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      • LA MORTE DI ISRAELE

      LA MORTE DI ISRAELE

      Dopo aver terminato la sua campagna genocida a Gaza e in Cisgiordania Israele apparirà trionfante. Sostenuto dagli Stati Uniti, avrà raggiunto il suo obiettivo demenziale. Le sue furie omicide e la violenza genocida avranno sterminato o ripulito etnicamente i palestinesi. Il suo sogno di uno Stato esclusivamente per gli ebrei, con tutti i palestinesi rimasti privati dei diritti fondamentali, sarà realizzato. Si rallegrerà per la sua vittoria intrisa di sangue. Celebrerà i suoi criminali di guerra. Il suo genocidio sarà cancellato dalla coscienza pubblica e gettato nell’enorme buco nero dell’amnesia storica di Israele. Chi in Israele ha una coscienza sarà messo a tacere e perseguitato.

      Ma nel momento in cui Israele riuscirà a decimare Gaza – Israele parla di mesi di guerra – avrà firmato la propria condanna a morte. La sua facciata di civiltà, il suo presunto vantato rispetto per lo stato di diritto e la democrazia, la storia “mitologica” del coraggioso esercito israeliano e della miracolosa nascita della nazione ebraica, saranno ridotti in cenere. Il capitale sociale di Israele sarà esaurito. Si rivelerà come un brutto regime di apartheid, repressivo e pieno di odio, alienando le giovani generazioni di ebrei americani. Il suo patrono, gli Stati Uniti, con l’arrivo di nuove generazioni al potere, prenderà le distanze da Israele come sta facendo con l’Ucraina. Il suo sostegno popolare, già eroso negli Stati Uniti, verrà dai fascisti cristianizzati d’America che vedono nel dominio di Israele su un’antica terra biblica un presagio del Secondo Avventi e nella sottomissione degli arabi un razzismo affine ad una supremazia bianca.

      Il sangue e la sofferenza dei palestinesi – a Gaza è stato ucciso un numero di bambini 10 volte superiore a quello di due anni di guerra in Ucraina (evidenziato dal Traduttore)- apriranno la strada all’oblio di Israele. Le decine, forse centinaia di migliaia di fantasmi avranno la loro vendetta. Israele diventerà sinonimo, con le sue vittime, come lo sono i turchi per gli armeni, i tedeschi per i namibiani e poi gli ebrei, i serbi per i bosniaci. La vita culturale, artistica, giornalistica e intellettuale di Israele sarà eliminata. Israele sarà una nazione stagnante dove i fanatici religiosi, i bigotti e gli estremisti ebrei che hanno preso il potere domineranno il discorso pubblico. Troverà i suoi alleati in altri regimi dispotici. La ripugnante supremazia razziale e religiosa di Israele sarà il suo attributo distintivo, ed è per questo che i suprematisti bianchi più retrogradi negli Stati Uniti e in Europa, tra cui filosemiti come John Hagee, Paul Gosar e Marjorie Taylor Greene, sostengono con fervore Israele. La millantata lotta all’antisemitismo è una celebrazione sottilmente mascherata del potere bianco.

      I dispotismi possono esistere a lungo dopo la loro scadenza. Ma sono terminali. Non è necessario essere uno studioso della Bibbia per capire che la sete di fiumi sangue di Israele è antitetica ai valori fondamentali dell’ebraismo. La cinica strumentalizzazione dell’Olocausto, compreso il bollare i palestinesi come nazisti, ha poca efficacia quando si compie un genocidio in diretta streaming contro 2,3 milioni di persone intrappolate in un campo di concentramento.

      Le nazioni hanno bisogno di qualcosa di più della forza per sopravvivere. Hanno bisogno di una mistica. Questa mistica fornisce uno scopo, una civiltà e persino una nobiltà che ispira i cittadini a sacrificarsi per la nazione. La mistica offre speranza per il futuro. Fornisce un significato. Fornisce identità nazionale.

