un ottimo lavoro nell’aumentare la prosperità e migliorare gli standard di vita.

      Studio del Centro Ash di Harvard (2003-2016): questo sondaggio a lungo termine, uno dei più completi condotti da un’istituzione occidentale, ha rilevato che, nel 2016 ,il 95,5% degli intervistati cinesi era “relativamente soddisfatto” o “molto soddisfatto” del governo centrale di Pechino…. I fattori includevano il progresso economico, il sentimento nazionalista e la copertura positiva dei media statali…

      Tendenze generali (2020-2025): studi come quelli del China Data Lab (2023) e del China Leadership Monitor (2025) confermano un elevato sostegno al regime, spesso superiore all’80-90%, sulla base di domande sulla fiducia nel PCC, sull’orgoglio per il sistema politico e sulla soddisfazione per i risultati economici. Il sostegno è legato alla crescita economica (ad esempio, la riduzione della povertà di 800 milioni di persone dal 1978) e alla stabilità.

      I post su X,… citano Harvard e altri sondaggi occidentali che affermano che circa il 90% dei cinesi sostiene il PCC e considera il proprio sistema democratico ed efficace. Questi dati sono in linea con i risultati accademici, ma riflettono narrative favorevoli al governo.

      Questi numeri sono letteralmente “fuori scala”. Dimostrano che la gente in Cina “sostiene e si fida” del proprio governo e pensa che stia facendo un ottimo lavoro per ridurre la povertà, aumentare gli standard di vita e guidare il Paese verso un futuro di pace e prosperità.

       

      Data la disparità tra i risultati dei sondaggi negli Stati Uniti e in Cina, ci chiediamo se la preferenza degli americani per il capitalismo rispetto al socialismo rifletta una chiara comprensione del reale funzionamento di ciascun sistema o se le loro opinioni siano state in gran parte plasmate dalla propaganda.

      In conclusione: la gente non si preoccupa tanto dell’ideologia quanto del lavoro, dell’assistenza sanitaria, della stabilità dei prezzi, di una buona istruzione e di qualche ragionevole soluzione governativa che si prenda cura delle persone troppo anziane, malate o con problemi mentali e quindi incapaci di provvedere a se stesse. Vogliono un governo che crei un ambiente in cui possano vivere dignitosamente e crescere i propri figli in sicurezza. Non si tratta di richieste stravaganti, ma non sembrano essere una priorità per la classe politica di Washington.

      Ci sono molte ragioni per cui la Cina sta facendo meglio degli Stati Uniti in questo senso (interessi speciali, corruzione, ecc.), ma certamente gli incentivi giocano un ruolo significativo. Negli Stati Uniti, i milionari possono diventare miliardari da un giorno all’altro senza aggiungere alcun valore alla società. È solo una questione di abilità nel commerciare beni cartacei a Wall Street. In America, il sistema di mercato è così degradato che le aziende sono autorizzate a riacquistare centinaia di miliardi di dollari delle proprie azioni e farle salire di prezzo, cosa che consente loro di ottenere ingenti profitti semplicemente rimescolando le carte. Queste operazioni di riacquisto di azioni sono del tutto legali, anche se il capitale viene impiegato in modo tale da non incrementare la produttività, la ricerca e lo sviluppo, la formazione dei lavoratori, l’innovazione o altro. Si tratta semplicemente di un modo per manipolare il sistema al fine di arricchire gli speculatori professionisti. Negli Stati Uniti la ricchezza è generata dall’ingegneria finanziaria, non dalla produttività, dall’efficienza o dall’innovazione. Come abbiamo detto prima, gli incentivi sono tutti sbagliati.

       

      Se il sistema occidentale indirizzasse effettivamente il capitale verso investimenti produttivi, allora non ci si aspetterebbe che il Paese con i mercati più grandi e liquidi del mondo abbia anche una povertà crescente, una classe media in calo, un aumento dei senzatetto, una diminuzione del tenore di vita e alcune delle infrastrutture più fatiscenti e obsolete del mondo sviluppato. Negli Stati Uniti, infatti, il capitale non viene impiegato per investimenti produttivi, ma viene riciclato in un sistema finanziario che genera ricchezza per dei voraci miliardari, che poi usano questo denaro per comprare yacht, ville di lusso e sfarzosi gingilli da Tiffaney. Date un’occhiata:

      Totale riacquisti di azioni nel 2024:

      Secondo S&P Dow Jones Indices, nel 2024 le società dello S&P 500 spenderanno la cifra record di 942,5 miliardi di dollari in riacquisti azionari. Questa cifra rappresenta un aumento del 18,5% rispetto ai 795,2 miliardi di dollari spesi nel 2023.
      Nell’ultimo decennio, dal 2015 al 2024, la somma è salita a 7,33 trilioni di dollari.