      Quando la mistica implode, quando viene smascherata come menzogna, crolla un fondamento centrale del potere statale. Ho raccontato la morte delle mistiche comuniste nel 1989, durante le rivoluzioni in Germania Est, Cecoslovacchia e Romania. La polizia e i militari decisero che non c’era più nulla da difendere. La decadenza di Israele genererà la stessa fiacchezza e apatia. Non sarà in grado di reclutare collaboratori indigeni, come Mahmoud Abbas e l’Autorità Palestinese – vituperata dalla maggior parte dei palestinesi – per eseguire gli ordini dei colonizzatori. Lo storico Ronald Robinson cita l’incapacità di reclutare alleati indigeni da parte dell’Impero britannico come il punto in cui la collaborazione si è invertita in non cooperazione, un momento determinante per l’inizio della decolonizzazione. Una volta che la non collaborazione delle élite indigene si trasforma in opposizione attiva, spiega Robinson, la “rapida ritirata” dell’Impero è assicurata.

      A Israele non resta che un’escalation di violenza, compresa la tortura, che accelera il declino. Questa violenza su larga scala funziona nel breve periodo, come nella guerra condotta dai francesi in Algeria, nella Guerra Sporca della dittatura militare argentina e durante il conflitto britannico in Irlanda del Nord. Ma a lungo termine è un suicidio.

      “Si potrebbe dire che la battaglia di Algeri è stata vinta grazie all’uso della tortura”, osservava lo storico britannico Alistair Horne, “ma che la guerra, la guerra d’Algeria, è stata persa“.

      Il genocidio a Gaza ha trasformato i combattenti di Hamas in eroi nel mondo musulmano e nel Sud globale. Israele può spazzare via la leadership di Hamas. Ma l’assassinio passato – e presente – di decine di leader palestinesi ha fatto ben poco per smorzare la resistenza. L’assedio e il genocidio a Gaza hanno prodotto una nuova generazione di giovani uomini e donne profondamente traumatizzati e infuriati, le cui famiglie sono state uccise e le cui comunità sono state cancellate. Sono pronti a prendere il posto dei leader martirizzati. Israele ha mandato le azioni del suo avversario nell’empireo.

      Israele era in guerra con se stesso già prima del 7 ottobre. Gli israeliani stavano protestando per impedire l’abolizione dell’indipendenza giudiziaria da parte del Primo Ministro Benjamin Netanyahu. I bigotti e i fanatici religiosi, attualmente al potere, avevano sferrato un attacco deciso al secolarismo israeliano. L’unità di Israele dopo gli attacchi è precaria, è un’unità negativa, è tenuta insieme dall’odio. E nemmeno questo odio è sufficiente a impedire ai manifestanti di denunciare l’abbandono degli ostaggi israeliani a Gaza da parte del governo.

      L’odio è un bene politico pericoloso. Una volta finito un nemico, coloro che alimentano l’odio vanno alla ricerca di un altro. Gli “animali umani” palestinesi, una volta sradicati o sottomessi, saranno sostituiti da ebrei apostati e traditori. Il gruppo demonizzato non potrà mai essere redento o curato. Una politica dell’odio crea un’instabilità permanente che viene sfruttata da chi cerca di distruggere la società civile.

      Israele era ben avanti su questa strada il 7 ottobre, quando ha promulgato una serie di leggi discriminatorie nei confronti dei non ebrei che ricordano le leggi razziste di Norimberga, che esclusero gli ebrei dalla [vita civile della] Germania nazista. La legge sull’accettazione delle comunità consente agli insediamenti esclusivamente ebraici di escludere i richiedenti la residenza sulla base “dell’adeguatezza alle prospettive fondamentali della comunità”.

      Molti dei giovani più istruiti di Israele hanno lasciato il Paese per trasferirsi in luoghi come il Canada, l’Australia e il Regno Unito, mentre un milione di persone si è trasferito negli Stati Uniti. Anche la Germania ha visto un afflusso di circa 20.000 israeliani nei primi due decenni di questo secolo. Dal 7 ottobre circa 470.000 israeliani hanno lasciato il Paese. All’interno di Israele, gli attivisti per i diritti umani, gli intellettuali e i giornalisti – israeliani e palestinesi – sono attaccati come traditori in campagne diffamatorie sponsorizzate dal governo, posti sotto sorveglianza statale e sottoposti ad arresti arbitrari. Il sistema educativo israeliano è una macchina per l’indottrinamento dei militari.

      Lo studioso israeliano Yeshayahu Leibowitz ha avvertito che se Israele non separasse la Chiesa dallo Stato e non ponesse fine all’occupazione dei palestinesi, darebbe origine a un rabbinato corrotto che trasformerebbe l’ebraismo in un culto fascista. “Israele“, ha detto, “non meriterebbe di esistere e non varrebbe la pena di preservarlo“.

      La mistica globale degli Stati Uniti, dopo due decenni di guerre disastrose in Medio Oriente e l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio, è contaminata quanto il suo alleato israeliano. L’amministrazione Biden, nel suo fervore di sostenere incondizionatamente Israele e di placare la potente lobby israeliana, ha aggirato il processo di revisione del Congresso con il Dipartimento di Stato per approvare il trasferimento di 14.000 munizioni per carri armati a Israele.

      Il Segretario di Stato Antony Blinken ha sostenuto che “esiste un’emergenza che richiede la vendita immediata“. Allo stesso tempo ha cinicamente invitato Israele a ridurre al minimo le vittime civili.

      Israele non ha alcuna intenzione di ridurre al minimo le vittime civili. Ha già ucciso 18.800 palestinesi, lo 0,82% della popolazione di Gaza – l’equivalente di circa 2,7 milioni di americani. Altri 51.000 sono stati feriti. Secondo le Nazioni Unite metà della popolazione di Gaza sta morendo di fame. Tutte le istituzioni e i servizi palestinesi che sostengono la vita – ospedali (solo 11 dei 36 ospedali di Gaza sono ancora “parzialmente funzionanti“), impianti di trattamento delle acque, reti elettriche, sistemi fognari, abitazioni, scuole, edifici governativi, centri culturali, sistemi di telecomunicazione, moschee, chiese, punti di distribuzione di cibo delle Nazioni Unite – sono stati distrutti. Israele ha assassinato almeno 80 giornalisti palestinesi insieme a decine di loro familiari e oltre 130 operatori umanitari delle Nazioni Unite insieme ai loro familiari. Le vittime civili sono il punto. Questa non è una guerra contro Hamas. È una guerra contro i palestinesi. L’obiettivo è uccidere o rimuovere 2,3 milioni di palestinesi da Gaza.

      L’uccisione di tre ostaggi israeliani che apparentemente erano sfuggiti ai loro rapitori e, a torso nudo, si erano avvicinati alle forze israeliane, sventolando una bandiera bianca e chiedendo aiuto in ebraico, non è solo tragica, ma è anche uno spaccato delle regole di ingaggio di Israele a Gaza. Queste regole sono: uccidere tutto ciò che si muove.

      Come ha scritto su Yedioth Ahronoth il maggior-generale israeliano in pensione Giora Eiland, già a capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano:

      “lo Stato di Israele non ha altra scelta che trasformare Gaza in un luogo in cui sia temporaneamente o permanentemente impossibile vivere… Creare una grave crisi umanitaria a Gaza è un mezzo necessario per raggiungere l’obiettivo“. “Gaza diventerà un luogo dove nessun essere umano potrà esistere“, ha scritto. Il maggiore generale Ghassan Alian ha dichiarato che a Gaza “non ci saranno né elettricità né acqua, ci sarà solo distruzione. Volevate l’inferno, avrete l’inferno” (sottolineato dal Traduttore).

      La presidenza Biden, che ironicamente potrebbe aver firmato il proprio certificato di morte politica, è legata al genocidio di Israele. Cercherà di prendere le distanze in modo retorico, ma allo stesso tempo incanalerà i miliardi di dollari di armi richiesti da Israele – compresi 14,3 miliardi di dollari in aiuti militari supplementari per aumentare i 3,8 miliardi di dollari di aiuti annuali – per “finire il lavoro“. È un partner a pieno titolo nel progetto di genocidio di Israele.

      Israele è uno Stato paria. Questo è stato pubblicamente dimostrato il 12 dicembre, quando 153 Stati membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno votato per un cessate il fuoco, con solo 10 paesi – tra cui gli Stati Uniti e Israele – contrari e 23 astenuti. La campagna di terra bruciata di Israele a Gaza significa che non ci sarà pace. Non ci sarà una soluzione a due Stati. L’apartheid e il genocidio definiranno Israele. Questo fa presagire un lungo, lunghissimo conflitto, che lo Stato ebraico non potrà vincere.

       

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