      7,33 trilioni di dollari!

      Ancora peggio, una parte consistente del denaro (destinato ai riacquisti di azioni) proviene da fondi pensionistici pubblici “massicciamente sottofinanziati” da cui i lavoratori in pensione dipendono per la loro sopravvivenza. Secondo Brian Reynolds, Chief Market Strategist di New Albion Partners, “i fondi pensione devono guadagnare il 7,5%”, quindi stanno mettendo i loro soldi “in questi fondi di credito a leva che imitano il Long-Term Capital Management degli anni ’90”. Questi fondi, a loro volta, “acquistano enormi quantità di obbligazioni societarie da aziende che immettono liquidità nei bilanci delle società… e la usano per far salire il prezzo delle loro azioni, attraverso riacquisti o fusioni e acquisizioni… È solo uno schema concatenato di ingegneria finanziaria e probabilmente si intensificherà nei prossimi anni”. (“How a Public Pension Crisis Is Driving an Epic Credit Boom“, Financial Sense)

      Ecco altre notizie:

      Riacquisti di azioni: le società dello S&P 500 hanno speso la cifra record di 942,5 miliardi di dollari in riacquisti nel 2024. (circa 1.000 miliardi di dollari in un anno).

      Dividendi: i dividendi dello S&P 500 raggiungeranno 629,6 miliardi di dollari nel 2024, con un aumento del 7% rispetto al 2023.

      Rendimento totale degli azionisti: nel 2024, riacquisti e dividendi hanno totalizzato complessivamente 1,572 trilioni di dollari.

      Per contestualizzare, uno studio 2019-2022 su 280 grandi aziende statunitensi aveva riportato 4,4 trilioni di dollari di profitti, con 4,4 trilioni di dollari spesi in riacquisti e dividendi, suggerendo un rapporto di payout vicino al 100% per alcune aziende… (Pensateci un attimo: quindi, tra il 2019 e il 2022, ogni centesimo di profitto era stato dirottato verso l’arricchimento personale. Potete spiegarmi come questo abbracci l’ideale capitalista di impiegare le risorse in attività produttive? C’è da meravigliarsi se la Cina ha lasciato gli Stati Uniti nella polvere?)

      Questo spiega perché gli investimenti delle imprese (Capex) sono ai minimi storici, perché la maggior parte degli utili viene riciclata in riacquisti che, a loro volta, vengono utilizzati per gonfiare ulteriormente la bolla degli asset di Wall Street. È un grande circolo vizioso che può essere ricondotto al denaro a buon mercato (tassi artificialmente bassi), al credito facilmente disponibile e all’ingegneria finanziaria. Le aziende non cercano più modi per far crescere le loro attività, espandere le operazioni, assumere più dipendenti, migliorare la produttività o innovare. Cercano invece un modo per caricare il debito, far salire il prezzo delle azioni e andarsene con un bel gruzzolo.

       

      È tutta una questione di incentivi, e la Fed ha creato incentivi che incoraggiano la leva del debito, la manipolazione delle azioni e la frode, mentre altri governi incentivano la crescita e la produttività.

      Il “motivo del profitto” dovrebbe essere l’energia che alimenta il sistema capitalistico e che porta all’innovazione, all’efficienza e alla produttività. Ma, come si può vedere, i riacquisti di azioni minano questi risultati dirottando il denaro verso l’arricchimento personale e i capricci dell’élite, il che porta a chiedersi se l’attuale sistema sia davvero capitalista.

      Dobbiamo anche notare che, nel 2024, 235 miliardi di dollari (il 25% dei 942 miliardi di dollari totali) di riacquisti di azioni dello S&P 500 erano stati acquisti a credito, il che indica una gigantesca bolla patrimoniale che causerà gravi danni all’economia in generale quando i mercati subiranno un brusco calo.

      Al contrario, (rispetto al modello statunitense) il governo cinese dà priorità alla produttività e alla crescita rispetto all’ingegneria finanziaria, alla spoliazione degli asset o al profitto. Il governo cinese considera il sistema finanziario come un mezzo per raggiungere un fine: la creazione di una società prospera e armoniosa in cui “tutte le barche si sollevano”.

       

      Oltre alla politica di industrializzazione decennale che ha trasformato la Cina nella più grande superpotenza manifatturiera del mondo, nel 2013 la Cina ha lanciato un altro progetto massiccio, chiamato Belt and Road Initiative (BRI), il più grande e ambizioso progetto infrastrutturale della storia per scala, portata e impatto globale. Dal 2013 al 2024, la Cina ha investito oltre 1.000 miliardi di dollari in progetti BRI, con 121,7 miliardi di dollari stanziati solo nel 2024.

      La BRI interessa oltre 150 Paesi in Asia, Africa, Europa e America Latina, coprendo il 60-75% della popolazione mondiale e oltre il 30% del PIL globale. Comprende strade, ferrovie, porti, oleodotti e infrastrutture digitali. Oltre 3.000 progetti sono stati completati o sono in corso, tra cui il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) da 68 miliardi di dollari, la ferrovia ad alta velocità Jakarta-Bandung da 13,6 miliardi di dollari e numerosi sviluppi ferroviari e portuali in Africa.

      Nessun progetto infrastrutturale nella storia si avvicina all’investimento di 1.000 miliardi di dollari o al fatto che nella BRI siano coinvolti ben 150 Paesi. Viene spesso paragonato a un “Piano Marshall del XXI secolo”, ma con un impatto geopolitico più ampio. La BRI non solo collega località remote ai mercati di tutto il mondo, ma aumenta anche la velocità con cui prodotti e merci possono essere consegnati agli acquirenti all’ingrosso e al dettaglio. Il progetto visionario prevede un mondo in cui le economie sono integrate più profondamente e la prosperità si diffonde in tutto il pianeta. La Banca Mondiale stima che l’iniziativa aumenterà significativamente il PIL globale, riducendo al contempo la povertà nelle aree interessate dal miglioramento delle infrastrutture e dall’aumento del commercio. Nessun altro progetto può competere con la sua portata e la sua visione.

      La differenza tra il modello di capitalismo iperfinanziarizzato americano e quello a guida statale cinese non potrebbe essere più netta. Si tenga presente che, nel 2024, la Belt and Road Initiative ha investito la misera cifra di 121,7 miliardi di dollari in progetti in oltre 150 Paesi, mentre le aziende statunitensi hanno investito quasi 1.000 miliardi di dollari in riacquisti di azioni che non hanno aggiunto nulla alla produttività complessiva. Anche con questo misero impegno di risorse, alla Cina viene attribuita la costruzione del progetto infrastrutturale più trasformativo della storia.

       

      La Cina non reinveste tutti i profitti delle sue imprese statali (SOE) nella produzione. In settori come “l’energia, le telecomunicazioni e le infrastrutture, ad esempio, i profitti sono spesso reinvestiti per espandere la capacità o sviluppare nuove tecnologie”. Mentre “le società idroelettriche di proprietà dello Stato” possono “utilizzare i profitti per finanziare progetti di dighe”. Sorprendentemente, una parte dei profitti (delle industrie statali) viene distribuita sotto forma di dividendi e, sì, anche di “riacquisti di azioni proprie”. Ma queste distribuzioni impallidiscono rispetto a quelle degli Stati Uniti, che equivalgono a quasi il 100% degli utili annuali. In breve, c’è molto più denaro disponibile per sostenere “obiettivi statali più ampi, come le infrastrutture e i programmi di assistenza sociale”.

      E la quantità di denaro di cui stiamo parlando è semplicemente sbalorditiva. Si consideri questo dato:

      Le imprese statali cinesi rappresentano il 30-40% del PIL cinese e controllano circa il 68% del capitale aziendale totale. (Nel 2021, le imprese statali centrali avevano registrato profitti netti per 283,56 miliardi di dollari (di cui 100 miliardi di dollari destinati alla Belt and Road Initiative).

      Nel 2023, le aziende di Stato cinesi avevano generato 650 miliardi di dollari di profitti, la maggior parte dei quali destinata alla produzione, all’innovazione, all’efficienza delle infrastrutture critiche e ai programmi sociali.

      C’è ancora da chiedersi perché il popolo cinese sia così “soddisfatto” del proprio governo?

      Non è una questione di capitalismo contro comunismo. È una questione di buono contro pessimo governo. Praticamente tutti i profitti estratti dal nostro sistema di “libero mercato” vanno nelle tasche delle persone che hanno meno bisogno di soldi e che non contribuiscono in alcun modo al “bene comune”. Al contrario, il governo cinese sta investendo quasi ogni centesimo in miglioramenti che vanno a beneficio di tutti e che hanno trasformato il Paese in un fulgido esempio di modernità del XXI secolo.

      È sorprendente che i nostri leader a Washington pensino ancora che gli Stati Uniti possano “competere” e persino superare la Cina se solo ci mettiamo d’impegno e ne facciamo una priorità nazionale. Chiunque sia in grado di “fare i conti” può vedere che questo non accadrà. È semplicemente una questione di quale Paese dispone di un modello di sviluppo superiore e, da questo punto di vista, la Cina ci batte a mani basse.

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